Se un bel giorno avessi la soddisfazione d’incontrarlo, Phil Manzanera – il mio chitarrista preferito insieme a Mick Ronson, Reeves Gabrels Adrian Belew – gli esprimerei tutta la mia gratitudine per avermi fatto conoscere, nel 1976, i neozelandesi Split Enz. Post glam rock, di una creatività senza limiti, riuscivano con una facilità disarmante a transitare dal progressive al music hall, dall’art rock al cabaret.

Per rendermene conto, mi era bastato ascoltare e riascoltare (lo faccio tutt’oggi, rigorosamente su vinile) il loro 2° Lp, Mental Notes, uscito in Australia e in Nuova Zelanda come Second Thoughts e prodotto dal chitarrista dei Roxy Music dopo aver conosciuto nel 1975 a Sidney il frontman del gruppo, l’istrionico Tim Finn, prima del loro concerto da supporter dei Roxy. Negli anni successivi, Manzanera e Finn hanno avuto periodicamente modo di collaborare assieme: Tim cantando e scrivendo pezzi per gli album K-Scope e Southern Cross pubblicati dal chitarrista nel 1978 e nel 1990; Phil come suo ospite in una manciata di concerti nel Regno Unito. L’ultima volta che si sono visti, ad Auckland nel 2011, è stata in occasione del reunion tour dei Roxy Music.

Tim Finn e Phil Manzanera

Senonchè nel marzo del 2020, quando scatta il lockdown globale, memore (chissà?) di quel viaggio a Cuba negli anni 80 quando aveva assistito all’Avana a un concerto dei Los Van Van, Finn contatta Manzanera via mail dalla Nuova Zelanda chiedendogli se per caso avesse dei groove latini su cui poter lavorare. Phil gli risponde che sì, li ha eccome, dal momento che ipotizza un album di latin music.

Per i successivi 18 mesi Tim e io avremmo viaggiato, virtualmente, fra la Nuova Zelanda e il Regno Unito, avanti e indietro, di giorno e di notte, scambiandoci idee musicali e creando canzoni di ogni tipo – a partire da quelle scanalature latine – ma senza una destinazione particolare, se non quella di fare un buon lavoro”.

Il buon lavoro, annotato da Phil Manzanera nel booklet, s’intitola Caught By Heart e “mentre il mondo stava rallentando e restringendosi”, ha altresì annotato Tim Finn, “una sensazione di interconnessione globale è stato l’unico effetto positivo delle immagini inquietanti che abbiamo visto tutti nei primi giorni della pandemìa. Ho scritto testi in spagnolo e in italiano; ho scritto di Cuba, dopo che un musicista cileno mi aveva fatto conoscere la salsa, una sera, a Roma”.

Lavorando a 17.000 km. di distanza l’uno dall’altro, Tim e Phil hanno così composto insieme 23 nuovi brani, 10 dei quali sono entrati in Caught By The Heart: «È stato terapeutico, per quanto mi riguarda, non solo avere la mente assorbita in questo processo creativo», ha dichiarato Manzanera, «ma anche lavorare di nuovo con Tim, che reputo fra i più grandi cantautori in assoluto».

Manzanera (terzo da sinistra) insieme ai Roxy Music

Mai come in queste tracce il chitarrista londinese (al secolo Phillip Geoffrey Targett-Adams) indietreggia al passato, quando accanto alla madre colombiana (nata Manzanera) e al padre inglese impiegato alla British Overseas Airways Corporation, trascorse la propria infanzia fra le Hawaii, il Venezuela, la Colombia e Cuba, dove “incontrò” il suo 1° strumento – una Spanish guitar posseduta dalla madre – che gli diede l’opportunità di approcciare le canzoni folk ispirate dalla Rivoluzione Cubana. Dopodichè sono arrivati la chitarra elettrica, il rock and roll, i Quiet Sun, la passione per i Soft Machine e i Pink Floyd, i Roxy Music, gli 801 ma anche i ritmi latinoamericani: merengue, cumbia, in particolare i boleros del messicano Armando Manzanero.

Affidandosi alla voce duttile e malleabile di Tim Finn e a uno stuolo di versatili musicisti che hanno registrato nel Regno Unito, in Germania, negli Stati Uniti, in Sudafrica e in Nuova Zelanda, Caught By The Heart inizia come uno scoppiettante manifesto programmatico da Mambo! Salsa!… ed è già tutto racchiuso nel titolo in un grumo di omaggi a Tito Puente, a Celia Cruz, a Yma Sumac, a Los Van Van e a “Brigitte Bardot, Sophia Loren / Had fun with the Mambo Italiano!”, con il sax in freeform del brasiliano João Mello, il basso del cubano Frank Portuondo e il piano tumbao del nostro Matteo Saggese.

Finn (secondo da sinistra) e gli Split Enz

L’ecologista The Cry Of The Earth sviluppa invece un reggae felpato e riverberato, mentre il pezzo che intitola il disco spalanca gli orizzonti a una melodia sdrucciolevole e seduttiva (complice il desiderio snocciolato dalla voce di Tim Finn) che via via accelera in un art pop a presa rapida. La Ruleta De La Fortuna, viceversa, incede grave alimentata dagli archi di Anna Phoebe e Corinna Hentchel, nonché dai contrappunti del pianoforte; All That’s Human è di nuovo spleen melodico, sorpreso da una fugace ambient music e sottolineato dalla proverbiale, manzaneriana tecnica chitarristica; Malecón (al pari di Mambo! Salsa!…) è fiammeggiante e persuasiva; Bajo Luz Distinta (Finn la interpreta in uno spagnolo pressochè impeccabile) è un delicato Latin groove mid-tempo ben bilanciato dalla chitarra elettrica di Manzanera e dal tres cubano di Frank Portuondo.

Nicolas Poussin, A Dance To The Music Of Time (1634-1636)

Galleon Of Stars, composizione di grande, romantico fascino, vede Tim immaginare in modo stravagante una costellazione di stelle che fluttua come un galeone, in alto, sopra il Lido di Parigi; Vamos Despacio, con il suo umore tanguero, si abbandona al suono del flicorno, milesdavisiano, suonato da Yazz Ahmed; La Musica Del Tiempo, struggente e ipnotico epilogo ispirato al dipinto A Dance To The Music Of Time di Nicolas Poussin (1594-1665), non fa che ribadire e confermare l’essenza di Caught By The Heart: world music, cioè, della miglior stoffa. E soprattutto alla maniera di Tim Finn & Phil Manzanera.