Come si fa a scrivere e a incidere un album di pregevole fattura mentre sei impegnato nel dopo lockdown in un estenuante “neverendingtour ” di stampo dylaniano? Essere un Mod abituato a vivere velocemente aiuta. Eccome se aiuta. Ma se quel Mod si chiama Paul Weller – ossia l’uomo conosciuto ai più come il Mod Father – allora il gioco è fatto.

S’intitola 66 il 17° album dell’uomo che viene da Woking, nel Surrey, ed è nato il 24 maggio 2024 (giorno del suo 66° compleanno) a sigillo di una carriera iniziata con i Jam. Include 12 brani (4 in più nella versione Cd Deluxe) concepiti nello studio Black Barn di sua proprietà con ospiti di tutto rispetto: Sugs (Madness), Noel Gallagher (sì, proprio lui) e Bobbie Gillespie (Primal Scream). Né mancano all’appello vecchi amici quali Dr. Roberts (Blow Monkeys), Richard Hawley, Steve Brook e il fantasmagorico percussionista Max Beesley, che oltretutto è anche un ottimo attore. Ma quello che più conta, ed è il marchio di fabbrica del disco, è il ritorno degli arrangiamenti orchestrali di Hanna Peel e di Erland Cooper.

Paul Weller
© Nicole Nodland

66 è l’album di colui che ha cavalcato con classe e inventiva quasi 50 anni di carriera e vive un momento di assoluta pacificazione, con se stesso e il mondo che lo circonda. Nessuna inversione stilistica contromano: Paul Weller gioca in casa, percorre la corsia di destra, mette la cintura di sicurezza e rispetta i limiti di velocità regalandoci un pugno di canzoni dolcissime, piacevoli all’ascolto, confortanti e confortevoli.

Fra una spruzzata di Burt Bacharach (Nothing), un’angelica visione (In Full Flight), un paio di tocchi di New Orleans (Soul Wandering; Wheel Of Fortune) e una piccola deviazione disco (Flying Fish), 66 si rivela un gioiello necessario nella carriera welleriana e un’incisione che consiglio a chi non ne vuole sapere di arrendersi alla mediocrità artistica di questi anni. E che sia un album dalle solide certezze lo dimostra la copertina ancora una volta affidata a Peter Blake, genio della British Pop Art anni 60; e la produzione del fido Charles Rees, il cui sodalizio con il Mod Father risale al 1997 di Heavy Soul.

Dunque affidatevi in tutta serenità a chi non deve chiedere mai, ma soprattutto che nulla ha da dimostrare. All’artista che non ha mai ritenuto di dover compiacere critici, fan o chicchessìa. Un caldo abbraccio a ogni Wellerist di stretta osservanza ma in particolare a chi, ascoltando A Silent World nel 2° Cd versione Deluxe, proverà ancora quel brivido che ben conosce.