Mi trovo a Roma, poco distante dal Vaticano, fra il rione di Borgo e quello di Prati. Accanto alla Caffetteria Ristorante le Terrazze, alle Armerie Superiori del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo nella loggia di Giulio II con vista mozzafiato sull’Urbe c’è una porticina aperta al pubblico e in sottofondo la musica Yé-Yé degli anni 60.
È qui che si sta svolgendo, accompagnata da immagini della Swinging London e dei suoi iconici stilisti (da Mary Quant e la sua minigonna sfoggiata dalla filiforme Twiggy, alle “visioni” da indossare di Ossie Clark, fino alla polacca Barbara Hulanicki che s’inventò il negozio Biba in Abingdon Road, a Kensington) l’intrigante mostra The Sweet Sixties. Narrazioni di Moda che indaga quella decade “fluttuante” (il settimanale Time definiva così Londra nel 1966) avvalendosi anche di copertine e di pagine pubblicitarie dei magazine più in voga, a testimoniare atmosfere e citazioni di allora.
La moda dei Sixties secondo Carosa, Lancetti e Gattinoni
L’accurata ricerca svolta da Stefano Dominella (presidente della Maison Gattinoni Couture) e dallo stilista venezuelano Guillermo Mariotto in archivi storici come AnnaMode Costumes, Modateca Deanna, Max Mara, Ken Scott e Doria 1905, ha l’indiscutibile merito di farci rivivere «uno dei periodi più densi di innovazione e di trasgressione della nostra storia più recente», spiega Mariastella Margozzi, direttrice del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, «cogliendo l’entusiastica identificazione dei giovani con un modo di vestire che racconta l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali e geografici».
Il che si traduce in una varietà di look che attraverso il riuso creativo “mixano” storici capi d’abbigliamento che sono simboli inconfutabili di stile, ad abiti e accessori recuperati nei mercatini e nei negozi vintage che oggi rappresentano il vero trend della moda, adottato in particolare dalle nuove generazioni che creano “fitcheck” da mostrare su Tik Tok per rendere il passato più che mai contemporaneo.
Ken Scott
Impreziositi dalle scenografie di Virginia Vianello, sfilano gli abiti nel tripudio di tinte audaci e naturalistiche griffate Ken Scott, definito “il giardiniere della moda” per le sue stampe floreali; sfilano i lembi di pelle coperti esclusivamente da 40 cm. di tessuto by Mary Quant; sfilano i motivi futuristici disegnati dal francese André Courrèges, le creazioni dello spagnolo Francisco Rabaneda Cuervo in arte Paco Rabanne, dell’italiano Pietro Costante Cardin, ossia Pierre Cardin e di Max Mara, con i suoi colorati cappotti “presi a prestito” dal guardaroba maschile e reinterpretati a tinte vivaci.
La moda degli anni 60 ha poi avuto il merito di reinventare la silhouette di un’intera generazione. Il lifestyle di abiti, scarpe, dischi e accessori, si è trasformato in una sorta di “manifesto poetico” che racconta l’esuberanza di quegli anni «in cui i giovani si sono scoperti tali per la prima volta», tiene a sottolineare Stefano Dominella. «Una dimensione fortemente borghese si è trovata all’improvviso a fare i conti con l’effervescenza britannica, il ritmo dei Beatles, il fascino di James Bond, la minigonna di Mary Quant, le tendenze modaiole di Soho e di Kensington, i film con Doris Day, Brigitte Bardot a Saint Tropez, Catherine Deneuve, Jane Fonda in Barbarella…».
Elio Fiorucci
Anni che vedono imporsi il collant velato e multicolore, il taglio di capelli a caschetto che sostituisce la cotonatura – testimonial i Beatles e i Rolling Stones – mentre il parrucchiere Vidal Sasson sperimenta su Mary Quant il rivoluzionario angular bob haircut e in Italia i Vergottini confezionano su misura un casco d’oro per Caterina Caselli. Anni, ancora, che vedono Elio Fiorucci realizzare i suoi jeans e le sue t-shirt con gli angioletti e i cuoricini, dando vita a una vera e propria subcultura internazionale nata dal basso: da quel bersaglio stilizzato della Royal Air Force inglese, cucito sui giacconi Parka dei Mod, che in Italia intercetta le lunghezze d’onda degli specchietti colorati della Vespa e della Lambretta. E sullo sfondo? Le notti trascorse a ballare nei club e le canzoni Uno dei Mods e Vi saluto amici Mods, scritte da Franco Migliacci.
Look lunare per la moda Space Age
The Sweet Sixties svolge la propria performance in 50 creazioni per 5 capitoli, iniziando da Carnaby Street con 2 look al centro della prima sala, creati e curati da Guillermo Mariotto: una fila di manichini che ritraggono idealmente le passanti, le cui mise riproducono il look delle ragazze che fanno shopping nelle boutique londinesi dell’epoca. Il 2° capitolo, invece, si concentra su un duplice modo di vestire: con le stampe naturalistiche, attraverso il piumaggio coloratissimo di Ken Scott; con il tessuto denim e gli angioletti Pop di Elio Fiorucci.
Le atmosfere lunari di Courrèges, Pierre Cardin, Paco Rabanne, Valentino Garavani e Krizia, reinventate sottoforma di metallo, pvc e cappelli a mo’ di casco, anticipano nel 3° capitolo quella Space Age che nel 1969 vedrà l’Apollo 11 portare i primi uomini sulla Luna mentre i colori, i ricami, il glamour e le paillettes iridescenti che scandivano l’alta moda borghese rivivono nella quarta sala grazie agli abiti d’archivio della Sartoria Battilocchi, Jole Veneziani, Gattinoni, Lancetti, Mila Schön e Carosa.
La moda Optical e l’abito-citazione della pittura di Giuseppe Capogrossi
© Eleonora Tarantino
Nella sala Optical, il ritmo rallenta per soffermarsi sull’accostamento geometrico dei 2 colori neutri per eccellenza, il bianco e il nero; e si finisce con l’omaggiare la grande arte citando non solo la pittura di Giuseppe Capogrossi e la Pop Art di Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, ma ricordando la straordinaria potenza evocativa di una moda impeccabilmente in grado di fare cultura.
The Sweet Sixties
Narrazioni di Moda
Fino al 21 maggio 2023, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lungotevere Castello 50, Roma
tel. 0632810