British fashion designer Mary Quant pictured selecting rolls of fabric from a fabric store and warehouse in London to create samples for a future collection in 1967. (Photo by Rolls Press/Popperfoto/Getty Images)

A 93 anni è volata nel Paradiso degli Stilisti la britannica Mary Quant, “mamma della minigonna ” e scintillante animatrice della Swinging London anni 60. Dal 6 aprile 2019 al 16 febbraio 2020, il Victoria & Albert Museum londinese le ha reso omaggio con la prima retrospettiva internazionale che ha esposto il meglio del Mary Quant Archive fra capi d’abbigliamento, accessori, cosmetici, bozzetti e servizi fotografici. La ricordiamo riproponendovi la recensione di quella mostra “rivoluzionaria “.

«La moda non è frivola. Fa parte dell’essere vivi oggi». È una delle dichiarazioni più celebri e convincenti pronunciate dall’iconica stilista Mary Quant, classe 1930, nata nel distretto londinese di Blackheath. Ed è al Victoria & Albert Museum di Londra che si sta svolgendo in grande stile la prima retrospettiva internazionale dedicata a lei,  protagonista indiscussa della rivoluzione femminile nella moda. Si concentra l’attenzione fra il 1955 e il 1975: quando con la sua mitica minigonna Mary Quant incarna lo spirito giovanile (soprattutto dei Sixties) creando quel nuovo look che “gioca” a gambe scoperte diventando un trend di massa destinato a fare moda ancora oggi. Personificando l’energia e il divertimento della sfavillante Swinging London, la stilista è a tutti gli effetti un modello per la donna lavoratrice. Una grande responsabilità per lei, capace di rendere popolari minigonna, collants variopinti e pantaloni sartoriali incoraggiando una nuova era femminista. Quell’orlo corto, con il trascorrere degli anni sempre più sopra al ginocchio, dà vita a un’inedita scena creativa.

È una raccolta senza precedenti quella che proviene dal Mary Quant Archive: oltre 120 abiti, accessori, cosmetici, schizzi, foto e perfino la linea di bambole, note come Daisy, rivali di Barbie. E per concretizzare al meglio l’esposizione, nel 2018 è stata lanciata una raccolta pubblica per rintracciare i capi d’abbigliamento Quant più rari provenienti dai guardaroba di tutta la Gran Bretagna. Dalle 800 risposte all’appello sono stati selezionati 35 oggetti appartenuti a 30 persone (con le loro storie personali) nonché 50 fotografie delle donne che sfoggiano i loro amati vestiti. Oggetti e racconti che hanno contribuito a migliorare la narrazione della mostra svelando esempi di rara fattura come una blusa vintage e senza etichetta, un cappello acquistato al Bazaar (la boutique della stilista) e impermeabili colorati in PVC. Sheila Hope, per esempio, si è proposta con il vestito realizzato per il suo 21° compleanno ispirandosi a un modello d’abito Butterick e descrivendolo come «un design semplice che mi ha subito affascinata: scollatura arricciata e maniche con minuscole freccette per modellare il gomito».

Il percorso espositivo descrive la Londra del dopoguerra con l’inaugurazione nel 1955 del Bazaar, sulla Kings Road, con quei capi d’abbigliamento spesso basati su grembiuli da scolaretta o sartoria maschile, che vengono immediatamente notati dai redattori di moda e dai giornalisti. Uno stile rivoluzionario che procura slanci di ribellione nelle giovani donne e prese di posizione contro i tradizionali e castigati vestiti indossati dalle loro madri e dalle loro nonne. Quella piccola boutique si trasformerà in un marchio all’ingrosso disponibile nei grandi magazzini del Regno Unito e il successo raggiungerà anche l’America, dove le collezioni verranno distribuite nelle catene di negozi e attraverso la vendita per corrispondenza. È lei, Mary Quant, a rendere la moda (diversificata dalla mostra in intimo, calzetteria e cosmetici, confezionati con l’inconfondibile logo con la margherita) meno esclusiva e più accessibile alla nuova generazione di donne emancipate.

Ha dichiarato Jenny Lister, co-curatrice al V&A: «Mary Quant ha trasformato il sistema moda ribaltando il predominio della “couture” di lusso parigina. Ha liberato le donne dalle regole e dall’obbligo di vestirsi come le loro madri. Questa esposizione, a lungo attesa, è la testimonianza di come il marchio Quant sia indissolubilmente legato alle sue clienti con la genialità e lo streetstyle di abiti rivoluzionari». E Mary? «È un grande onore essere riconosciuta dal Victoria & Albert Museum con una mostra così», ha sottolineato con orgoglio, «e devo ammettere che ci siamo divertiti tantissimo a prepararla. Ringrazio inoltre gli amici che ci hanno prestato e in molti casi donato indumenti e accessori amorevolmente curati per anni».

Mitica Mary Quant! Con i tuoi abiti, nel segno dell’uguaglianza, hai messo sullo stesso piano sociale duchesse e dattilografe. Inchiniamoci, dunque, all’Ufficiale dell’Impero Britannico insignita nel 1966 dalla Regina Elisabetta.

Mary Quant
Fino al 16 febbraio 2020, Victoria and Albert Museum, Gallery 40, Cromwell Road, Londra
tel. 0044-20-79422000
Catalogo V&A, £ 25
Quant by Quant: The Autobiography of Mary Quant, £ 9.99

 

Foto: Mary Quant selecting fabric, 1967, © Rolls Press/Popperfoto/Getty Images
Mary Quant and Alexander Plunket Greene, 1960, Courtesy of Terence Pepper Collection/Image © John Cowan Archive
The Mary Quant Beauty Bus, 1971, © INTERFOTO Alamy Stock Photo
Satin mini-dress and shorts by Mary Quant, 1966, photo by Duffy, © Duffy Archive
Mary Quant and models at the Quant Afoot footwear collection launch, 1967, © PA Prints 2008
Model holding a Bazaar bag, circa 1959, © Mary Quant Archive
Jill Kennington wearing white PVC rain tunic and hat, 1963, Courtesy of Fashion Museum Bath/Image © John Cowan Archive