È stata una di quelle serate jazz per palati fini. Ho rivisto, al Blue Note, amici di 1.000 concerti, fotografi, gente che il jazz ce l’ha nel DNA. Ogni volta che arriva a Milano, Kenny Barron è un punto esclamativo: non te lo puoi perdere e registra puntualmente il sold out.

Kenny Barron

80 anni, fondatore degli Sphere (formazione dedicata, a partire dal nome, alla musica di Thelonious Monk) nonché pianista dell’ultimo Stan Getz, vanta un curriculum incredibile e una lista di collaborazioni da brividi: Dizzy Gillespie, James Moody, Freddie Hubbard, Joe Henderson, Dave Holland, Regina Carter, Lionel Loueke

Immanuel Wilkins

Per quanto mi riguarda, l’avevo in precedenza visto con gli Sphere al Teatro Mancinelli di Orvieto, in trio nel 2011 al Village Vanguard di New York e in coppia con Dado Moroni alla Salumeria della Musica di Milano. A colpirmi è sempre stato il suo modo di suonare, unito a una delicatezza che lo rende unico e imperdibile. Sul palco del Blue Note si è presentato con Immanuel Wilkins al sax tenore, Steve Nelson al vibrafono, Kiyoshi Kitagawa al contrabbasso e Johnathan Blake alla batteria.

Steve Nelson

Come ha ricordato Barron durante il concerto, Wilkins e Blake provengono entrambi da Philadelphia, che poi è la sua città d’origine ed è da sempre, per il jazz, un luogo importante: sia per la vicinanza a New York, sia perché ha sempre avuto fior di club dove poter suonare ed esprimersi. Me lo hanno confermato i 2 giovani musicisti: Blake, con la sua ritmica travolgente; Wilkins, con il suo sound suadente.

Kiyoshi Kitagawa

Kenny Barron, insomma, si dimostrato ancora una volta una garanzia di grande jazz mainstream. Un pianista dalla classe sopraffina per un live coi fiocchi.

Johnathan Blake
© Alessandro Curadi