Alessandra Ferri at Excelsior Studios, London on February 07 2021. Photo: Amber Hunt

ParmaDanza 2023 ha messo in scena al Teatro Regio L’Heure Exquise, magica coreografia di Maurice Béjart (1927-2007), sulle prestigiose punte di Alessandra Ferri. Variazione su un tema di Samuel Beckett, il dramma in 2 atti del 1961 intitolato Oh, les beaux jours, ha debuttato nel 2021 al Ravenna Festival con la danzatrice milanese.

Scene di Roger Bernard, luci di Maina Gielgud e Marcello Marchi, costumi di Luisa Spinatelli, composta nel 1998 per Carla Fracci e Micha Van Hoecke sulle musiche di Anton Webern, Gustav Mahler, Wolfgang Amadeus Mozart e Franz Lehar, L’Heure Exquise vede in primo piano una ballerina âgée che dopo aver raggiunto l’apice del successo internazionale vaga fra i ricordi più felici della sua lunga carriera.

Parafrasando Winnie, la protagonista del dramma beckettiano, l’étoile è immersa fino alla vita in un’accumulazione di 3.000 scarpette da ballo dalle nuances rosa che evoca la collina di sabbia (simbolo del trascorrere del tempo nella clessidra) che Béjart aveva originariamente creato. Come un’opera consacrata all’Arte Povera, quell’accumulazione racchiude in sé la vita di un’artista, i suoi sogni, gli obiettivi raggiunti con sacrificio e dedizione: sia nella gioia, sia nelle delusioni. La delicata cromìa viene interrotta dal rosso di un ombrello e dal nero di una capiente shopping bag piena di oggetti personali: uno specchio, un piumino per il make up, uno spruzzino per il profumo, una scarpetta e una pistola: quest’ultima, improbabile via d’uscita dal logorìo del tempo.

© Marco Brescia

La danza è un piacere infinito, costruito con tanto lavoro alla sbarra davanti a uno specchio gigantesco, finchè la mente e il corpo reggeranno le pressioni sceniche. Alessandra Ferri ha una tenacia fisica intatta: un mix di passione e di esperienza mimica nell’affermare sul palcoscenico che la danza non conosce età. Lei, che compirà 60 anni il prossimo 6 maggio, dimostra la medesima leggerezza di sempre; oltre alla capacità, in alcuni momenti dello spettacolo, di saper recitare. Ed è sempre lei a chiudere il sipario canticchiando sulle note di Romeo e Giulietta, il suo 1° ruolo importante e significativo. Aveva 43 anni, quando ha tentato di appendere le scarpette al chiodo lasciando un bellissimo ricordo all’American Ballet Theatre nei panni di Giulietta accanto al suo Romeo preferito, Roberto Bolle, partner nel 2002, per la prima volta, al Teatro alla Scala di Milano. Ma il richiamo della danza ha scongiurato il ritiro dalle scene; e dopo 6 anni d’assenza, nel 2013 è ritornata a ballare firmando la sua prima coreografia, The Piano Upstairs, dance play presentato al Festival dei Due Mondi a Spoleto. Nello stesso anno, al Signature Theater di New York viene ritagliato per lei, in Chérie, il ruolo di Lea.

Per comprendere il perché, nel mondo, Alessandra Ferri viene considerata fra le più importanti ballerine drammatiche della storia della danza, ripercorriamo le tappe salienti dei suoi 40 anni di carriera. Inizia gli studi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala e successivamente studia alla Royal Ballet School di Londra. Nel 1980, dopo essersi aggiudicata il  Prix de Lausanne, entra a far parte del Royal Ballet diventando prima ballerina a soli 19 anni, quando Sir Kenneth McMillan la sceglie per interpretare i ruoli più importanti dei suoi balletti: Romeo e Giulietta, ManonMayerling. E appositamente per lei, il famoso coreografo crea altri personaggi: Marie, in Different Drummer; Micol, in Valley of Shadows.

© Amber Hunt

Nel 1985 Michail Baryshnikov la invita all’American Ballet Theatre, dove rimarrà Prima Ballerina fino al 2007. Nel 1992 viene nominata Prima Ballerina Assoluta al Teatro alla Scala, dove resterà fino al 2007. Lavora con i più grandi coreografi del nostro tempo: Sir Frederick Ashton, Sir Kenneth McMillan, Jerome Robbins, Jiri Kylian, Twyla Tharp, John Neumeier, William Forsythe, Roland Petit. Volteggia nei teatri più prestigiosi al mondo e fra i numerosi premi ricevuti ricordiamo il Sir Lawrence Olivier Award, il Dance Magazine Award e il Benois de la Danse. Nel 2006 viene nominata Cavaliere della Repubblica dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi; Nel 2015, al Royal Ballet, Wayne McGregor confeziona per lei il ruolo di Virginia Woolf in Woolf Works; e lei, nel 2016, vince il 2° Oliver Award e il National Dance Award.

Sempre nel 2016, John Neumeier le offre la parte di Eleonora Duse in DUSE, con l’Hamburg Ballet. A maggio del 2018, debutta in Afterite al Metropolitan Theatre di New York; nel gennaio del 2019, a Londra, inaugura il Linbury Theatre (nuova sala alla Royal Opera House) con lo spettacolo Trio ConcertDance. Alessandra stata sposata con il fotografo Fabrizio Ferri, da cui ha avuto le figlie Matilde (nel 1997) ed Emma (nel 2002).

La gestualità contraddistingue da sempre il suo lavoro teatrale. A maggior ragione, questo viaggio artistico nella coreografia dell’indimenticabile Maurice Béjart. E a condividere con lei il palcoscenico è Thomas Whitehead, danzatore inglese del Royal Ballet di Londra che dal 2020 collabora con la compagnia anche come terapista del respiro. Tecnica che si percepisce durante L’Heure Exquise nelle sue movenze sospese fra mimo e danzaridotta all’osso”; indossando i panni del marito Willy, in canottiera e bombetta e poi in frac e cilindro da avanspettacolo. Costretto a strisciare, anziché a camminare, gli è impossibile scalare quel cumulo dentro il quale è sepolta la moglie. Sicchè, pur di riuscire a sollevare ancora la sua Winnie, ormai ridotta a un manichino inerte, cerca di mantenere intatta la forza fisica con estenuanti piegamenti e snervanti flessioni.

© Marco Brescia

È stata tutt’altro che casuale, per Alessandra, la scelta di questa coreografia: «Per celebrare i 40 anni dall’inizio della mia carriera cercavo un ruolo giusto, significativo e mai interpretato per l’artista che sono ora. Riordinando il mio archivio, ho trovato una pagina che parlava di un lavoro di Maurice Béjart basato su un testo di Samuel Beckett: Giorni felici. Un caso? Mi piace pensare piuttosto a un “segno”, a una concatenazione di date, anniversari, emozioni. Ho scoperto, infatti, che nel 2021 erano trascorsi 60 anni da quando Beckett scrisse la piéce. E il ruolo della protagonista, immaginato da Béjart nel 1998, è assolutamente fantastico: la sua Winnie è una ballerina di una certa età che nella sua malinconica solitudine vive nel ricordo dei suoi giorni più lieti. Non ho avuto dubbi: ho sentito che era quello il ruolo che cercavo».

Maurice Bèjart ebbe modo di spiegare: «In verità non è un adattamento danzato, ma un lavoro di composizione fedele allo spirito dell’autore. E tuttavia, nel contesto di una creatività puramente astratta e coreografica. La musica, invece, è un montaggio su temi di Webern, Mahler e Mozart, mentre i pochi testi sono parole pronunciate da una ballerina nel momento della danza o del riposo. Infine, il SILENZIO: elemento principe di questa liturgia».

Si chiude il sipario e io, sopraffatta dalle emozioni, mi domando: quante Winnie potranno ritenersi davvero felici della propria esistenza, seppure immobile? Nonostante tutto, Winnie ci ha fatto comprendere che quello che arriverà sarà senza ombra di dubbio un altro giorno felice.