C’erano anche John Lydon e Mick Jones, nella bolgia infernale del 15 luglio 1972 al Kings Cross Cinema di Londra. Entrambi, 5 anni dopo, daranno il via all’uragano punk: il primo, trasformatosi in Johnny Rotten, coi Sex Pistols; il secondo coi Clash. Jones dichiarerà: «La qualità che gli Stooges riuscirono a sprigionare quella sera da quel palco fu enorme. Un lanciafiamme». Steve Jones, il chitarrista dei Pistols, dirà invece di aver imparato a suonare lo strumento ascoltando Raw Power, mentre Henry Rollins si farà tatuare da una spalla all’altra il titolo del pezzo più incendiario in scaletta: Search And Destroy. Potenza di questo disco che nel ’73 anticipa il punk e ora rivede la meritata luce con l’aggiunta di un secondo Cd live e 2 composizioni inedite: la tribale, parossistica Doojiman e Head On, in equilibrio precario fra rock e honky tonk. Sguscia come un’iguana James Jewel Osterberg, in arte Iggy Pop. Ma dopo 2 ellepì di rock blasfemo, urticante e sepolcrale (Stooges del ’69; Fun House del ’70) non ce la fa a reggere il gioco fino in fondo. L’eroina stoppa lui e la sua band.

Ma nel ’72 è David Bowie ad afferrare per la coda l’Iguana in frantumi. Ha già salvato/rilanciato Lou Reed e i Mott The Hoople, gli fa incidere Raw Power marchiandolo Iggy & The Stooges e gli fa ritrovare l’antico furore belluino. Resuscita, l’Iguana, e insieme a lui James Williamson (chitarra) e i fratelli Ron e Scott Asheton (basso e batteria). Macchè datato: a riascoltarlo, Raw Power è rivoluzionario come allora. Ultrasonico e deviante, ti sbatte sul muso il proto-punk di Search And Destroy, della “title track” e di Shake Appeal; rumina un isterico blues con Penetration e I Need Somebody; snocciola turgido rock & roll con Your Pretty Face Is Going To Hell e Death Trip; ti ipnotizza con una velenosa ballad come Gimme Danger. Ben venga, poi, la registrazione intitolata Georgia Peaches che documenta l’ora di concerto degli Stooges al Richards di Atlanta, ottobre ’73, con l’aggiunta di Scott Thurston al piano. Catturate dal vivo, Raw Power, Gimme Danger, Search And Destroy e I Need Somebody sono se possibile ancor più intossicate; i 7 minuti e passa di Heavy Liquid sono un continuo “stop & go” elettrico; i 10 di Open Up And Bleed inanellano il suono di un’armonica blues e una polpa melodica e poi rock che ricorda i Rolling Stones; Cock In My Pocket coglie la mela avvelenata del rock e la calpesta per poi trasformarla in un qualcosa che ha già dentro l’odore del punk. C’era l’Iguana dalle innumerevoli vite, su quel palco. A detergersi il sudore dopo l’ennesima performance da infarto.

Iggy & The Stooges, Raw Power (1973, Columbia/Legacy)