Cosa c’è di più gratificante, per un appassionato di jazz, che essere riconosciuto da 1 dei protagonisti del concerto al quale stai per assistere? È quanto mi è successo mentre attendevo di entrare al Blue Note di Milano per il live dell’Aziza Quartet. A un certo punto si è materializzato dal nulla il sassofonista Chris Potter, ricordandosi di aver pranzato con sua moglie, al tavolo accanto al mio, in un ristorante di Orvieto. Io, avendolo riconosciuto, ovviamente l’avevo disturbato. Strette di mano, pacche sulle spalle e… «Sentirai!» mi ha detto garantendomi che avrei assistito a un grande concerto.

Dave Holland

Quando gli Aziza salgono sul palco e imbracciano gli strumenti, capisco subito che questa è una di quelle serate che ricorderò a lungo. Una breve introduzione del maestoso contrabbasso di Dave Holland, prepara il terreno per l’ingresso perentorio del tenore di Chris Potter. A seguire, la liquida chitarra di Lionel Loueke e la batteria leggera, delicata, “impressionista” di Eric Harland. A un certo punto, una semplice occhiata fra Dave e Eric porta il tempo su un 4/4 cadenzato per poi accelerare in sedicesimi e ricondurre il discorso al tema originale dopo uno splendido assolo chitarristico.

Chris Potter

Siamo al cospetto di 1 fra i gruppi più “perfetti” che ci siano in circolazione. Holland ha saputo fondere 4 personalità molto forti (ognuno di loro è leader dei propri progetti e guida una propria formazione) piegandole al servizio di una musica collettiva che affonda le radici nel jazz post coltraniano, ma che non disdegna digressioni nelle tradizioni musicali lontane: Loueke è originario del Benin e porta un forte contributo africano. Harland, poi, si produce in un assolo quanto mai affascinante, ottenuto dai suoi piatti e dai suoi tamburi. Con Nate Smith e Brian Blade, è lui il refente principale per ciò che concerne la batteria jazz. A questo, unite un’intesa telepatica con il contrabbasso di Dave Holland.

Lionel Loueke

Aquila, composizione firmata da lui, mette in evidenza come un gruppo sia tale solo se si ascolta, se ha la capacità di perseguire un fine comune – la bellezza della musica – senza risultare prolisso. Noi del pubblico sottolineiamo ogni passaggio con applausi fragorosi; e il sorriso sui volti dei musicisti durante l’assolo di Holland, la dice lunga sul piacere di far parte di questa avventura musicale che al momento ha 1 solo album all’attivo (Aziza del 2016) e un altro in uscita per fine anno. Dopo una carriera di oltre 50 anni che lo ha visto esordire nel quintetto elettrico di Miles Davis; approdare al free jazz di Sam Rivers e Anthony Braxton; condividere la ricerca di Kenny Wheeler; reinventare il trio con Jack DeJohnette e John Abercrombie, è incredibile come Holland abbia ancora l’entusiasmo e la voglia di regalare momenti così al suo pubblico.

Eric Harland
© Alessandro Curadi

Con simili sodali (menzione speciale per Loueke, certo meno conosciuto degli altri, che sa inserirsi alla perfezione in un meccanismo consolidato), Dave ha creato un gruppo che ha la capacità di essere ogni volta interessante. Sleepless Night, a firma di Loueke, porta gli Aziza a dettare atmosfere africane, sonorità ancestrali, ritmi tribali che incorniciano una musica che si rivela metropolitana, nevrotica, caotica. La giungla che si trasforma in cemento! È un quadro sonoro fatto di chiaroscuri e di ombre inquietanti, che offre all’ascoltatore il livello stratosferico di una band coesa, con un suono riconoscibilissimo. Ognuno concorre a creare magia. Riuscirci, oggi, non è da tutti.