Un gruppo di giovani soldati raggiunge l’Afghanistan durante la missione che dovrebbe servire a chiudere definitivamente i conti con i talebani. Occorre gestire e controllare la popolazione locale, scovando gli ultimi terroristi per poter lasciare il territorio in una situazione che si avvicini il più possibile alla pace. Ma tutto è ancora terribilmente complicato: i soldati continuano a saltare in aria sulle mine sparse ovunque, anche se non sono quasi più impegnati in scontri diretti.
Distribuendo caramelle ai bambini, il sergente del plotone di Andrew Briggman (Nat Wolff) mette il piede proprio su uno di questi esplosivi e muore. Al suo posto i militari si ritrovano Deeks (Aleksander Skarsgård), che all’inizio li ammalia: non è severo, non li sgrida quando si dedicano ad attività ricreative non propriamente legali (anzi, suggerisce loro un pusher con stupefacenti di miglior qualità) ma soprattutto ha fama di essere invincibile avendo preso parte a varie missioni. Deeks ha un forte ascendente sui ragazzi che lo vedono come un eroe, con quei tatuaggi che ricordano i nemici uccisi e quell’atteggiarsi da duro: sembra che nulla lo scalfisca, men che meno le videochiamate con il figlio piccolo che lo rivorrebbe a casa.
Sull’onda di questa fascinazione i militari sono disposti a tutto e con ogni mezzo. Briggman avverte i primi segnali che qualcosa non va quando un civile muore e le dichiarazioni sull’accaduto sono contrastanti. Accade poi che uno dei soldati sporga denuncia contro tutti quelli che fanno uso di droghe; che a loro volta, con il benestare di Deeks, pestano a sangue “la spia” senza preoccuparsi delle conseguenze convinti che il sergente li difenderà da ogni accusa. E Briggman capisce che è proprio così: il sergente non solo li protegge, ma li incita alla rappresaglia poiché fra loro non ci possono essere spie. Deeks, ormai, ha capito che il ragazzo non condivide il suo furore e lo minaccia facendogli capire che a nulla servirebbe una sua denuncia perché loro sono nel giusto: stanno liberando il mondo dalla feccia… e poco importa che quella feccia siano donne, uomini e bambini. Ma Andrew non riesce a scendere a patti con la propria coscienza, denuncia se stesso e l’intero plotone. Verrà condannato a 3 anni di carcere, mentre il sergente Deeks avrà l’ergastolo.
Girato fra Madrid e Formentera, The Kill Team gode di un’ottima fotografia e di una tensione che non ha assolutamente bisogno di essere urlata. Diretto da Dan Krauss come l’omonimo documentario da cui trae ispirazione, racconta la vera storia (l’ennesima, di guerra, ad aver scosso l’America) di Adam Winfield, autodenunciatosi ma comunque accusato assieme ai suoi commilitoni di avere ucciso in territorio afghano civili inermi. The Kill Team è un film attuale, crudo e bello sulla fascinazione del male e la capacità delle nostre coscienze di resistere alle dinamiche di gruppo e al richiamo delle sirene. Più che sulla guerra e sulle sue storture, ci spinge a guardarci dentro e a riflettere sui motivi delle nostre scelte, sulle personalità magnetiche ma malvagie, sul confine fra bene e male, fra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Come reagiremmo se fossimo nei panni del protagonista? La nostra paura giustificherebbe l’orrore della reazione? Riusciremmo, in poche parole, a resistere al fascino del male?
Foto: © Eagle Pictures