Dalla Musealizzazione alla Storicizzazione passando per la Beatificazione. Da una quindicina d’anni a questa parte, la Street Art in Italiane ha viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”… Nel 2007, al PAC/Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, va in scena la rutilante collettiva intitolata Street Art, Sweet Art che mette a confronto il linguaggio di writers quali Atomo, Airone, KayOne e Rendo con l’attitudine optical di Joys, il figurativo poppizzante di Mr. Wany, l’informale di Pho, Cano e Ray Martini, i panettoni-pinguini di Pao, la urban art presuntivamente vandalica di Bros («Fregiarsi della cattura di Bros è come vantarsi dell’arresto di Giotto», proclama quell’anno in sua difesa Vittorio Sgarbi), le “poesie di strada” di Ivan, la satira puntuta di Tv Boy e via imbrattando muri su muri, sbraita gran parte dell’opinione pubblica.

Altrettanto, se non di più, si sgolano i graffitisti duri e puri assistendo inermi allo scempio di un’arte di strada che da outdoor cede alle museali lusinghe indoor per poi venir (s)battuta all’asta (da Porro & C., immediatamente dopo la mostra) e finire ridotta in vendita su Telemarket. Sgarbi, all’epoca Assessore alla Cultura del Comune di Milano, aveva nel frattempo definito il centro sociale autogestito Leoncavallo «un tempio della pittura come la Cappella Sistina», dispensando la beatificazione ai graffiti ivi contenuti.

Endless con Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”, vaticinava il replicante nelle pagine del romanzo fantascientifico Do Androids Dream of Electric Sheep? (Il cacciatore di androidi) scritto da Philip K. Dick. Altro che morire. Lunga vita alla Street Art, invece. Vita eterna, anzi, dal momento che gli Uffizi di Firenze l’hanno accolta con tutti gli onori in collezione storicizzando di fatto il movimento d’arte contemporanea più democratico in assoluto. «Osservando nelle collezioni storiche degli Uffizi come i granduchi Medici fossero avidi di accaparrarsi le ultime novità (anche le più ardite) prodotte sulla scena artistica, penso che oggi sarebbero felici di vedere quest’opera entrare nelle raccolte che loro hanno secoli fa iniziato e incrementato con tanta cura», ha dichiarato Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi. L’opera in questione è l’autoritratto donato da Endless, street artist londinese impegnato a “monitorare” situazioni e attitudini della moda e della pubblicità evidenziando il lato più oscuro della cultura contemporanea. Già iconiche, fra Pop Art e reminiscenze Punk, le “customizzazioni” in acrilico e vernice spray dell’Eau de Chanel/Chapel racchiusa in un flacone a forma di teschio, nonché Lizzie Vuitton Union Jack che ritrae una provocatoria, kitsch, anti-aristocratica Queen Elizabeth.

Lizzie Vuitton Union Jack

Si è effigiato, Endless, nello studio di Gilbert & George (l’altoatesino Gilbert Proesch e l’inglese George Passmore), la visionaria coppia nell’arte e nella vita autrice di messinscene grottesche e paranoiche. In posa as usual da “sculture viventi”, G&G sono stati fotografati da Noel Shelley insieme all’artista impegnato a leggere una copia farlocca di Vogue con una delle sue creazioni più famose in copertina: Crotch Grab, il remake della pubblicità anni 90 di Calvin Klein con Mark Wahlberg come testimonial, poi inserita da Gilbert & George nel 2015 e nel 2018 fra le loro Utopian Pictures. Endless ha trasformato la foto in 1 quadrato di 1 metro di lato raddoppiandola in verticale, ansioso di metaforizzare con scritte a graffito autografe l’abuso di iterazioni e slogan nell’industria pubblicitaria. Lui, come certi street artisti (un nome a caso: Banksy), persegue l’anonimato e perciò si copre il volto con la rivista. Endless, in compenso, è da ora in poi fra i titoli di testa degli Uffizi.