Cosa c’era dietro quegli sguardi impenetrabili e menefreghisti? Cosa c’era sotto il kitsch di quelle parrucche da avanspettacolo? Frasi smozzicate. Monosillabi. Un estenuante rosario di oh, yes e oh, no. Certo. Finora eravamo tutti più o meno convinti che Andy Warhol, nella sua carriera lastricata di glamour, avesse concesso poche interviste. Oltretutto umilianti per chi lo intervistava. Come quella datata dicembre 1962 e pubblicata dalla piccola rivista americana Art Voices. Ambientazione: la Silver Factory di New York. Invadente sottofondo musicale: It’s All In The Game di Tommy Edwards. Domande e risposte estratte a random: Che cos’è la Pop Art?”. La Pop Art è un commento satirico sulla vita americana?No”. Che cosa cerca di dire la Pop Art?Non lo so”. Che significato hanno le serie di minestre in scatola Campbell?Erano cose che avevo da piccolo”. Che cosa significa la Coca-Cola per lei?Pop”. Disarmante. Come la marea di aforismi (azzeccati, peraltro) pronunciati con un fil di voce da Warhol e sparsi qua e là nella marea di cataloghi d’arte a lui dedicati.

Bene. Ci eravamo sbagliati. Sotto le patinate superfici di Marilyn, Mao, Campbell’s Soup e Flowers; dietro l’impassibile maschera della sua faccia di gesso, c’era tutt’altro che un’accozzaglia di luoghi comuni. Tutt’altro che il vuoto pneumatico di colui che desiderava più d’ogni altra cosa “essere una macchina”.

Lo testimonia Sarò il tuo specchio. Interviste ad Andy Warhol, volume che ne raccoglie 36: da quella succitata, fulminea e monosillabica, fino all’ultima pubblicata nel 1987 dal magazine Flash Art dopo la sua morte (22 febbraio 1987). Sono interviste a loro modo memorabili: perché esprimono le geniali contraddizioni dello stratega della Pop Art; quell’innata capacità di spiazzare l’interlocutore tendendogli trabocchetti, paradossi, doppisensi; quel gusto un po’ sadico di chi “sa destreggiarsi tra gli ostacoli di un palazzo di specchi ove i riflessi confondono l’essere in carne e ossa”, scrive il critico e storico dell’arte Alain Cueff, curatore di questo libro. Che puntualizza: “Provocante, manipolatore, al tempo stesso indifferente e appassionato, sconclusionato e lucido, il dandy Warhol vi si rivela di un’intelligenza sconcertante. Che parli di pittura, cinema, moda, sesso, superstar, o della mediocrità della vita americana, non perde mai di vista le esigenze della propria arte”.

Vero. Come quando dice la sua sugli altri artisti, o racconta il proprio amore per New York senza pudori e il suo sentirsi appassionatamente cattolico. Fino a raggiungere il top della spontaneità il 25 novembre 1981, fuori dalla luce dei riflettori, per 1 ora, da Bloomingdale’s a Manhattan in compagnia di Tracy Brobston del Dallas Morning News. “Ha sentito quelle persone che sono appena passate? Dicevano, ‘Oh, c’è Andy Warhol – oh, chi se ne importa’. Ecco perché vengo qui a far spese”.

Sarò il tuo specchio. Interviste ad Andy Warhol, hopefulmonster editore, 344 pagine, € 35