Marco Giallini e Valerio Mastandrea sono 2 veri amici nel film Domani è un altro giorno, diretto da Simone Spada. Nella vita, per chi non lo sapesse, sono amici da sempre: «Sono stato catapultato nel cinema da un giorno all’altro», ha raccontato Giallini, «grazie soprattutto a Valerio che fece il mio nome al regista Marco Risi: “Dovresti proprio venire a teatro”, gli disse, “c’è un mio amico che è fortissimo”». Il primo film girato insieme, L’odore della notte del compianto amico e cineasta Claudio Calligari, risale al 1998. A tal proposito, Mastandrea lo ricorda sempre avendo partecipato al crowfunding per l’apertura a Milano del Cinemino con l’acquisto di una poltrona a lui dedicata. Tornando all’attualità dell’incontro, avvenuto proprio in questo cineclub lo scorso 26 febbraio, la scelta di ricomporre la coppia Giallo (così lo chiama Valerio) e Mastandrea nel remake di Truman – Un vero amico è per sempre, pellicola spagnola del 2015 diretta da Cesc Gay, è stata a dir poco azzeccata. Simone Spada (anche lui presente alla chiacchierata milanese) ha girato in 7 settimane le scene fra Roma, Barcellona e il Canada. Pur mantenendo identica la trama, i dialoghi (che sfoggiano irresistibili battute pronunciate da questa coppia “romanocentrica” che mi ricorda tanto i mitici Jack Lemmon e Walter Matthau) sono stati curati dagli sceneggiatori Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, che sono parte della cosiddetta “banda” poiché spesso lavorano con Mastandrea e Giallini con l’aggiunta, all’occorrenza, di Mattia Torre.

Il film narra le vicissitudini di 2 amici di vecchia data chiamati ai 4 giorni più difficili della loro vita: quelli in cui dovranno dirsi addio per sempre a causa della malattia terminale di Giuliano (interpretato da Giallini, fra i pochi attori da classica “commedia all’italiana” che riescono a passare nel giro di pochi fotogrammi dall’angoscia all’ironia, amara e pungente. Incontrare la coppia capitolina si è rivelato uno spasso: ha dialogato col pubblico in sala come fosse a una cena tra amici che se la raccontano e se la ridono, in tutta spontaneità e senza quella spocchia di chi si crede una star del cinema. Non è la prima volta che Mastandrea affronta il tema della malattia: nell’ultimo anno, infatti, ha recitato da protagonista nella fiction La linea verticale tratta dall’omonimo romanzo di Mattia Torre, sulla degenza in un reparto oncologico; e in Euforia di Valeria Golino, dove una grave malattia dissolve le incomprensioni tra 2 fratelli. Valerio ha esorcizzato l’argomento sorridendo: «È già sorprendente non essere ammalato, stavolta! Sono un paio d’anni che la malattia gira attorno al mio lavoro. Ma finchè si limita a fare così, va bene! Battute a parte, per me e anche per Marco questo mestiere consente di utilizzare la finzione, ma anche di cogliere qualche spunto di verità in più per affrontare certi temi particolarmente delicati. Il dolore comunque lo affronto anche in Ride, il mio primo film da regista, cercando di trasformarlo in uno strumento per andare avanti, mai per arrendersi». Tornando a Domani è un altro giorno, nel cast c’è anche Pato, il cagnone ritratto sulla locandina. E dal momento che nel film è l’inseparabile compagno di Giallini, è vero che cani e bambini rubano sempre la scena?: «A me e a Valerio? Macchè, è stata un’impresa impossibile anche per lui! C’è da dire piuttosto che Pato non s’impallava mai: è stato preparato come si deve da Massimo Perla, l’addestratore cinofilo più conosciuto per quanto riguarda i set televisivi e cinematografici, anche americani. A me i cani attori non piacciono: sono sempre obbligati ad attendere forzatamente il loro ciak. Pato, invece, devo riconoscere che è un orso buonissimo». Mastandrea: «Vogliamo ricordare caro Giallo di che marca… oops!, di che razza è?». «Namo bene! È un diesel di 5 anni, razza bovaro del bernese, che ha dovuto sopportare sul set un terribile caldo settembrino… ma aveva un camerino rinfrescato, con tanto di coperta refrigerante e borraccia con l’acqua fresca».

Un focus sulla tendenza di girare sempre più remake cinematografici, l’ha fatto Valerio spiegando che «non è così scontato pensare che il remake sia causa della mancanza di idee… Certo è più facile rifare un film classico di 20 anni fa, per il semplice motivo che qualcuno non se lo ricorda più. Farlo con una pellicola recente, invece, presuppone una scelta ponderata che deve andare oltre il fatto che quel film in origine si è rivelato un grande successo al botteghino. Nel caso di Domani è un altro giorno, la vicenda umana ha una sostanziale importanza. Io e Marco siamo stati testimoni di Perfetti sconosciuti, film più corale che trattava un tema universale (la comunicazione verbale e scritta al telefonino) e perciò ha avuto rifacimenti in vari paesi. La trama di questo film è invece più complessa da rivisitare, ma rimane pur sempre una commedia che cerca di essere un inno alla vita. Si ride anche, ma senza retorica. Comunque, stiamo aspettando la versione americana per vedere chi farà chi: io molto probabilmente sarò interpretato da Danny De Vito, Giallini da Jessica Rabbit…».

E tu, Marco, lo vorresti fare il regista?
«Non ho la vocazione perché non ho pazienza… Diciamola tutta: non c’ho voglia e nessuna velleità di girare un film, anche se ho anni di gavetta alle spalle e ho cominciato duramente con il teatro. Sono pigro ma capisco che dirigere, per un attore, sia una bella cosa».

Per Valerio, invece, ci sarà un secondo film da regista?
«No, perché sto ancora promuovendo Ride nonostante sia uscito a novembre un po’ a fatica. Le dinamiche sono difficili da spiegare… però cerco di essere diplomatico: se il film risulta troppo complesso ma lo lanci a casaccio come i dadi, anche se la gente lo va a vedere… Sto facendo un piccolo tour per proiettarlo nelle cineteche di provincia e dove possibile anche nelle grandi città, per dare un’opportunità a chi non l’ha ancora visto. Il confronto diretto col pubblico, dal punto di vista dell’attore e in questo caso da regista, mi fa capire meglio il film che ho girato. Qualcuno si dovrà costituire, qualcuno si dovrà sacrificare, qualcuno si dovrà pentire!». Applausi scroscianti. «La logica della promozione andrebbe modernizzata. Un giorno, spero presto, si potranno presentare i film su piazza per 20 giorni che equivalgono a 20 repliche a teatro, anziché andare in tv in quei contenitori che parlano di bucato, salame di cioccolata e poi ci infili anche il film… Noi non ne possiamo più. Marco, posso parlare anche per te?».

«Ma come ti è venuta, Valerio? Salame di cioccolata… Io lo faccio con i Saiwa! Siamo gli ultimi dei ribelli…».

L’opera prima di Mastandrea racconta di una donna, magistralmente interpretata dalla sua compagna Chiara Martegiani, che perde il marito in un incidente sul lavoro e deve rapportarsi al dolore che la sta travolgendo. Ride ha comunque ottenuto la candidatura al David di Donatello. «Parliamo da una posizione privilegiata», ha precisato Valerio. «Mi sento di dire che in Italia non mancano gli autori, i registi e gli attori, ma via via è venuto a mancare il rapporto con il pubblico. Il nostro cinema sta scemando per le logiche del solo profitto… Ovvio che bisogna fare esercizio vendendo un prodotto, ma da noi il pubblico non viene educato al cinema. I francesi, da sempre, supportano i loro film con una programmazione obbligatoria: non perché li sono nati i fratelli Lumière che il cinema l’hanno praticamente inventato, ma perché la gente è stata educata culturalmente grazie alle istituzioni. Qui, al contrario, soffriamo il predominio delle majors, soprattutto statunitensi. È chiaro che se uno fa un paio di film scadenti deve cambiare mestiere, ma tutti dovrebbero avere l’accessibilità di realizzare un’opera prima e farla vedere, non vederla a casa propria. Questo lavoro deve svolgersi a stretto contatto col pubblico, che è la sua vera essenza. Cultura, poi, non è una parolaccia. E parlarne non significa essere per forza sovranisti, ma è da 30 anni che il cinema è in queste condizioni. Da quando io e Giallini iniziavamo a lavorare… Poi anche noi abbiamo dato una mano a farlo morire, il cinema…».

C’è stato poi chi ha ricordato a Marco l’esperienza con Valerio nella sit-com Buttafuori: «Ricordo che era il 2006, a differenza di Valerio che sostiene fosse il 2007. Ma per me la memoria è collegata ai miei incidenti in moto… Adesso però siamo 2 cessi, dalla vita di merda che facciamo! Quei buttafuori non erano fetenti, ma 2 ignoranti-intelligenti».

«Grazie agli autori, cioè ai soliti “psicopatici” Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, Buttafuori è stato un grandissimo lavoro che parlava del presente», ha aggiunto Valerio. «Si dialogava di tutto. Mi viene in mente una battuta che facevo a Marco: per chi voti te?».

«E io rispondevo: per il partito degli indecisi, nei sondaggi è al 30%. Una ragazza dietro di noi pensava scherzassimo, invece era tutto vero. Troppo bella l’intesa con il trio di sceneggiatori della fantomatica “banda”, vero Valerio?».

«Erano dei populisti raffinati, precursori di un certo tipo di persone…».

Perché è durata così poco quella serie tv?

«Trattata come un esperimento, la programmarono infatti in pieno agosto alla stessa ora del TG della sera. Così non c’è competizione! Però è diventata di culto».

«… Con quei 5 secondi d’introduzione», ha sottolineato Giallini, «guardando fisso in macchina, immobile…. Io che gli chiedo: hai mai conosciuto un cinese? Lui che mi risponde: sì, come no… Silenzio. Ma parla cinese!, gli dico io».

Che ne dite piuttosto se proiettassimo una mini rassegna Buttafuori proprio qui, al Cinemino?

Mastandrea: «Chiamate la Fox, voi della Milano che conta…». E con tono goliardico: «Marco, a cosa stai lavorando? Tornerai nelle nostre case con lo straordinario sceneggiato Rocco Schiavone?».

«Devo dire che mi è piaciuto molto. La differenza con Ubaldo Lay del Tenente Sheridan che vedevo da piccolo negli Anni ‘60, è che non si faceva le canne! Per quanto riguarda il cinema, invece, ho partecipato a Villetta con ospiti di Ivano De Matteo».

Concludendo, caro Valerio, riporterai in teatro il monologo di Mattia Torre?

«Gran bella domanda. Ultimamente fare teatro mi costa una gran fatica fisica. In passato lo facevo per ricaricarmi e l’ultima volta è stata 2 anni fa con questo monologo: non mi sono manco ricaricato ma mi ha demolito. Come mi fanno giustamente notare, ormai sono vecchio… Però ve la butto li: Mattia ha pubblicato un libro con i suoi scritti, piccoli e lunghi monologhi teatrali che stiamo per convertire in un audiolibro. Quindi, se vi sentite soli ve lo ascoltate».

Fine dell’incontro, con la felice consapevolezza d’aver dialogato a ruota libera con 2 persone autentiche. Anche fuori dal set cinematografico.

Foto: Marco Giallini, Valerio Mastandrea e il regista Simone Spada durante l’incontro al Cinemino di Milano, © Eleonora Tarantino
2 momenti tratti dal film Domani è un altro giorno, © Medusa Film