Ho avuto modo di scoprire l’iperrealismo scultoreo di Ron Mueck 10 anni fa, in occasione della sua seconda mostra (la prima in assoluto in Francia ha avuto luogo nel 2005), notando anzitutto come l’artista australiano avesse iniziato la sua carriera nel 1996 con una scultura di Pinocchio, voluta dalla pittrice portoghese Paula Rego per l’esposizione dei suoi quadri alla Hayward Gallery di Londra. In quell’occasione il lavoro di Mueck è stato a tal punto apprezzato dall’imprenditore e collezionista iracheno naturalizzato britannico Charles Saatchi da fruttargli la commissione di 3 sculture.
Ron Mueck e il suo Pinocchio
© Musée de l’Orangerie/Bénédicte Oisel
A differenza di altri iperrealisti che si concentrano sulla riproduzione accademica di personaggi più o meno famosi, Mueck esplora con impietoso realismo l’essere umano: volti, sguardi e posture esprimono spesso una sensazione di disagio e inadeguatezza, mentre le espressioni sono interrogative, attonite, in attesa di una risposta che con ogni probabilità non arriverà mai.
Intitolata senza inutili giri di parole Ron Mueck, l’esposizione monografica che si è da poco conclusa alla Fondation Cartier di Parigi e che approderà per la prima volta in Italia dal 5 dicembre 2023 al 10 marzo 2024 alla Triennale di Milano, ha visto nella monumentale installazione Mass, presentata per la prima volta fuori dall’Australia, il suo capolavoro. Commissionata nel 2017 dalla National Gallery of Victoria di Melbourne, si compone di 100 teschi umani in versione gigante («Il teschio è un oggetto complesso, un’icona potente e subito identificabile. Familiare e strana allo stesso tempo, respinge e incuriosisce», ha dichiarato Mueck) ed è fonte di varie interpretazioni: mass, infatti, significa massa, mucchio, folla ma anche messa, funzione religiosa. I teschi, inoltre, sono apparsi come gruppo, somma di individui: in questo Mass si è differenziata dalle opere precedenti dello scultore, che aveva sempre rappresentato l’essere umano nella sua individualità.
Three Dogs
Dead Weight del 2021 è invece il teschio in ghisa di quasi 2 tonnellate che ha fatto da contrasto ai lavori di Mueck solitamente naturalistici, mentre del tutto spettacolare si è rivelato il gruppo scultoreo di lugubri cani ringhianti che ha denotato una volta di più la volontà dell’artista di “aprirsi ” a nuove modalità di scolpire allontanandosi dalla tecnica precedente che si concentrava sulla riproduzione della trama della pelle, della disposizione dei capelli e dei dettagli degli abiti, assemblando i diversi materiali per ottenere un sorprendente effetto realistico. A focalizzarsi, ora, sono la forma, la composizione e il movimento, allo scopo di svelare le intenzioni e l’essenza del suo lavoro.
Baby
Per Baby (2000), piccola scultura neonatale, Ron Mueck ha preso a modello un’immagine trovata in un libro di medicina che ritraeva una creatura tenuta in alto per i piedi pochi minuti dopo il parto. Agli antipodi di Mass, evocazione del corpo “post mortem ”, questa meticolosa rappresentazione dei primi istanti di vita ha attirato con altrettanta intensità l’attenzione verso il minuscolo.
Man In A Boat
A Girl
Se invece Man In A Boat (2002) ha messo in scena la rappresentazione di un uomo le cui braccia nascondono la sua nudità, seduto sulla prua di una lunga barca, che si sporge in avanti con lo sguardo a suggerire la parabola dell’umana solitudine, A Girl (2006) si è identificata in una gigantesca neonata che rivolge il primo sguardo al mondo. Cosparsa di tracce di sangue, con rimasugli del cordone ombelicale, il suo corpo è ancora segnato dall’esperienza del parto. In questo caso, Ron Mueck ha giocato sulla distorsione di scala per evocare sia il miracolo, sia il dolore della nascita.
Misteriose e terribilmente realistiche (in poco più di 25 anni è stato realizzato un corpus di 48 opere) queste sculture tramutano i sogni in realtà stimolandoci a un confronto con il corpo e con l’esistenza umana.