Dopo La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto, con Io sono l’abisso – nelle sale cinematografiche dal 27 ottobre – Donato Carrisi è ancora una volta regista e sceneggiatore di un suo romanzo. Protagonista è l’Uomo che pulisce, glabro e segnato da 2 orribili cicatrici sul cranio. Fa il netturbino in un qualche paese sul Lago di Como ma è anche un serial killer, giacchè approfitta del proprio lavoro per prendere tutte le informazioni di cui necessita sulla vittima designata (predilige le donne sole) osservandone la spazzatura, ben certo che questa riveli sempre la verità.
Dopo un’attenta pianificazione e un camuffamento in stile Jeffrey Dahmer si trasforma in Micky, l’alter ego che seduce le sue vittime per poi ucciderle disperdendone i resti nel lago limaccioso che splende alle prime luci dell’alba. Sulle sue tracce agisce la Cacciatrice di mosche, donna mentalmente instabile che inizia le indagini in solitudine, guidata da un “sesto senso” per la violenza contro le donne, ma poi finisce per aiutare la polizia.
Un giorno, l’Uomo che pulisce salva dalle acque del lago la Ragazza col ciuffo viola, aspirante suicida. Fra i 2 si instaura un legame particolare: lui assume il ruolo di protettore e di salvatore, lei è sopraffatta dai genitori intransigenti e distanti. Le vite dell’Uomo, della Cacciatrice e della Ragazza scorrono su precisi binari verso la rovina e Donato Carrisi ci mostra come, quando e cosa può averli spinti su quei binari. Vediamo come l’assassino sia stato profondamente segnato dagli abusi subìti da piccolo per mano della madre; abusi che con ogni probabilità lo hanno condotto alla follia.
Nel suo squallido, asettico appartamento conduce un’esistenza tanto regolare quanto invisibile: parla spesso con Micky, l’uomo inesistente che vive dietro una porta (da lui stesso dipinta di verde) e sarebbe l’ideatore dei suoi crimini. È uno scrupoloso pianificatore, un assassino senza scrupoli, uno stalker. Eppure non teme di gettarsi nel lago pur di salvare la Ragazza col ciuffo viola; senza riuscire, peraltro, a dare una spiegazione al proprio gesto.
Ed è in quella stessa, unica, irripetibile pulsione d’altruismo che commette l’errore che porterà la Cacciatrice di mosche sulle sue tracce. La quale, dal canto suo, soffre di depressione: suo figlio è in carcere per l’omicidio della sua ragazza e lei non riesce a farsene una ragione. Ha abbandonato suo marito, vive nello scantinato della casa degli orrori (quella dove suo figlio ha commesso l’omicidio) e il suo unico scopo è difendere le donne dai soprusi e vagare per la città lasciando volantini di soccorso per donne abusate.
La Ragazza col ciuffo viola, invece, vive in una delle ville lungo il lago ed è figlia di una ricca famiglia i cui genitori, impegnati a salvare le apparenze, vivono una vita che lei detesta. Ha solo 13 anni, ma finisce in un giro di prostituzione gestito dal suo ragazzo. L’unico che si presta a soccorrerla, per tirarla fuori dal disastro in cui è precipitata, è un uomo ancora più malvagio di chi abusa di lei.
Il titolo del film, Io sono l’abisso, si riferisce alla frase che il killer pronuncia a una delle sue vittime prima di ucciderla; ma potrebbe riguardare tutta l’umanità che compare in questa vicenda: le più diverse solitudini che s’incrociano lungo il corso del tempo, sbiadendo nei ricordi e lasciando come unica traccia il male. Rispetto agli altri film di Carrisi, qui non c’è un enigma da risolvere né particolari scene splatter. I ritmi sono molto lenti, la colonna sonora si concentra sui suoni dell’acqua, le inquadrature sono inclinate e i dialoghi alquanto scarni.
L’eccessiva quantità dei temi trattati (abuso nei confronti dei minori, violenza sulle donne, circolarità del male, invisibilità delle solitudini, acqua intesa come simbolo di rinascita ma anche di morte e di desolazione…) non consente mai al film di decollare come dovrebbe. Perfino i protagonisti (è così anche nel romanzo) sono volutamente anonimi, perchè sono solo un mezzo per raccontare una storia dove non c’è luce, nessuno è felice e pare impossibile scorgere un lieto fine.