Scritta da Johnny Sweet, diretta da Thea Sharrock e tratta da una vicenda realmente accaduta nel 1922 a Littlehampton, paesino sulla costa meridionale dell’Inghilterra, Cattiverie a domicilio (Wicked Little Letters) è la commedia britannica di maggior successo degli ultimi anni.

Edith Swan (Olivia Colman) è un’ultra cattolica super conservatrice di padre tirannico e baciapile (Timothy Spall) e di madre terrorizzata perfino dalla sua ombra. Vicino alla loro abitazione si è trasferita l’irlandese Rose Gooding (Jessie Buckley) con il suo compagno e la figlia piccola. Rose è una ragazza esuberante e piena di vita che si fa beffe delle convenzioni sociali e perciò attira l’attenzione di tutti. Le 2 donne, antitetiche sotto ogni punto di vista, diventano inaspettatamente amiche fino a quando Edith tenta di spiegare alla giovane scapestrata come vivere la sua vita nelle grazie di Nostro Signore. Da quel momento si frequentano sempre meno, ma quando succede sono battibecchi e screzi.

Senonchè alcune lettere anonime indirizzate a Edith, cariche d’insulti e oscenità, mandano in tumulto le già malandate coronarie dei genitori al punto che, alla diciannovesima missiva ricevuta, sollecitata dal padre Edith va a sporgere denuncia alla polizia puntando ovviamente il dito contro Rose. Non c’è dubbio: la responsabile dev’essere per forza quella vicina poco di buono e la sua colpevolezza sarebbe provata dal fatto che si esprime in maniera assai colorita, fa sesso di frequente, ha un discutibile concetto di pulizia e non prova alcuna vergogna ad andare in giro, da sola, per pub.

La denuncia metterà in moto un meccanismo che potrebbe portare Rose in prigione e oltretutto perdere la custodia della figlia. Avendo a disposizione le testimonianze della proba Edith e dell’integerrimo padre, le cose procedono rapidamente e solo l’aiuto della giovane poliziotta Gladys Moss (Anjana Vasan), oltre ad alcune simpatiche signore del paese, riuscirà a sbrogliare la matassa di cattiverie fra vicini.

Cattiverie a domicilio è un autentico spasso. Un gioiello di commedia, divertente e carica di significati. Il più evidente? Il ruolo della donna in una società che la ritiene solo fattrice e domestica. La stessa società in cui muove i primi passi la poliziotta, che nutre ambizioni da detective presto disilluse per la semplice ragione che è donna. Vorrebbe essere trattata come i suoi colleghi, ma il suo posto è vicino alla macchina del caffè o alle donne che potrebbero avere, in quegli uffici, improvvise crisi di nervi. Oltretutto, in quanto agente di polizia, non può sposarsi e tantomeno avere figli.

Sulla stessa faccia della medaglia c’è Rose, che con la sua sfacciata esuberanza viene subito ritenuta colpevole di tutto ciò che di sbagliato può accadere, senza neppure concederle il beneficio del dubbio. L’altra faccia della medaglia è la devotissima e perfettissima Edith, osannata perfino dai quotidiani nazionali come esempio di religiosa virtù. Sì, perché la religione viene brandita come un’arma allo scopo di soggiogare il più possibile le donne, relegandole fra le mura domestiche con lo sguardo basso.

In conclusione, l’insulto volgare sembra esplodere proprio dalla feroce repressione dell’animo femminile, se non dall’invidia nei confronti di chi agisce seguendo i propri princìpi e non quelli imposti da una società bigotta. Il film lo rende più che evidente, grazie a un’ironia degna delle migliori commedie e alle magistrali performance degli attori. Consigliatissimo.