“Da piccolo mi hanno insegnato le preghiere. Dovevano insegnarmi le bestemmie.
Io bestemmio tutti i giorni, per le cose che vedo ”
Con Campo di battaglia, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Gianni Amelio decide di portarci dentro la guerra. Ma lo fa indirettamente. Non aspettatevi quindi scene di battaglia fisica, bombe, spari, assalti armati. Quello che vediamo ci impone di fare un ragionamento etico. Il dovere di soldato può o deve essere al di sopra di tutto? La differenza è abissale.
Siamo nel 1918. Stefano (interpretato da Gabriel Montesi), medico-capitano dell’ospedale militare, teme che i soldati non compiano il proprio dovere auto-infliggendosi ferite di una gravità tale da impedirgli di partire. Giulio (Alessandro Borghi), amico fidato di Stefano, non la pensa come lui, mosso com’è da una morale così integerrima da impedirgli di pensare che sia giusto riportare i soldati feriti in campo di battaglia, conducendoli a morte certa. Riesce quindi a impedirne la partenza per il fronte infliggendo loro mutilazioni tali da consentirgli tornare a casa. Ultima ma non ultima, la figura di Anna (Federica Rossellini), amica sia di Stefano sia di Giulio, con i quali aveva trascorso gli anni universitari: quando non le erano stati riconosciuti gli esami di medicina perché «una donna non può prendere voti alti quanto un uomo».
Federica Rossellini
Il discorso, più etico e morale, porta lo spettatore a schierarsi con l’uno piuttosto che con l’altro, a cambiare opinione nel corso del film o semplicemente a fare una considerazione personale sulla questione. L’unica cosa certa è che questi giovani sono carne da macello. Le scene più belle del film sono le carrellate che Amelio fa tra i letti d’ospedale dove s’intrecciano tante storie diverse, con persone che provengono da vari luoghi e quindi con differenti cadenze dialettali. Non vediamo il fronte ma lo possiamo percepire; possiamo toccare con mano le atrocità della guerra. Le espressioni e la mimica facciale, in Campo di battaglia, sono lo specchio dell’anima e parlano più delle parole.
UNA STORIA CHE CI RIGUARDA DA VICINO
La seconda parte ci conduce inevitabilmente davanti a uno scenario a noi non così lontano. Il 1918 ci deve far pensare alla grande tragedia dovuta all’epidemìa di quell’influenza spagnola che solo in Italia, si stima, abbia causato 600.000 vittime. Risulta quindi chiara l’assonanza fra la pandemìa di spagnola e quella da Covid dei giorni nostri, dal momento che i sintomi sono simili. Il che ci fa pensare che Gianni Amelio non abbia scelto l’argomento del film senza pensare all’oggi. Guerra e pandemìa, i grandi temi dal passato, diventano i nostri. Campo di battaglia urla senza far rumore, grida pace senza che quest’ultima venga direttamente esplicitata. Questa è la sua vera essenza.
Non è certo stato facile creare un film così forte: eticamente e moralmente. Liberamente tratt0 dal romanzo La sfida di Carlo Patriarca (pubblicato da Neri Pozza), vuole puntare l’attenzione non tanto sulla guerra nuda e cruda ma sul dualismo incarnato dai 2 protagonisti: l’uno pacifista, l’altro ligio al dovere. È questa la sfida di Gianni Amelio: portare lo spettatore a un bivio al quale personalmente non riesco a dare una risposta esatta.
PARLIAMO DI ATTORI
Amici e nemici, sia in amore sia nella vita. Seppur legati da un’intensa e fraterna amicizia, Stefano e Giulio sono agli antipodi: Stefano proviene da una famiglia alto borghese, con un padre desideroso che il figlio entri in politica. Giulio, d’altro canto, è più pacato e riflessivo ma deve molto all’amico, che grazie al suo alto rango gli ha evitato il fronte. Le doti recitative di entrambi spiccano, seppure in modi diversi. Di sicuro è lodevole la loro abilità di recitare in dialetto veneto, essendo entrambi romani di nascita.
Gabriel Montesi e Alessandro Borghi
Gabriel Montesi dà vita a un personaggio d’altri tempi: rigido, distaccato, puntiglioso. Il suo sguardo è imperturbabile, benchè lasci talvolta trasparire un’emotività e una sensibilità nascoste, che lui stesso frena implacabilmente. Il personaggio delineato da Alessandro Borghi è senz’altro più vicino a noi: è più facile empatizzare con Giulio piuttosto che con Stefano. Nonostante in alcune situazioni del film abbia trovato Borghi un po’ statico, il modo di dire “attore in stato di grazia ” che gli è stato attribuito si riferisce più a un personale stato emotivo che alle sue reali qualità interpretative. L’Anna di Federica Rossellini, infine, fa più che altro da spartiacque ai 2 personaggi maschili. Sebbene i suoi atteggiamenti nei confronti della vita – ma soprattutto dei suoi 2 “amanti” – cambino durante la pellicola, l’ho trovata molto rigida: incapace di farci comprendere appieno quale fosse la reale intenzione di Amelio riguardo al suo ruolo.
Campo di battaglia, in ogni caso, merita di essere visto perchè ci porta dentro un’altra guerra: quella silenziosa, di chi ha sacrificato la propria vita per essa.