Torna Peppino Garibaldi interpretato dal bravo Claudio Bisio. Nei panni, in Bentornato Presidente di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, di Primo Ministro. Lo avevamo lasciato 7 anni fa con Benvenuto Presidente, mentre impalmava la sua bella Janis dopo aver dato le dimissioni da Presidente della Repubblica Italiana. Gli anni passano, la coppia si sta costruendo una vita serena e monotona con la piccola Guevara, ma c’è un problema: mentre lui è più che soddisfatto di essere ritornato all’amatissima vita di montagna, lei è insofferente verso le sagre, le trote e i funghi porcini. Quando riceve la visita di alcuni suoi ex colleghi che le chiedono aiuto per sventare un piano segreto contro il Belpaese, decide di rientrare a lavorare per il Quirinale. E nell’andarsene via, porta con sé anche la figlia. Dopo un’inevitabile periodo di depressione, Peppino reagisce e va a Roma per riconquistare la moglie. Il suo arrivo coincide con una “impasse” parlamentare su chi affidare la Presidenza del Consiglio. Pur di ritrovare Janis, il buon Garibaldi si offrirà di rivestire il ruolo vacante, intenzionato a interagire il meno possibile con quel mondo politico che già lo aveva travolto. Ma durante l’esercizio delle sue funzioni, maturerà e cercherà di salvare l’Italia dal baratro in cui alcuni speculatori la vorrebbero sprofondare. In Bentornato Presidente la satira politica è evidente, anche se a tratti banale. La rappresentazione dei partiti e dei loro leaders si fa quasi macchiettistica; ed è fin troppo scontata la concentrazione dei politici sul proprio “storytelling”: in particolare, sugli interessi degli italiani che invece andrebbero tutelati. L’unico obbiettivo di quest’ultima fase politica, come il film racconta molto bene, è il consenso: fra post di fuoco e una macchina del fango online sempre pronta a intervenire per rovinare chi non vuole sottomettersi al pensiero dominante. Divertente, al proposito, l’utilizzo di una telecamera da parte dei partiti della maggioranza in un bar della Capitale, per tastare in presa diretta il polso dei cittadini e convertire subito in legge i loro pensieri.
Vestito con imbarazzanti felpe a scritte giganti, Paolo Calabresi interpreta il leader di Precedenza Italia: un politico che urla contro tutti, a caccia del nemico quotidiano, con un aggressivo staff di comunicazione alle spalle. Guglielmo Poggi, invece, riveste il ruolo del piccoletto in giacca e cravatta a capo del Movimento Candidi: un leader che pensa solo a quello che dirà la Rete e mai all’interesse degli italiani. Marco Ripoldi è infine a capo di Sovranità Democratica: arrogante e presuntuoso, guida un partito litigioso dove nessuno è in grado di prendere decisioni. E se in Benvenuto Presidente il popolo italiano veniva descritto buono ma indolente, qui è egoista e incapace di assumersi le proprie responsabilità: al punto che l’invito del Presidente del Consiglio a pagare le tasse per mettere un po’ di ordine nei conti pubblici, scatena una vera e propria rivolta stile gilet gialli francesi. Janis, in precedenza interpretata da Kasia Smutniak, qui ha il volto di Sarah Felberbaum. E se nel primo film era ligia al dovere ma anche mossa dal sacro fuoco di Janis Joplin, qui è chiusa, arcigna, fermamente intenzionata a svolgere il lavoro che ama e lasciarsi alle spalle la parentesi montana con Peppino. Bellissime come sempre le riprese in interna: oltre al Quirinale, vediamo la residenza del Presidente del Consiglio a Montecitorio. Un sequel riuscito, insomma, che perde tuttavia qualcosa dal punto di vista comico. Per rappresentare una realtà già di per sé tragicomica.
Foto: © Vision Distribution