Dopo il successo dello spettacolo al Teatro Stabile di Bolzano su testo di Leo Muscato e Laura Perini, Paolo Fresu continua a portare in giro per l’Italia la musica di Tempo di Chet, mantenendo vive le emozioni del lavoro teatrale attraverso la sua colonna sonora. La dedizione del trombettista sardo al mito di Chet Baker si rinnova ora nei concerti e nel Cd realizzato per la sua etichetta Tǔk Music. Il rituale viene splendidamente replicato e chiunque ascolti l’esibizione di Fresu e compagni tornerà volentieri al riascolto casalingo dell’album per entrare nei dettagli di un lavoro appassionato, quasi filologico, sulle orme di un grande del jazz.
Chesney Henry Baker, nato il 23 dicembre 1929 in Oklahoma e cresciuto musicalmente in California, era un giovane affascinante e introverso che aveva cominciato a confrontarsi con la celebrità molto presto nel quartetto di Gerry Mulligan, per poi proseguire la sua difficile strada di genio tossicomane fino al tragico volo nel 1988 dalla finestra di un hotel ad Amsterdam. La sua allucinata esistenza di bello e dannato sembra fatta apposta per costruire una mitologia, dietro la quale viene spesso trascurata l’importanza della sua eredità musicale. È proprio su questa, invece, che si concentra il lavoro di Paolo Fresu e dei suoi compagni Dino Rubino (piano) e Marco Bardoscia (double bass). Tempo di Chet include 4 ballad assai popolari negli Stati Uniti che Baker aveva interpretato tantissime volte, facendole diventare classici del suo repertorio. Questi brani sono intervallati da altri composti per l’occasione: 6 di Fresu, 2 di Rubino e 2 di Bardoscia. Magari diversi nella struttura ma nell’esecuzione rigorosamente connessi al linguaggio bakeriano.
Tutto ciò potrebbe comportare il rischio di una certa monotonìa; non a caso in 2 pezzi di Fresu interviene anche il batterista Stefano Bagnoli per aumentare l’energia ritmica pur senza snaturare il clima di lirismo che pervade tutto l’album. Un tale rischio, però, viene sapientemente evitato grazie all’intesa perfetta degli interpreti che fa risaltare la profondità dello scavo compiuto dentro la poetica del grande Chet. In particolare Fresu, passando agilmente dalla sordina alla campana aperta, dalla tromba al flicorno, ripercorre tutta la gamma delle sonorità bakeriane.
Manca, è ovvio, la voce di Chet Baker. Quel suo strumento in più dai timbri nebbiosi e sfocati, ideale per mettere a fuoco la disperata fragilità della sua anima d’artista. Tuttavia, nelle accuratissime sonorità del trio si prova ugualmente l’emozione di ritrovare per intero il suo respiro, quel soffio di vita nonostante tutto…
Paolo Fresu – Dino Rubino – Marco Bardoscia, Tempo di Chet (Tǔk Music)
Foto: © Gabriele Lugli