Oltre a essere il sassofonista dei Pericopes, Emiliano Vernizzi è un musicista che ha fatto della ricerca e della commistione fra i generi la sua mission. Eppure, come troppo spesso accade nel nostro Belpaese, è più noto all’estero che in patria dove nonostante l’instancabile attività di docente e i vari progetti cui partecipa, non gli viene riconosciuto ancora il giusto valore. Ho trovato vergognoso, ad esempio, che la rivista Musica Jazz in occasione della recensione dell’ultimo ParmaJazz Frontiere Festival, di cui i Pericopes sono stati senza alcun dubbio il miglior set, non abbia speso una parola sulla loro esibizione preferendo andare sui soliti nomi, che in realtà ripropongono da anni la solita, insipida melassa.

Pur conoscendoli di nome, non avevo ancora assistito a una loro performance e ne sono rimasto entusiasta. Finalmente, anche in Italia, un gruppo di giovani musicisti incuranti delle definizioni di genere, propongono una musica con forti legami nella tradizione ma nettamente proiettata al futuro sfruttando l’elettronica. Pericopes è un trio, completato dal tocco personale e illuminante di Alessandro Sgobbio alle tastiere e dalla batteria di Ruben Bellavia, mai invadente e sempre al servizio di una musica che è un affascinante flusso di coscienza capace di rapirti dalla prima all’ultima nota. Da quel concerto a Parma è nata una frequentazione, un’amicizia e una curiosità nei confronti dell’opera di Emiliano e dei suoi sodali, che mi ha portato ad approfondire la conoscenza del loro percorso e della loro geniale proposta musicale.

Sempre in anticipo sui tempi, nel 2019 realizzano 2 video, a completamento delle loro composizioni. Ucronia, il 1° brano, anticipa inconsapevolmente ciò che da oltre 4 mesi sta accadendo fra Russia e Ucraina: la guerra, la devastazione, la minaccia nucleare, la vergogna di un’invasione barbara e inammissibile. Il missile giocattolo e il bambino, sulla copertina dell’album Up, testimoniano di come un artista (se autentico, sincero, coinvolto, inserito nel proprio tempo) possa prevedere, anticipare, comprendere gli eventi del mondo.

Stupisce come Emiliano Vernizzi e i suoi amici siano riusciti a esprimere in musica e immagini, con profonda onestà intellettuale e senza strumentalizzazioni, un sentimento di profonda tristezza, di sdegno, ma anche di fanciullesca sorpresa. Ucronia non era nato per questo: la guerra non era minimamente all’orizzonte, nulla lasciava presagire i tragici eventi cui oggi assistiamo, eppure i Pericopes avevano già intuito tutto.

Emiliano Vernizzi

Basato su moduli che si ripropongono, Ucronia mi ha fatto pensare al libro di Enrico Vigna sul Donbass: futuristico, catastrofico, ma quanto mai pertinente e attuale. Non sorprende, poi, che in Italia poco o nulla si sia parlato di questa opera d’arte, mentre in Germania, Olanda e Francia i Pericopes abbiano ottenuto indubbi consensi. In quei paesi, infatti, lo Stato investe sulla musica incoraggiando e supportando i suoi artisti. In Norvegia e in Islanda, inoltre e non per caso, esistono le 2 scene musicali europee più vitali e fervide di capolavori destinati a durare nel tempo.

Quanti musicisti italiani possono vantare un simile consenso all’estero, tanto da essere sempre presenti nei cartelloni dei maggiori festival che si tengono dove non tramonta mai il sole? Ciò obbliga noi italiani a ridiscutere e a rivedere i giudizi sulla nostra scena musicale. E a fare ammenda, se non siamo in grado di riconoscere che un gruppo come i Pericopes meriterebbe maggior attenzione.

Pericopes: Alessandro Sgobbio, Emiliano Vernizzi, Ruben Bellavio

Sì, perché quando si esibiscono dal vivo i Pericopes offrono un “mantra” al pubblico. Ogni loro performance è un’esperienza quasi mistica dove viene creato un equilibrio, un climax ben sostenuto dall’elettronica, ma che lascia spazio all’improvvisazione collettiva, portando gli spettatori a interagire con Emiliano, Alessandro e Ruben in modo empatico e cerebrale.

«Non avrei mai immaginato che allora (eravamo nel 2019, stavamo preparando il nuovo disco e abbiamo deciso di integrare i brani con video che facessero da completamento alla musica) tutto ciò si sarebbe rivelato profetico», ha avuto modo di spiegarmi Vernizzi. «Mi ha spiazzato, perchè vedere ciò che ora sta accadendo è stato un pugno nello stomaco. Ma forse i sintomi erano già visibili e l’Occidente non voleva prevedere l’odierna catastrofe. Ucronia, nonostante l’evidente assonanza, non era indirizzato all’Ucraina; e Disco Gagarin, il 2° pezzo, voleva solo essere ironico e sarcastico. Certo, ora mi rendo conto che il loro significato aveva un qualcosa che io avvertivo ma non pensavo si sarebbe manifestato con tale, dirompente e cruda verità».

Il periscopio consente al sottomarino, dalle profondità in cui naviga, di tenere sotto controllo l’orizzonte ed eventualmente colpire il nemico, affondandolo. Affondare la banalità è invece compito dei grandi artisti e i Pericopes, in questo, hanno decisamente fatto centro. A colpi di grande musica.