A giudicare dall’articolo che venne loro dedicato in Italia sul settimanale Ciao 2001 del 21 maggio 1978, sembrava che The Tubes fossero una fenomenale band californiana di glam rock con l’aggiunta dello spirito caustico e ironico di Frank Zappa. In effetti quelle caratteristiche c’erano tutte, accresciute da un sostanziale aspetto teatrale che al glam faceva il verso per smitizzarlo. Un impatto scenico garantito dal multiforme travestitismo del cantante John Waldo “Fee” Waybill – fra le migliori e più sottovalutate voci del rock – e dalla presenza di ballerine, schermi, coreografie.
Le foto a corredo dell’articolo erano un caleidoscopio che faceva quasi impallidire il David Bowie di Ziggy Stardust. Il loro 1° disco, The Tubes (1975), uscì puntualmente qui da noi: purtroppo, però, in quell’epoca pre-video si perdeva l’effetto scenico e, per ovvi motivi linguistici, l’ironia dei testi. Ricordo che alla radio trasmettevano solo il 2° brano in scaletta, Haloes, che definirei un surf rock rivisitato alla luce di un ritmo elettrico incalzante e della lezione zappiana. A ripensarci, non vennero maliziosamente mai trasmessi pezzi come Mondo Bondage e White Punks On Dope: nel 1°, Fee Waybill si esibiva indossando un paio di slip di cuoio e una maschera, alludendo al mondo sadomaso. Il testo, infatti, si riferiva a un poveraccio finito non si sa come in certe pratiche; il personaggio di Fee era identificato come una sorta di gladiatore postmoderno e mi viene il sospetto che Mondo Bondage non l’abbiano trasmesso in quanto hot.
E tantomeno escludo che White Punks On Dope non sia andato in onda per via del termine “dope”, cioè droga, ignorando che il testo se la prende con i giovani californiani bianchi, ricchi e viziosi: quasi una prefigurazione del mondo rappresentato qualche anno dopo nel romanzo Meno di Zero di Bret Easton Ellis. Salvo che, se all’epoca fosse esistito YouTube, ci si sarebbe accorti che con un boa di struzzo, il trucco pesantissimo e un paio di zatteroni dall’altezza stratosferica Fee parafrasava il glam rock in chiave satirica.
Fra parentesi, i testi della musica americana fra gli anni 60 e 70 sono pieni di riferimenti alla droga; ma il termine non viene mai citato esplicitamente, tranne che in Heroin di Lou Reed. Oltretutto, nella spettacolare versione tedesca di White Punks On Dope, Nina Hagen decise addittura di modificare il testo intitolando il brano TV Glotzer, ovvero “spettatore della tv ”.
Young And Rich (1976), il 2° Lp del gruppo di San Francisco, non ha i brani indimenticabili del disco d’esordio anche se l’energetico Stand Up And Shout e lo zappiano Don’t Touch Me There si fanno ricordare. La fama dei Tubes, in ogni caso, rimane sottodimensionata rispetto al loro valore. Ho sempre avuto l’impressione che una versione sofisticatamente ironica del glam (quale era in effetti la loro proposta) non avesse adeguato spazio di mercato. La loro sfortuna è forse dipesa dall’essere nati prima di MTV: essendo riusciti a coniugare in modo eccellente la scena con la musica, quest’ultima risultava per forza di cose limitata, anche quando la band produceva quello che – a mio parere – è stato uno dei migliori album dal vivo del rock: What Do You Want From Live del 1978.
La loro vita prosegue fino ai primi anni 80, con un successo inferiore ai meriti ma ugualmente costellato da alcune piccole perle. Vale la pena ricordare la partecipazione al musical Xanadu (1980), dove mettono insieme un doo-wop con ballerine anni 40 accoppiato a un riff dal semplice ma esplosivo hard rock. E poi Talk To You Later dall’album The Completion Backward Principle (1981), preceduta da un’introduzione parlata che non si può godere in italiano ma che lascia intuire la critica a un sistema politico parolaio e falso. Anche in questo caso, il brano è sostenuto dal giro di chitarra piuttosto hard di Bill “Sputnik” Spooner: che magari non verrà ricordato, nonostante l’indiscutibile competenza tecnica, fra i grandi del rock, ma è stato comunque un creatore di riff piuttosto azzeccati e facili da memorizzare.
Consentitemi un ricordo finale. Li ho visti in concerto nel 1981, al Palasport di Cantù. Sul palco c’era qualche ballerina di contorno, nessun travestimento, zero scenografie. Musica pura e la voce di un grande cantante. Dimostrazione palese che senza fare spettacolo e senza effetti elettronici di studio, i Tubes erano dei grandi. Sottovalutati, equivocati, ma grandi.