Guida una delle formazioni più interessanti e creative degli ultimi anni. È sempre stato all’avanguardia, in netto anticipo sul suo tempo. Si è rivelato un precursore e un innovatore: ben radicato nella tradizione, ma votato alla sperimentazione. Ha lanciato Keith Jarrett, Jack DeJohnette nel suo 1° quartetto e nel corso degli anni ha continuato a fare da mentore a personaggi quali Michel Petrucciani, Jason Moran, Gerald Clayton, Eric Harland e tanti altri. Ha suonato in ogni tipo di formazione: dal duo, all’ensemble orchestrale. Ora, tornato in casa Blue Note dove il boss Don Was gli ha concesso carta bianca per i suoi progetti, il sassofonista Charles Lloyd si concentra sulla formula del trio.
Chapel Trio: Bill Frisell, Charles Lloyd, Thomas Morgan
Recentemente sono usciti Chapel e Ocean, i primi 2 capitoli della trilogia intitolata Trios. Diversissimi tra loro, ma accomunati da una qualità eccelsa. In Chapel, l’84enne nato a Memphis, nel Tennessee, è affiancato da Bill Frisell alla chitarra e da Thomas Morgan al contrabbasso, che al servizio del vecchio “santone” tirano fuori una prestazione che fa già parte della storia del jazz. Morgan, soprattutto, rivela una capacità incredibile nel tessere trame ritmiche spaventosamente ricche; e Frisell non gli è da meno, mettendo in atto un “campionario” di suoni quantomai geniale: dalle sonorità liquide e sognanti, a momenti più lisergici e corrosivi che consentono a Lloyd di esplodere nelle sue cavalcate al sax tenore.
Fin dalle prime note di Blood Count, la composizione del pianista Billy Strayhorn, il trio si muove compatto dando sfogo a tutte le possibilità armoniche. Chi emerge con prepotenza è Frisell, il quale si ritaglia un assolo emblematico delle proprie qualità in un momento di poesia sonora portato all’ennesima potenza anche da chi condivide la scena con lui. Tant’è che il sax, la chitarra e il contrabbasso si intrecciano in un dialogo intimo ed emozionante, da cui si evince il sottile piacere di fare musica insieme. Ma Chapel regala altri momenti di piacere sonoro come Song My Lady Sings e Dorotea’s Studio, dedicata alla moglie di Charles ed eseguita con una delicatezza e un’eleganza sorprendenti. Eleganza che è una delle virtù di Lloyd, musicista non abituato a urlare ma a far parlare la musica, lasciandola fluire in libertà. Discepolo delle filosofie orientali, nonché studioso delle religioni, sa bene che il 3 è il numero perfetto: Padre, Figlio, Spirito Santo; o la Trimurti indiana: Brahma, Vishnu, Shiva (Terra, Acqua, Fuoco). Su questo dogma, creare musica diventa una missione spirituale con cui donare armonia, saggezza, comprensione.
Ocean Trio: Gerald Clayton, Charles Lloyd, Anthony Wilson
Ocean, il 2° capitolo, vede Lloyd affiancato da 2 figli d’arte che ha visto nascere e crescere, avendo militato in entrambe le formazioni dirette dai loro padri: Gerald Clayton, figlio di John, al pianoforte; e Anthony Wilson, figlio di Gerald, alla chitarra. Lo “zio” Charles sa come sfruttare appieno le doti di questi 2 ragazzi protagonisti del jazz odierno: instaurando con loro un rapporto paritario, tessendo un dialogo fatto di stimoli che la coppia riprende e rilancia. Sinergia poetica, potremmo definirla. Sia Gerald, sia Anthony, risultano perfettamente funzionali alla creazione musicale di Lloyd. Sono 2 “giovani leoni“, ma non scalpitano per mettersi in mostra: al contrario, sanno essere discreti, coinvolti e il risultato è quasi commovente.
Ascoltate The Lonely One e non potrete che perdervi nel pianismo sognante e lirico di Clayton; oppure Kuan Yin che vede i 3 rincorrersi, stimolarsi, inseguirsi dando vita a 1 dei più bei brani di questo 2022 che si sta per concludere. Charles Lloyd ama definirsi ancora un “principiante “, come la mente nella filosofia Zen. Pur avendo decenni di carriera alle spalle non smette di emozionarsi, di sperimentare, di incuriosirsi. Esattamente come dovrebbe fare il jazz. Perciò, la lezione di questo Maestro va ascoltata prestando la massima attenzione.