Da Welleriano stretto, quello che percepisco da True Meanings è un Mod Father pacificato, sereno, forse un po’ fatalista, che si gode il matrimonio con la giovane moglie e la numerosa figliolanza. Questo è un disco che farà comodo a molti, ora che andiamo verso l’inverno: quando una mattina di pioggia, in cui la baldoria della sera prima vi ha lasciato in eredità un cerchio alla testa, decidete di prendere un giorno di stop inventando un finto malessere col vostro capo che ultimamente non sopportate. Ed è proprio in quel momento, quando tornate sotto le coperte con il caffè caldo e la pioggia sui vetri, che True Meanings darà un senso alla vostra giornata. Una voce calda e ineguagliabile, la chitarra suonata con maestria, l’orchestra che accompagna le canzoni, saranno un vero toccasana.

Ciò che mi piace di Paul Weller (in realtà non c’è nulla che non mi piaccia) è che nonostante sia sempre in movimento e sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo come in questo caso – un disco acustico e di orientamento prevalentemente folk – la matrice soul della sua penna compositiva tende comunque a essere presente. Brani come The Soul SearchersMayfly, o la maestosa Old Castels (bella da mozzare il fiato), con un cambio di arrangiamento e un ritmo più accelerato starebbero benissimo in bocca a Otis Redding o Marvin Gaye. E poi ci sono i pezzi più introspettivi: quelli più “bianchi”, che strizzano l’occhio a Nick Drake o al primo Terry Callier; che danno un tono di maestosità all’album. Vi cito Bowie (amore mai nascosto e mai sopito), Come AlongGlide, giù giù fino a White Horses che è la pietra angolare del disco. È un Paul Weller assolutamente ispirato, questo. Di puro cantautorato (che effettivamente mancava alla sua carriera), che gioca coi suoni e le melodie come un bambino con la tavolozza di colori, regalandoci non tenui acquerelli ma composizioni forti, cariche di emotività e intimismo. Vi segnalo, fra gli ospiti, un veterano come il tastierista Rod Argent degli Zombies; il bassista Danny Thompson dei mitici Pentangle (che hanno conteso ai Fireport Convention il titolo di più grande folk band inglese); l’immancabile Noel Gallagher, all’harmonium, nella “beatlesiana” Books.