«Ciò che mi sono sforzato di fare con New York è stato descrivere la metropoli e il suo influsso emotivo sulla gente. New York è talmente vasta e forte da influenzare il tuo camminare, attraversare la strada, viaggiare nella subway. Le cose, a New York, impari a guardarle seguendo prospettive che sono sconosciute a qualunque altra città. Magic And Loss, invece, dialogava di quella particolare magia che solo l’amicizia sa darti. Magia contrapposta alla perdita; alla morte di una persona che ti è cara. Con Set The Twilight Reeling torno al tema newyorkese in maniera vitale e appassionata: il che significa godere la città, sentirsi parte integrante dei suoi ritmi vitali, gustare quelle relazioni interpersonali che quotidianamente ti offre. L’ho identificata come un crepuscolo che esplode, come quando colpisci qualcuno con un pugno e quello barcolla, senza più difese».
«Attenzione. La mia non è una violenza gratuita ma semmai ironica sull’odierno sistema politico. Come vorrei fosse l’America? Mi piacerebbe che si occupasse dei ceti medio-bassi e la smettesse di accumulare ricchezza sfruttando la mano d’opera a costi irrisori e a salari ridicoli. Chi ha nelle mani il potere, dovrebbe avere il coraggio di affrontare una volta per tutte questi problemi».
«È eccitante. Nel bene e nel male. Ogni giorno ho la percezione che New York riesca a contenere in sé tutte le cose buone e cattive del mondo».
«Credo sia vero, in un certo senso. L’abito dei 2 pezzi è simile: il suono è fresco, mi verrebbe da dire “sophisticated”. È l’inevitabile risultato dello stesso tema: New York».
«Lo sai? Utilizzi le mie parole per tendermi una trappola… Ma è vero: le mie esperienze sono sempre state la radice del mio modo di scrivere e di comporre canzoni. Esperienze che sono emozioni scaturite dal cuore e proprio per questo vere, comprensibili, autentiche. Emozioni personali, ma anche emozioni di chi mi sta accanto».
«Dall’amicizia col romanziere Paul Auster. Terminate le riprese di Smoke, mi ha proposto di intervenire nel film all’insegna della totale improvvisazione. Dovevo solo starmene dietro al bancone della tabaccheria di Brooklyn sostituendomi ad Harvey Keitel e rispondere in libertà alle domande di Paul».
«Ancora Havel. Per comprendere il post Cecoslovacchia, sondare i suoi stati d’animo, le sue mosse politiche, i cambiamenti vissuti nella sfera privata e come leader di un paese dell’Est europeo. Esordiremmo con un semplice “come va?” e ci sentiremmo a nostro agio, da amici che si ritrovano a discorrere della vita».
«No. Tutto quello che è successo nel mio passato non è stato altro che una tappa d’avvicinamento verso ciò che sono oggi: un uomo e un artista che sta bene e che ha trovato un suo buon equilibrio interiore».
«Mi piace considerarmi un musicista e un narratore che si sforza di combinare nel miglior modo possibile le 2 cose. Oggi, devo dire, mi sto scoprendo innamorato del suono puro. Più ancora che del semplice suonare e scrivere canzoni. Ammiro la tecnica di registrazione intesa come design dei mezzi tecnologici impiegati per incidere un disco, uniti alle loro specifiche funzionalità. In sintesi: la causa e l’effetto. Ad esempio il microfono, che è alla base della riuscita di ogni incisione: voglio che sia ben costruito e ricettivo nei confronti del suono. Conseguenza di tutto ciò è l’aver scoperto la fondamentale importanza della produzione di un disco, che non deve limitarsi al brano eseguito con la chitarra e cantato più o meno bene. Set The Twilight Reeling mi dà piacere, ogni volta che lo ascolto. Significa aver vinto la scommessa».
«Meglio tardi che mai. Mi spiace che il riconoscimento coinvolga me, John Cale, Moe Tucker e non Sterling Morrison che purtroppo non può gioire insieme a noi. Allo stesso tempo mi fa piacere che si siano accorti dei Velvet adesso e non fra qualche anno, quando saremo lassù in Paradiso con Sterling».
«Sterling era un ragazzo dolcissimo intrappolato dentro un fisico imponente, che metteva soggezione. Perciò, quando dovevamo farci rispettare mandavamo avanti lui, per primo. Di Andy mi piace ricordare quando un giorno vide in un programma televisivo un distributore di bubblegums colorate. Ne volle uno simile, da collocare in scena durante un nostro concerto. Glielo procurammo ma successe l’imprevisto: all’interno del bus faceva talmente caldo che le gomme da masticare si sciolsero all’istante. Scoppiammo tutti a ridere. Warhol, invece, si infuriò come non mai».
«Ci ho lavorato a lungo, sforzandomi di migliorarlo. Direi che da New York in poi la chitarra mi sta dando parecchie soddisfazioni. Il segreto, lo ribadisco, sta tutto nella purezza della tecnica d’incisione».
«Ridotti all’osso, senza particolari luci. Più simili agli spettacoli di New York, che a quelli di Magic And Loss che coinvolgevano la suggestiva e persuasiva capacità della parola».


