Sicilia, anni 60. Lia (Claudia Gusmano) ha compiuto 21 anni e nonostante il parere contrario di sua madre Sara (Manuela Venturi), preoccupata di ciò che potrebbero pensare i compaesani visto che, essendo “femmina”, dovrebbe stare chiusa in casa a dedicarsi alle faccende domestiche, lavora la terra con il padre Pietro (Fabrizio Ferracane). Oltre a essere bella e caparbia, con quello sguardo fiero e quella lingua tagliente che non lasciano spazio a recriminazioni, Lia è libera, sa quello che vuole e non ha certo paura a dirlo.

Il rientro dalla Germania del giovane Lorenzo Musicò (Dario Aita), figlio del boss del paese con il quale era uscita a passeggiare un paio di volte, le apre gli occhi sul fatto che le decisioni per il suo futuro sono ormai imminenti. Quando si incontrano da soli, però, lei capisce che la tanto agognata libertà non è certo con lui che potrà trovarla. Decide, allora, di non presentarsi al successivo appuntamento: il che cambierà la sua vita e quella di molte ragazze italiane venute dopo di lei.

Primadonna, film bellissimo diretto da Marta Savina, recitato in dialetto siciliano e sottotitolato in italiano, si rifà al caso giudiziario di Franca Viola, icona delle lotte per l’emancipazione femminile; e nonostante l’argomento trattato sia fra i più delicati, non è morboso né opprimente.

Lia rifiuta Lorenzo e lui si prende con la forza ciò che reputa di sua esclusiva proprietà, abusando di lei. Le leggi in vigore negli anni 60 consentivano allo stupratore di “riparare al danno” sposando la sua vittima, che doveva oltretutto mostrare gratitudine dal momento che per tutti, ormai, era merce avariata. Ma Lia, protetta dalla famiglia, fa quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: rifiuta il matrimonio riparatore trascinando Lorenzo (e i complici dello stupro) in tribunale. Da quel momento, i terreni di suo padre subiscono danni ingenti senza possibilità di scoprire i colpevoli; e all’intera famiglia viene negato dal parroco l’accesso in chiesa durante la funzione pasquale. Unici alleati in questa terribile avventura: l’ex sindaco Amedeo Orlando (Francesco Colella), avvocato omosessuale emarginato da tutti; e la prostituta Ines (Thony), che annovera Lorenzo fra i suoi clienti.

L’intreccio fra Mafia e Chiesa (simboleggiato dalla processione che si ferma sotto il balcone del boss di turno) e il trattamento riservato ai “diversi ” sono temi ben presenti nel film, che però sceglie di concentrarsi più su Lia e sulla sua vicenda lasciando agli spettatori il compito farsi un’idea di come una volta era il nostro Belpaese.

C’è una luce, nello sguardo di Lia, che brama e vede un mondo che ancora non c’è ma che è possibile, vicino e insieme lontano; un mondo migliore di quello dove lei, suo malgrado, è obbligata a vivere. Tutti dovrebbero vedere questo film e ricordare che la legge sul matrimonio riparatore (in cui l’unica cosa da “riparare” era l’onore famigliare) è stata abrogata solo nel 1981 e ancora oggi le donne hanno paura o vergogna a denunciare i loro aggressori. Si sono fatti molti passi avanti, anche e soprattutto grazie a donne come Franca, ma bisogna sempre ricordare da dove veniamo e non dare mai per scontati i diritti che consideriamo acquisiti ma che, come vediamo ogni giorno, non lo sono affatto.

Tutto il cast di Primadonna è eccezionale e mai sopra le righe. E i paesaggi siciliani, che fanno da sfondo alla storia, sono meravigliosi come le musiche di Giacomo Mazzucato, in arte Yakamoto Kotzuga.