Negli ultimi anni ho sempre seguito con attenzione il festival JAZZMI. Cosa che ho cercato di fare anche stavolta, dal 29 settembre al 9 ottobre 2022, benchè non sia stato semplice assistere a al maggior numero possibile di concerti. Pertanto, ho preferito concentrarmi su quegli artisti che non avevo mai visto live, o che non conoscevo abbastanza dal punto di vista discografico. E poi, volendo farmi sorprendere, mi ha incuriosito la formula della rassegna giunta quest’anno alla settima edizione: coinvolgere il pubblico con un’attenta programmazione che ha coniugato concerti di jazzisti famosi con esibizioni di nomi emergenti, o comunque esordienti sulla scena milanese. La cosa più interessante, inoltre, è stata seguire le indicazioni del musicologo Luciano Linzi e del promoter di Ponderosa Music, Titti Santini, che hanno messo insieme una kermesse davvero speciale che ha avuto il merito di avvicinare parecchi giovani al jazz, talvolta mischiando generi musicali con progetti originali.

Joe Armon Jones

Quest’anno, “armato” come d’abitudine di pennello e acquerello per ritrarre i jazzisti durante le loro esibizioni, ho iniziato dal concerto di Joe Armon Jones, giovane pianista e tastierista inglese che ha suonato in trio con il batterista Ayo Salawu e il bassista Mutale Chashi, entrambi componenti dei Kokoroko. Risultato: un suono poderoso, grazie all’incredibile sezione ritmica ma in particolare al basso, talmente corposo da credere che suonassero solo 3 elementi. Che dire poi di Armon Jones? Fra jazz e hip hop, dub, funk e soul si è mosso con estrema naturalezza dal piano alle tastiere, facendo vibrare la sua musica in un modo incredibile. Sono convinto sia stata la più bella scoperta dell’anno.

 

Ihlan Ersahin

JSWISS

Michael Leonhart

Con Ihlan Ersahin’s Istanbul Sessions + Michael Leonhart & JSWISS ho invece assistito a 2 concerti in 1. La prima parte condotta dal sassofonista turco-svedese Ilan Ersahin, che da anni vive a New York, è l’anima delle serate jazz con il suo Nublu Club nell’East Village e ha portato a JAZZMI un ensemble di musicisti e sessionmen turchi quali il bassista Alp Ersonmes, il batterista Turgut Bekoglu e il percussionista Izzet Kizil. La loro musica strumentale, il cui intento è stato far muovere il pubblico con un suono vero e non elettronico, ha spaziato dal rock al jazz, fino alla dance. La seconda parte della serata, dall’impronta jazz/hip hop, ha visto in azione il rapper JSWISS insieme al produttore discografico nonché trombettista Michael Leonhart. Un connubio riuscito e coinvolgente, che ha prodotto sofisticate sonorità di jazz elettronico mischiate al rap.

Idris Rahman

Ho poi preso in considerazione… Ill Considered: formazione inglese di incredibili virtuosi che fanno dell’improvvisazione, dell’intensità e dell’energia il loro marchio di fabbrica. Il fatto che dopo 9 dischi suonati dal vivo abbiano pubblicato Liminal Space, il 1° album in studio, rende l’idea dell’attitudine del sassofonista Idris Rahman, del bassista Liran Donin e del batterista Emre Ramazanoglu. Il loro live act si è rivelato un viaggio emotivo in movimento fra l’afro beat londinese, il jazz improvvisato e un sound ai limiti del free o del punk. Protagonista indiscusso il sax di Rahman, il quale si è mosso sul palco come un indemoniato fra struggimenti e ritmi forsennati. Per dirla alla Ingmar Bergman, “sussurri e grida” con un groove intenso e dinamico.

Billy Hart

Mark Turner

Deciso cambio di atmosfera con il Billy Hart Quartet che comprende Mark Turner (sax), Ethan Iverson (piano) e Ben Street (basso). Un viaggio, il loro, nelle composizioni del pianista Ethan Iverson che comunque traggono ispirazione dalla tradizione jazz cui il quartetto fa riferimento. Ritmi spezzati, swing e dinamiche stupefacenti sono la griffe di Billy Hart, l’ultraottantenne batterista che ha in curriculum collaborazioni con Wes Montgomery, Jimmy Smith, McCoy Tyner, Wayne Shorter, Joe Zawinul, Herbie Hancock, Stan Getz, Miles Davis, Oscar Peterson, John Scofield, Bobby Hutcherson, Kenny Barron… e potrei andare avanti all’infinito. Sparring partners, Mark Turner e soci hanno accompagnato con sapienza e inventiva l’indomito Billie, lasciandogli le luci della ribalta.

Jeremy Pelt

Chien Chien Lu

Instancabile, ho proseguito con il concerto del Jeremy Pelt Quintet. Protagonista indiscusso del post-bop dei giorni nostri, nonché trombettista fra i più acclamati, Pelt vanta collaborazioni illustri: Jimmy Heath, Frank Foster, Ravi Coltrane ma soprattutto Wayne Shorter. Ed è stato anche trombettista per la Roy Hargrove Big Band, la Village Vanguard Orchestra e la Duke Ellington Big Band. Si è presentato in scena con un incredibile quintetto dove spiccano la giovanissima Chien Chien Lu, vibrafonista di Taiwan dalla solida formazione in ambito classico; e il giovane pianista (con incursioni al Fender Rhodes) Victor Gould. A colpirmi è stata soprattutto la classe sopraffina degli interventi solisti di Pelt, capace di combinarsi con la stupefacente freschezza del gruppo. Vi consiglio l’ascolto di High Note, il loro disco.

Keyon Harrold

Non conoscevo Keyon Harrold, non ancora sufficientemente noto in Italia, ed è stata un bellissima scoperta. Ha spaziato dal jazz alle musiche confinanti: soul, nu-soul, rap, hip hop, che vengono utilizzate nel suo progetto. I suoi trascorsi vantano collaborazioni pazzesche: Keith Richards dei Rolling Stones, Black Pumas, Mac Miller (Stay), il leggendario Nas (The Jarreau of Rap), Samm Henshaw (Still Broke), YEBBA, Robert Glasper, Maxwell, Common, PJ Morton, Gregory Porter e perfino Wynton Marsalis che lo ha definito «il futuro della tromba». Sul palco, oltre a trasmetterci tutta la magia e i cromatismi del suo strumento ha intonato una ninna nanna speciale composta per suo figlio.

Craig Taborn

Last but non least il concerto di Craig Taborn. Fra le punte di diamante del piano jazz contemporaneo, ha pubblicato l’album Shadow Plays per l’etichetta ECM. Nel suo modo di suonare, in un flusso continuo capace ogni volta di sorprendere, si alternano un lirismo intensissimo a momenti di ferocia ritmica. Cerebrale e intellettuale la sua musica, impressionante la sua tecnica, notevole la sua versatilità stilistica.

Volendo tirare le somme di JAZZMI 2022, sottolineo ancora una volta i meriti di Luciano Linzi e di Titti Santini che sono riusciti a coniugare la ricerca e i progetti speciali (ad esempio Bobby Solo, che con Boogie Boy ha fatto rivivere Elvis Presley e Johnny Cash) con i concerti mainstream di stelle quali Paolo Fresu, Enrico Rava, Raphael Gualazzi e The Cinematic Orchestra.