CoolMag mi ha chiesto di “recensire” Orlando: Le Forme dell’Amore, il nuovo album del Banco. Ci arriverò, ma consentitemi di prenderla alla larga. Da cui la strana intestazione di questo mio articolo…
Credo sia utile cercare di capirne un po’ di più andando oltre il solco del contenuto di questo Magnum opus. Vittorio Nocenzi è ovviamente un musicista colto, ma è anche un uomo di cultura che fa musica, il che non è più così comune. La sua è una genesi particolare, che nasce e si sviluppa nell’humus del microcosmico pianeta dei Castelli Romani, che in sé rappresentano l’allegoria metafisica di un posto che non esiste veramente.
Come Emilio Salgari, che scrisse mirabolanti avventure di eroi delle pittoresche, lontanissime contrade senza essersi mai mosso dalla sua scrivania, Vittorio e il Banco come centauro, mente e corpo riuniti in un unico essere, dopo aver girato il mondo nel carrozzone del rock è sempre tornato a casa per rimanere ancorato alle tradizioni locali. Ed è proprio in questo “substrato” che, da sempre, si riconforta ed elabora nuove avventure musicali: questa volta, però, avviluppando e lasciandosi avviluppare in questo progetto (la cui incubazione è durata quasi 10 anni) dal figlio Michelangelo, cresciuto a biberon e tempi dispari.
Banco del Mutuo Soccorso
Questo nuovo/antico lavoro è il frutto di un’elefantiaca gestazione. Un impegno “extralarge” ispirato e istigato in famiglia: questa volta, appunto, da Michelangelo che un giorno di 9 anni fa ha avuto l’idea che Orlando: Le Forme dell’Amore potesse essere il nuovo disco del Banco. Ne parla a Vittorio con convinzione e gli presenta un brano di sua composizione che immagina perfetto per la dichiarazione d’amore di Orlando per Angelica. Il padre, sorpreso e stuzzicato, aderisce all’idea inattesa e da quel momento ha inizio un lungo viaggio, intrapreso in famiglia, nel cinquecentesco mondo del poeta.
Ah, l’Ariosto! Questo visionario! Un Nostradamus della letteratura epica, capace di scrivere 5 secoli or sono una grande “fiction” con tanto di “Supereroi ”. Questa valenza, accoppiata con una sorprendente modernità, dona oggi a questo grande progetto una luce tutta particolare in cui i riferimenti dell’epoca risuonano con forza in questo tempo di lotte impari contro mostri proteiformi. E poi il Banco ritrova la forma artistica del concept album, totem assoluto degli anni 70, la cui grafica s’ispira alle immagini dell’illustratore britannico Roger Dean che ha dato visibilità ai più grandi gruppi del progressive rock – come gli Yes, i Gentle Giant, gli Uriah Heep – per i quali la progettazione e l’originalità del contenuto erano la norma.
E ancora, aggiornando e glorificando il prog, la band di Vittorio dà il via libera ai tempi lunghi e alle influenze funk-jazz, volute oppure occulte; e alle ballate impregnate di un classico romanticismo. In breve, un ritorno alla composizione e allo studio delle nuove sonorità. Pur nel solco della loro storia. Ma ora vi racconto cosa c’è nel microsolco…
Vittorio Nocenzi
Le parole: certo, la composizione musicale “operistica” viene pensata in dimensione “musical ” e i “testi ”, le parole, sono altrettanto importanti. Immagino il tormentato rompicapo per gli autori: trovare la giusta chiave del linguaggio, rendere attuale e comprensibile il “dolce stil novo” dell’epoca, credo sia stata un’operazione “lunare”. Salutiamo con piacere l’opera di cesello e martello di Paolo Logli, che alterna brani dal moderno romanticismo a pezzi sceneggiati dal punto di vista teatrale. Occhieggiando a una futura, auspicabile messa in scena.
Alcune schegge folgoranti che mi hanno colpito:
“Non sei mai fuggita, / neanche da bambina, / quando nella notte / il buio e la paura…/ Sotto le coperte / nascondevi i sogni!” – da Non serve tremare (quinta traccia)
La musica: o meglio dovrei dire le composizioni, in quanto è certamente un’opera musicale scritta a quattro mani dove la fusione naturale, ma non a priori scontata di musicalità; e l’insieme di personalità così simili ma così diverse, hanno trovato una loro sintesi. Mi piace sottolineare che ciò avviene tra generazioni diverse e Michelangelo Nocenzi (responsabile della nascita di quest’idea) fa il suo debutto compositivo e discografico con quest’opera cosi controcorrente da poter diventare un classico di un genere che ancora non esiste!
I musicisti del Banco ci confermano ancora una volta la loro grande abilità e duttilità nel misurarsi con una forma compositiva tanto eclettica e complessa. Voglio infine citare la partecipazione di Viola Nocenzi, che cesella con la grazia e lo stile che la contraddistinguono la bella ballad di L’amore accade (undicesima traccia).
Auguriamo al Banco di poter presto avere la possibilità di portare in scena questo lavoro: per poterlo apprezzare appieno e godere di tutte le perle che in parte ci nasconde al solo ascolto. La Luna non è poi così lontana…
3 DOMANDE A MICHELANGELO NOCENZI
Com’è nata l’idea di questo disco e perchè avete scelto l’Ariosto?
«La scelta dell’Orlando Furioso nasce dalla volontà di creare un ponte ideale e concettuale fra In Volo, il 1° brano dell’album di debutto del Banco del Mutuo Soccorso, anno 1972; e l’Orlando Furioso stesso (“Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo”). Abbiamo inoltre pensato al 2022 poiché rappresenta sia il cinquantennale dall’uscita del Salvadanaio del B.M.S., sia il cinquecentenario dalla pubblicazione dell’opera ariostesca. Infine, l’Orlando Furioso perché Ludovico Ariosto è riuscito a unire il racconto di episodi di conflitti, gesta eroiche e amori con una lettura e un’indagine psicologica assolutamente moderne. Basti pensare a come il poeta abbia considerato la luna “discarica” dei sogni e desideri umani; o alla figura di Angelica: donna che fugge, ipotizziamo, per liberarsi dal ruolo che le era stato imposto dai dettami dell’epoca».
Cosa ti ha più sorpreso nella collaborazione artistica con tuo padre Vittorio? E cosa pensi abbia maggiormente sorpreso lui?
«Mi sono sempre sentito un privilegiato, perché a casa nostra si è sempre respirata musica. La cosa più incredibile ed emozionante è stata far sentire i miei primi lavori a mio padre. Penso che l’aspetto più bello sia proprio crescere giorno dopo giorno, con umiltà, da artigiano della musica a fianco di chi ha contribuito a creare un genere musicale nel panorama nazionale e internazionale. Credo ci sia stata da parte sua la sorpresa di trovare un’autentica sintonia creativa».
Per quanto ti riguarda come autore e come interprete, come vedi il seguito di questo debutto nella musica?
«Dopo l’album Transiberiana del 2019, ho avuto il coronamento di un sogno con Orlando: Le Forme dell’Amore. Per cui al momento mi sento felice, ottimista e serenamente pronto ad accettare le sfide del futuro».