Vincitore dell’Audience Award al Sundance Film Festival e riconoscimenti da parte del pubblico al Torino Film Festival per il miglior attore e la miglior sceneggiatura, Il colpevole – The Guilty è un film danese diretto da Gustav Möller che racconta una manciata di ore nella vita dell’agente di polizia Asger Holm, che in attesa di essere processato per motivi disciplinari è stato declassato a operatore telefonico del centralino per le emergenze di Copenaghen. È il suo ultimo pomeriggio, il giorno dopo ci sarà quell’udienza che dovrebbe consentirgli di tornare al suo vero lavoro: l’azione. Fra telefonate di tossici che elemosinano aiuto e ciclisti caduti che chiedono soccorso, il tempo sembra non passare mai. A 15 minuti dal termine del turno, però, Asger prende la telefonata di Iben, una donna che sotto shock sostiene di essere stata rapita. Da quel momento inizierà una corsa contro il tempo per tentare di salvarla. Tutto si svolge al telefono, il protagonista non esce mai dal suo ufficio e tutto quello che lo spettatore può fare (come lui) è immaginare la donna, il rapitore, lo svolgersi dei fatti. Nel corso di ogni singola telefonata, Asger acquisirà nuovi dettagli che lo aiuteranno a dipanare la matassa della storia che gli è stata raccontata, o più semplicemente che ha intuito fin da principio. Ma soprattutto, alla fine della giornata potrà dire di avere  imparato qualcosa di se stesso e della sua attitudine al lavoro di poliziotto.

Il colpevole – The Guilty è un thriller dal passo lento eppure carico di suspence, in cui nulla viene dato per scontato e anche la fotografia contribuisce ad amplificare la sensazione claustrofobica che si avverte sin dall’inizio della vicenda. Jakob Cedergren, che interpreta Asger, mostra doti recitative non comuni: ogni stato d’animo che traspare dal suo volto (l’angoscia per l’impossibilità di aiutare la donna, la sensazione di ineluttabilità, la presa di coscienza dei propri limiti e dei propri errori) lo vive contemporaneamente ogni spettatore. Le riprese si concentrano sempre su di lui: sono pochi, giusto un paio di colleghi del centralino, i personaggi che interagiscono fisicamente con il poliziotto mentre gli altri (Iben, suo marito Michael, i figli, l’ex collega di pattuglia) sono solo “presenze” telefoniche ma piene d’angoscia, disagio, insoddisfazioni esistenziali. Alla fine, uscirete dal cinema con una sensazione d’amaro in bocca. Molto simile a quella di Asger Holm.

Foto: © BIM e Movies Inspired