Hiroshima Mon Amour: romanticismo mitteleuropeo, ineffabile decadentismo. Rockwrok: ritmo sanguinante, cortocircuiti elettronici. Basterebbero questi 2 brani/manifesto a delineare la doppia identità degli Ultravox!, gruppo cardine degli anni 70 al tramonto. Esteticamente impeccabili – fra il David Bowie di Station To Station e i Roxy Music – e al contempo schizofrenicamente punk/futuristi. John Foxx, all’epoca leader della formazione e in seguito musicista ambient, ha ricordato: «Ammiravamo Roxy Music, Kraftwerk, New York Dolls, Iggy Pop. Amavamo i Futuristi, Fritz Lang e le pellicole noir. Eravamo convinti di rappresentare la perfetta fusione tra Inghilterra e Germania».
Con Ultravox! (punto esclamativo d’obbligo, in omaggio al kraut-rock dei Neu!), Ha! Ha! Ha! e Systems Of Romance, il quintetto formato da John Foxx (voce), Stevie Shears (chitarra), Chris Cross (basso), Warren Cann (batteria) e Billy Currie (tastiere e violino) getta le basi della new wave anni 80 anticipando la cerebrale stagione del synth-pop e dell’incipriata fatuità dei New Romantics.
Nati nel 1974 come Tiger Lily con Foxx studente al Royal College of Art di Londra, nel 1977 sbeffeggiano l’arrogante dilettantismo punk giacchè ogni volta che salgono sul palcos dimostrano di saper suonare come poche altre formazioni (Clash, Jam, Police, U2, Stranglers…) che mal sopportano il folklore da spilla da balia. Sono un geniale ibrido, gli Ultravox!: punk all’apparenza, dandy nella sostanza. Prodotti da Brian Eno, debuttano con Ultravox! dettando le coordinate di una musica sui generis che alla glacialità elettronica di My Sex e I Want To Be A Machine (riferimento warholiano incluso) contrappone violino, armonica e rock duro; imprevedibilità reggae (Dangerous Rhythm) e la magniloquente melodia di The Wild, The Beautiful And The Damned.
Il ghigno beffardo di Ha! Ha! Ha! sottintende invece climi arroventati e lacerazioni dell’anima. La band mette al servizio dei sintetizzatori il ritmo virulento del punk declinando pezzi come Rockwrok (convulsa aritmìa di Virginia Plain dei Roxy Music) e The Man Who Dies Every Day, fino all’inappellabile resa dei conti estetizzante di Hiroshima Mon Amour, composizione che in qualche modo anticipa l’asetticità elettronica e il technopop di Systems Of Romance riverberando il decadente minimalismo di John Foxx a colpi robotici di Blue Light e Quiet Man, nella grandeur di Slow Motion e negli anfratti di Dislocation, mantra post-atomico. Dopodichè perduto Foxx gli Ultravox (senza punto esclamativo) vedranno la leadership di Midge Ure, scandiranno l’orecchiabilità di Vienna e si auto-imporranno il neoromanticismo griffato. Sarà tutta un’altra musica. Modaiola.
Ultravox!, Ha! Ha! Ha!, Systems Of Romance (1976, 1977, 1978, Island/Universal)