Los Angeles, 1975. James Newell Osterberg è uno zombie che cerca di dimenticare lo sfascio della sua band, The Stooges, e rifarsi uno straccio d’identità. Raw Power, l’album del rilancio benedetto da David Bowie, è ormai acqua passata. L’Iguana perde i pezzi, si buca e tracanna vodka: per alleviare – confida a chi osa ancora stargli vicino – certi dolori alla schiena messa sotto stress nei suoi concerti sadomaso. In realtà, Iggy Pop si sta lentamente uccidendo. Ma decide in corner di cambiare vita disintossicandosi in una clinica psichiatrica. Fra i pochi a fargli visita, oltre a Bowie, c’è il chitarrista James Williamson che aveva suonato in Raw Power. Ha una band e gli propone di comporre qualcosa insieme. Iggy, allora, si mette a fare la spola fra la clinica e un garage adibito a sala d’incisione. Vivaddio non riesce a star lontano dal rock. E il rock lo ricompensa con pezzi nuovi di zecca (Kill City, Consolation Prizes, Lucky Monkeys, Beyond The Law, Sell Your Love… ) più Johanna e I Got Nothin’, che gli Stooges avevano già sperimentato live. Pronto il nastro, Williamson lo propone ai discografici ma nessuno si azzarda a lavorare con un artista che definire bollito sarebbe un eufemismo. Le canzoni, finite in un cassetto, rivedono la luce nel ’77 dell’esplosione punk dopo che Iggy si è “ripulito” a Berlino rilanciandosi, complice Bowie, con The Idiot e Lust For Life. Williamson riesce a far pubblicare Kill City, ma è un flop totale: i suoni sono impastati e la partita che l’ellepì pretenderebbe di giocarsi col nuovo repertorio è persa in partenza.

Ma ecco che finalmente, rimasterizzato come si deve, quest’album mostra tutto ciò che di buono aveva seminato: un rock dannatamente efficace, spesso a immagine e somiglianza dei Rolling Stones, ideale anello di congiunzione tra la violenza sonica degli Stooges e l’elettronica berlinese. Con questa scaletta che dà perfino spazio al sax, all’armonica a bocca e a 2 brani strumentali (Night Theme e Master Charge), l’Iguana cerca (e si conquista) una rinascita “pulita” puntando su giri chitarristici (nel pezzo che intitola il disco) che sarebbero andati a genio ai Van Halen; mostrandosi il più stoniano possibile nel passo spinto stile Brown Sugar di Beyond The Law, nella melodia alla Angie di No Sense Of Crime, nel voler somigliare a Mick Jagger in una Lucky Monkeys che sembra uscita da Exile On Main Street. In parecchi passaggi, poi, Iggy si addolcisce come un agnellino: ascoltare per credere Sell Your Love, ballad dai riverberi soul incorniciata da un sassofono “jazzy”; la corposa Johanna, di nuovo sax e un pianoforte in primo piano; le implosioni e le esplosioni di I Got Nothin’, coi suoi cori alla Knockin’ On Heaven’s Door dylaniana e qualche scheggia di glam rock. Annota Iggy nel libretto del Cd: «Riascoltandolo, apprezzo tutto quello che questo disco vuole esprimere: validi concetti e musica ben concepita. Kill City non appartiene a nessun genere in particolare, è in assoluto fra i primi album indipendenti e molti musicisti ne hanno tratto ispirazione. Spero vi piaccia». A me è piaciuto eccome.

Iggy Pop & James Williamson, Kill City (1977, Alive/Bomp!)