5 nomination, l’Oscar alla carriera nel 2007, quello alla miglior colonna sonora nel 2016 per il film The Hateful Eight di Quentin Tarantino, soundtrack entrate nella leggenda come Metti una sera a cena, Sacco e Vanzetti, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, C’era una volta il West, Mission, Nuovo Cinema Paradiso. Ennio Morricone (1928-2020) è stato “il suono” di un cinema fatto di melodie struggenti, giri armonici, fusione di generi, felicità, suspense, commozione. Soltanto lui, camuffato dallo pseudonimo Dan Savio, avrebbe potuto sottolineare nel 1964 a colpi di revolverate, schiocchi di frusta e campane lo spaghetti-western di Per un pugno di dollari («Nella mia musica ho spesso inserito suoni concreti e rumori quotidiani, poiché li considero elementi di estrema attualità»).
Mi piace ricordare il grande compositore romano proponendovi l’intervista realizzata nel 2003 in occasione di Focus, l’album con i suoi più celebri temi da film riarrangiati, accessoriati di parole e affidati al canto di Dulce Pontes, regina del fado.
Ennio Morricone in concerto con Dulce Pontes, © Max De Martino
Maestro, perché ha scelto la cantautrice portoghese per questo ambizioso progetto?
«Avevo già avuto modo di collaborare con Dulce Pontes nel 1995 quando interpretò A brisa do coraçao al posto di Amalia Rodrigues per la colonna sonora di Sostiene Pereira. E sempre lei, pochi mesi fa, ha intonato Luz prodigiosa per l’omonimo film spagnolo, su liriche di Federico Garcia Lorca. Naturale, quindi, che la mia scelta privilegiasse la sua voce sublime anche per Focus».
Amalia por amar, Antica palavra, Voo e I girasoli sono i brani che ha scritto espressamente per lei…
«Li ho composti facendoli aderire alle sue camaleontiche doti vocali, cercando di infondere un ritmo per così dire “iberico”, poiché volevo dare a Dulce la possibilità di esprimere al meglio il suo canto mantenendo al tempo stesso le connotazioni intimiste del fado che si respira fra le mura di Lisbona».
Le 15 canzoni di Focus sono interpretate in italiano, portoghese, spagnolo e inglese.
«Anche se mancano il francese e il tedesco, sono convinto che questo sia un disco europeo che auspica un’armoniosa convivenza linguistica».
Nella sua carriera quali compositori l’hanno maggiormente influenzata?
«I miei padri sono i madrigalisti del Rinascimento, Frescobaldi e Bach, in qualche caso Mahler e Stravinskij. Per quanto riguarda invece i contemporanei direi Stockhausen, Boulez e Berio. Il folclore proveniente da ogni latitudine, inoltre, si è rivelato fondamentale nella mia crescita artistica, come sostanziale fu la mia adesione al gruppo Nuova Consonanza, leader della musica sperimentale europea che fece dell’improvvisazione il suo punto di forza».
Spesso ha composto pièces sinfoniche su testi letterari…
«Ai miei esordi sulle poesie di Leopardi, Quasimodo e Pavese. E ricordo con immenso affetto la collaborazione con Pier Paolo Pasolini. Ha fatto invece storia a sé la Cantata per l’Europa per voci recitanti, orchestra e coro da me diretta a Liegi, a Budapest e a Roma. Si trattò di una sinfonia che inglobava testi di uomini politici che auspicavano l’unione europea, fra i quali De Gaulle, Churchill e Adenauer, tratti da un volume della Presidenza del Consiglio Italiano».
A quale città si sente più legato?
«A Roma, patria di Monteverdi, Palestrina e del Barocco, che tende ad affiorare quando compongo sinfonie e temi da film. Vorrei sottolineare quanto sia errato considerare l’Italia culla del bel canto e della miglior musica, patrimoni che appartengono soprattutto alla Mitteleuropa. Vienna, Budapest e le città tedesche hanno storicamente prodotto compositori d’eccellenza, il che non significa che siamo gli ultimi in classifica, ma non possiamo pretendere di esercitare a tutti i costi una leadership musicale».
Da turista, cosa ricorda più volentieri dell’Europa?
«Madrid, capitale dal fascino indiscutibile. Quello in Spagna si è rivelato uno dei miei rari, quanto preziosi viaggi extralavorativi: normalmente, a causa degli impegni concertistici, riesco a malapena a intravedere le capitali europee. Ma quel poco che riesco a scoprire, ritagliandolo fra una conferenza stampa e una prova prima del concerto, cerco in tutti i modi di catturarlo nella memoria».
Ennio Morricone inizia a comporre musica a 6 anni e 14enne, seguendo le orme di suo padre Mario, frequenta lezioni di tromba al Conservatorio di Santa Cecilia, a Roma. Dopo essersi diplomato in composizione classica sotto la guida del maestro Goffredo Petrassi, diventa l’arrangiatore dei più grandi interpreti di opera lirica, musica leggera e jazz, fra cui Mario Lanza (O surdato ‘namurato), Chet Baker (So che ti perderò), Gino Paoli (Sapore di sale) e Mina (Se telefonando). Dopo le musiche per la tv e il teatro, Morricone si dedica a partire dagli anni 60 alle colonne sonore cinematografiche. Nel suo curriculum, la realizzazione di pièces sinfoniche e l’adesione alla musica sperimentale con il gruppo Nuova Consonanza. L’elenco dei registi con cui ha collaborato include Sergio Leone, Roman Polanski, Bernardo Bertolucci, Brian De Palma, Oliver Stone, Franco Zeffirelli, Pedro Almodóvar, Barry Levinson e Quentin Tarantino. Fra gli innumerevoli successi, la versione di Hugo Montenegro del tema del film Il buono, il brutto, il cattivo che nel 1968 raggiunse il 1° posto della classifica inglese e il 2° di quella statunitense.