Non deve in alcun modo sorprendere che 2 devoti aficionados del glam rock anni 70 abbiano deciso di condividere First Love con una 75enne dall’ugola sabbiosa come quella di Marianne Faithfull. Tant’è che il produttore di questo empatico album di 10 cover è Marc Almond, ex Soft Cell; mentre Morrissey, ex Smiths, ha voluto che fosse proprio Dana Gillespie a rivisitare la sua Spent The Day In Bed, inserita nell’album Low In High School del 2017. Il risultato è una sapida ballad ghermita da graffi elettrici e dalla delicatezza di una tastiera che imita alla perfezione un clavicembalo.
In più, Morrissey ci ha tenuto a pubblicare il brano a 45 giri, scegliendo personalmente l’immagine per la copertina: «È uno scatto in bianco e nero di Terry O’Neill», ha dichiarato Dana in una recente intervista al magazine online The Strange Brew. «Suppongo risalga al 1972 o al 1973: la bellezza di 50 anni fa. Se guardo quei tacchi alti, mi domando come diavolo facessi a mettere in fila anche solo un paio di passi».
Ah, quei tempi dell’esplosione glam! La cantante del Surrey ci sguazza dentro a meraviglia, complice David Bowie che le scrive Andy Warhol con la convinta determinazione di farle spiccare il volo: «Ma David è stato un maestro degli alieni, dell’era spaziale, di Andy Warhol e di tutto ciò che riteneva fosse astratto. A dire il vero non ha mai scritto canzoni d’amore: a meno che lo sia Kooks, scritta per suo figlio».
Oppure Can You Hear Me, che in scaletta si distingue da tutto il resto per quel suo essere – a sorpresa – bossanoveggiante e per quella chitarra elettrica à la Mick Ronson che scintilla sul finire. «Abbiamo realizzato la nostra versione dalla demo originale incisa da Bowie. Pochissime persone l’hanno ascoltata, dato che ormai tutti conoscono la versione totalmente diversa racchiusa nell’album Young Americans. Siccome detesto copiare le canzoni di chicchessìa, l’ho fatta mia dopo avere ascoltato la demotape un paio di volte».
Dana Gillespie con David Bowie
Richenda Antoinette de Winterstein Gillespie, in arte Dana, che scrive canzoni da quando aveva 11 anni; che in piena Swinging London ha fatto la comparsa in un film di Alberto Sordi (Fumo di Londra); che sul palcoscenico è stata Maria Maddalena nel Jesus Christ Superstar di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice; che si è fatta produrre il singolo Thank You Boy da Jimmy Page e che da anni dimostra di meritarsi la nomea di sopraffina interprete blues, in First Love mette in mostra la proverbiale versatilità affrontando a mo’ di carezzevole ballata Boulevard Of Broken Dreams dei Green Day per poi duettare con Marc Almond in una Dance Me To The End Of Love di Leonard Cohen che sembra uscita dalla colonna sonora di Cabaret («È stato Marc a consigliarmela. Mai avrei pensato di misurarmi con il repertorio di Cohen, anche se negli anni 60 cantavo volentieri Suzanne »).
Accarezzata da un’intro al pianoforte che mi ricorda Sebastian dei Cockney Rebel, Brewer Street Blues (scritta da Almond) è invece una canzone dei bassifondi increspata dall’armonica a bocca che «ha solo una storia, dipinge un’immagine e ogni volta che l’ascolto mi riporta ai bei vecchi tempi del quartiere a luci rosse di Soho», mentre Not Dark Yet si palesa come la più convinta e coinvolgente immedesimazione dylaniana; Gods And Monsters è per Dana un’intimista comfort zone laddove Lana Del Rey l’aveva a suo tempo viziosamente vissuta e In A Broken Dream (scritta da David Bentley, tastiere e voce degli australiani Python Lee Jackson e interpretata da Rod Stewart), lascia trasparire bagliori blues gestiti con maestrìa vocale.
E se Simple As This, country-folk irrorato dai fiati del cantautore inglese Jake Bugg, ci viene restituito dall’abilità di Gillespie colmo d’afrori jazz pedinando lo stile di Glad dei Traffic, Dreams di Stevie Nicks è voce, pianoforte, nient’altro. E in coda, con grande umiltà, la romantica melodia di First Love, Last Love viene da lei sinceramente firmata: «Visto che sono su questo pianeta da 75 anni, è vero che il primo amore non si scorda mai: che sia stato bello, brutto o indifferente. Ho la sensazione, però, che l’ultimo amore sia il più importante: perché alla fine sarà lì, a tenerti la mano».