Si è presentata al pubblico del Blue Note di Milano con un look più punk che jazz: tutina “vedo, non vedo”, giarrettiere, collarino, stivaletti di foggia sadomaso. Connie Han, che da Pittoreporter ho ritratto in acquerello durante il concerto, mi è parsa intenzionata a spingerci fuori dalle comfort zone per catapultarci in aree, diciamo così, “pericolose ”.
Comunque, al di là dell’aspetto la ragazza di Los Angeles (dalle chiare origini cinesi) si è seduta al pianoforte e ha iniziato a suonare in modo vibrante e assai tecnico, facendo perfino pulsare le vene degli avambracci. Piano e batteria hanno dialogato compulsivamente per descrivere la protagonista del suo ultimo album, Secrets Of Inanna: nella mitologia dei Sumeri dea dell’amore, della fertilità e della guerra.
Connie Han
Partendo da questi presupposti, la performance si è sviluppata nella lotta che ha visto impegnate Inanna ad affrontare le sue oscurità interiori e Connie, immedesimata nella sua eroina, a torcersi e a dimenarsi come un’indemoniata sui tasti del pianoforte. Affiancata dal batterista Bill Wysaske e dal bassista Ryan Berg, ha liberato fiumi di note che hanno avvolto il palcoscenico perdendosi talvolta in eccessivi tecnicismi.
Bill Wysaske
Che la Steinway Artist abbia le doti necessarie per crescere, non ci sono dubbi. Tant’è che sgomita in un mondo, quello del jazz, dove gli uomini la fanno ancora da padroni. Lei non ci sta e lo ha dimostrato a chiare lettere, ma credo sia ancora in qualche modo “intrappolata” in quella fase che la obbliga a dimostrare a tutti i costi il suo talento: il che significa non mollare mai la presa, suonare senza freni e citare nel suo efficace pianismo maestri del calibro di McCoy Tyner, Erroll Garner, Chick Corea, Mulgrew Miller e Kenny Kirkland.
Ryan Berg
© Alessandro Curadi