Vijay Iyer performs duo with Craig Taborn during Winter JazzFest on ECM Records stage at Le Poisson Rouge.

Dopo 2 ictus e seri problemi alla schiena, Keith Jarrett non può più deliziarci alla tastiera. È da decenni che Herbie Hancock rifà il verso a se stesso. Chick Corea ci ha lasciati lo scorso 9 febbraio. Kenny Barron è sempre meraviglioso, ma scarsamente dotato di personalità. Brad Mehldau ha talento da vendere, però lo disperde troppo spesso in progetti discutibili. Fred Hersch è strumentista sopraffino, ma non ancora il N° 1. Jason Moran ha necessità di un leader per esprimersi appieno. Craig Taborn è forse il più originale e iconoclasta, ma ancora immaturo. Marilyn Crispell e David Vireilles sono troppo inclini all’avanguardia, dunque di non sempre facile fruizione.

Chi è allora, oggi, il pianista di riferimento nell’ambito del jazz? Colui che ha saputo innovare il linguaggio, attualizzarlo e innervarlo di suggestioni provenienti da altre culture? Colui che a ogni uscita discografica riesce a sorprendere per le idee, le composizioni e l’esposizione della propria musica? Signore e signori, 1 solo nome: Vijay Iyer.

Vijay Iyer

Nel giro di pochi anni, dopo aver collaborato con nomi illustri quali Roscoe Mitchell e Leo Smith ed essersi fatto le ossa in organici fra i più disparati, Iyer è meritatamente assurto al ruolo di pianista faro. Come un perfetto ciclista, ha saputo stare in gruppo, farsi tirare la volata per poi dare uno strappo vertiginoso, lasciare il vuoto dietro di sè e fuggire da uomo solo al comando verso il traguardo. Se già in Far From Over (2017) alla guida di un sestetto stellare che poteva contare su talenti quali Graham Haynes alla tromba (sì, il figlio di Roy, 95enne ancora in formissima dietro i suoi tamburi), Steve Lehman al sax, Stephen Crump al contrabbasso, Tyshawn Sorey alla batteria e Mark Shim al tenore, Vijay aveva dato il meglio di sé, con Uneasy (ECM) è tornato alla formula del trio (forse la più congeniale e riuscita) facendo gridare al capolavoro tutta la critica. Trio che può contare su 2 sidemen di assoluto livello: Linda May Han Oh al contrabbasso e Tyshawn Sorey alla batteria.

Linda May Han Oh

Linda, in particolare, offre una prestazione da incorniciare: perfetta in accompagnamento, dà spunti e rilancia stimoli mai banali al leader; strepitosa in assolo. Tyshawn, invece, lo conosciamo bene: un omone grande e grosso da cui mai ti aspetteresti una grazia, un’eleganza, una raffinatezza, una delicatezza di tocco… in punta di bacchetta. I 2 avevano l’arduo compito di non far rimpiangere la coppia ritmica con cui per anni Vijay Iyer ha diviso la scena e la vita: Stephen Crump al contrabbasso e Marcus Gilmore alla batteria, che non sono certo “signori qualunque“. Ebbene, non solo hanno risposto alla grande ma si sono ritagliati spazi sontuosi dove far esplodere tutto il loro talento contribuendo in modo determinante alla riuscita di Uneasy, album che risente di una gestazione meditata e ben studiata: i 3, infatti, hanno avuto modo di affiatarsi e solo allora sono entrati in studio per la registrazione.

Iyer è l’unico pianista disposto a rinunciare al ruolo di “primattore“, riservando il giusto spazio ai suoi collaboratori. Un leader che rinuncia alle luci puntate su di sè, che se ne resta in disparte e lascia che sia l’altro a svilupparne l’ideale, la poetica, l’arte. Per la prima volta in tanti anni, è lui a piegare il cosiddetto “suono ECM” alla propria estetica musicale, non il contrario. Le sue alchimìe sonore, i suoi intrecci di ritmo e melodia così serrati e nevrotici, sono solo una parte delle infinite possibilità di combinazioni. Non disdegna rimandi alla tradizione indiana, ma non lo fa in senso calligrafico innestandoli in un “unicum” che se fosse un filosofo sarebbero “fenomeni” di un’esposizione sempre d’altissimo livello. Non è un caso che fin dagli inizi della sua brillantissima carriera, egli abbia sempre dovuto confrontarsi con un’ammirazione quasi plebiscitaria e riconoscimenti universali: ricordiamo nel 2012 la quintupla affermazione nel referendum della rivista Downbeat come miglior gruppo, miglior pianista, artista dell’anno, album dell’anno e miglior nuovo talento fra i compositori.

Tyshawn Sorey

Vijay, Linda e Tyshawn sono un trio perfettamente coeso, una “macchina da guerra” in cui la fanteria d’assalto (Vijay) può contare sull’appoggio dell’aviazione (Linda) e dell’artiglieria pesante (Tyshawn). Non servono cavalli di Frisia o linee Maginot: contro un combo così organizzato non esiste difesa poichè le note, le idee, le invenzioni irrompono travolgendo tutto e tutti. Teniamo poi presente che Vijay non nasce pianista ma si converte alla tastiera dopo essere stato iniziato al violino. Non è quindi un virtuoso in senso lato, ma si abbandona, come lui stesso afferma, «a un modo non solistico di improvvisare insieme». E così consolida la propria musica poliforme, variegata, mai ripetitiva, sempre libera.

Inutile citare un brano piuttosto che un altro: Uneasy scorre come un flusso di coscienza al quale ci si deve abbandonare e da cui lasciarsi trasportare. D’ora in avanti, ogni trio pianistico dovrà misurarsi con la prova eccelsa di questo gruppo che, ce lo auguriamo di cuore, non si sarà limitato esclusivamente a questo album.