Si è tentato più e più volte di dare plausibili risposte ai punti interrogativi circoscritti dall’arte di Valerio Adami. A quel sontuoso dipingere le immagini e i pensieri mettendo qua e là, sopra certe tele, parole vergate con squisita calligrafia. Ci hanno provato in ambito filosofico Jacques Derrida, Jean-François Lyotard e Gilles Deleuze; nella storia dell’arte Hubert Damisch e Marc Le Bot; romanzieri del calibro di Italo Calvino, Antonio Tabucchi e Octavio Paz.
Obliquo e verticale, 1991
Eppure, chi meglio dell’artista bolognese, classe 1935, ha saputo immortalare la propria pittura come un enigma «che comincia dove finisce la parola, quando essa non può più dire», descrivendola nei minimi particolari come «una rete di linee e colori a pesca dei nostri pensieri»?
A colui che più di ogni altro ha tramutato la psicanalisi in arte agganciandosi all’estetismo tipico del dandy, la Dep Art Gallery di Milano dedica la mostra Immagine e Pensiero, con 29 opere fra tele kolossal come la spettacolare La nuvola (1991), l’autobiografica The Painter (2007), l’immaginifica La stele e la Bayadère (2009); e lavori degli anni 70 fra cui Ritratto con dedica (1970), Nord Ovest (1972) e Sequenza (1975), che catturano l’Adami idealmente connesso a una Pop Art soprattutto inglese in un mix di corpi che diventano oggetti (e viceversa), design, interni metropolitani.
A moi meme, 1984
Partendo sempre e comunque dal disegno («L’organo genitale dei miei quadri», lo ha più volte definito, identificandolo «a linee ferme, a figure finite, di misurata composizione, che si tenga alla larga da sensi impropri, dal non finito, che non meni il can per l’aia»), l’artista (ultimo dei grandi romantici, mi piace pensare che sia) che negli anni 50 aveva studiato arte antica e neoclassica all’Accademia di Brera milanese, sotto la guida di Achille Funi; e negli anni 60 aveva dato vita insieme a pittori quali Bernard Rancillac, Hervé Télémaque, Eduardo Arroyo, Peter Stämpfli, Gianni Bertini e Peter Klasen alle “mythologies quotidiennes” della Figuration Narrative, padroneggia in assoluta libertà cromatismi saturi, stesi in omogenee campiture, che rinunciano a ombre e a chiaroscuri per ritrarre il conscio, l’inconscio, il sogno, la realtà, la luce, la tenebra, la sensualità, il voyeurismo.
Ogni dettaglio, fisico o mentale che sia, viene da Valerio Adami circoscritto da una densa linea nera e da un incastro “cubista” di piani senza prospettiva. Immagine e Pensiero, in 2 parole. L’una imprescindibile dall’altro. Quadri che non vi basterà guardare, ma che sarete obbligati a contemplare.
Valerio Adami
Immagine e Pensiero
Fino al 14 aprile 2022, Dep Art Gallery, via Comelico 40, Milano
tel. 0236535620
Troi planches pour une parabole (quasi una fantasia), 2009
L’Aile de l’Ange