Di tutti gli album dei Beatles, Let It Be è quello con la reputazione più scoraggiante. Siamo abituati a qualificarlo come “l’album della loro rottura“. Quello in cui i Fab 4 si disfano. Iniziato come prova di un ritorno alle origini, si è trasformato nella loro pietra tombale. Ma questa non è l’intera visione della storia. Let It Be è anche l’album di classici come la title track, Across The Universe, Get Back e Two Of Us. È il disco che ogni volta solleva un quesito: nella loro ora più buia, come hanno fatto John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr a concepire una musica così edificante?

«È un album di conflitti», afferma il produttore Giles Martin, figlio del defunto George Martin. «Nonostante ciò che pensa la gente, non un conflitto all’interno della band ma un conflitto creativo. È il disco più creativamente conflittuale dei Beatles: perché non si sentono abbastanza sicuri di quello che stanno facendo».

Nella musica di Let It Be si percepisce un senso di dolore, ma ci sono anche innegabili momenti di calore, risate, fratellanza radicati nell’amicizia: che si tratti di George che aiuta Ringo a scrivere Octopus’s Garden, o di Paul e John che scrivono I’ve Got A Feeling. C’è qualcosa di così meravigliosamente surreale nell’intero progetto Get Back/Let It Be. Qualcosa che solo i Beatles potevano immaginare.

In occasione del 50° anniversario, Let It Be ricompare in varie versioni: 1 Cd, 2 Cd, 1 Lp, 1 LP (picture disc), 5 Cd + 1 Bluray Super Deluxe, 4 Lp + Ep Super Deluxe. La versione Super Deluxe include inoltre 1 libro con un’introduzione di Paul McCartney, oltre a scritti di Giles Martin, Glyn Johns, di storici beatlesiani quali Kevin Howlett e John Harris, nonché testimonianze fotografiche di Ethan Russell e Linda McCartney. Giles Martin e l’ingegnere Sam Okell hanno remixato l’album in stereo, 5.1 surround DTS e Dolby Atmos.

Londra, Savile Row. I Beatles live sul tetto della Apple Corps

La Special Deluxe Edition comprende un “tesoro” di 4 dischi di outtakes, demo e gemme inedite, inclusa la versione originale di Glyn Johns dell’album Get Back. 3 brani vengono proposti per la prima volta: il nuovo mix stereo di Let It Be, la prima performance di Don’t Let Me Down sul tetto della Apple e la versione originale di For You Blue (presente sull’album Get Back). Ma la vera sorpresa è il modo in cui la musica è soffusa di calore e umorismo. Quando tutti e 4 i Beatles suonano su Oh! Darling, godendo della sua bellezza doo-wop (che consiste nel rinforzare il canto solista con armonie vocali sincopate e cori utilizzati più come imitazione degli strumenti d’accompagnamento che come voci vere e proprie), sembrano raccontare l’intera storia della loro amicizia. Quando John è in procinto di cantare Don’t Let Me Down sul tetto, chiede a Ringo (in modo quasi commovente) il supporto morale nell’intro di batteria: «Fai un bel grande kssssh per me, lo sai. Per darmi il coraggio di entrare urlando».

John Lennon, Mal Evans (Road Manager), Yoko Ono, Ringo Starr e Paul McCartney ai Twickenham Film Studios, 13/1/1969 © Ethan A. Russell / © Apple Corps Ltd. 

Possiamo poi sentirli ridere su quanto odiano le telecamere, o alzarsi la mattina (George esclama: «Siamo del turno di giorno adesso»). Ascoltare Ringo che dice: «Buongiorno a tutti, un altro giorno luminoso. Buongiorno, macchina fotografica». Lamentarsi del cibo, con George che chiede salsa al formaggio per il suo cavolfiore. Lavorare su canzoni che una volta finite entreranno nell’album Abbey Road, come Polythene Pam e She Came In Through The Bathroom Window. Paul aiutare John a scrivere Gimme Some Truth (che farà parte del suo Imagine).

Ma si può anche percepire la rabbia di quando George se n’è andato lasciando il gruppo per una settimana. «Puoi capire perché è incavolato», precisa Martin. «È amico di Eric Clapton, è in giro con la Band e Ravi Shankar, è sposato con una top model. Là fuori, per lui, c’è un mondo molto più felice al di là dei Beatles. Ma qui è bloccato in questi studi (a Twickenham), dove le sue canzoni non vengono ascoltate!». Fra i momenti più belli c’è invece quello di George che convince i compagni a suonare All Things Must Pass. Eppure, viene ancora liquidato come un fastidioso fratellino. Dice Martin: «Harrison non veniva preso sul serio. Scriveva canzoni, ma (metaforicamente) non forniva le portate principali. I suoi pezzi erano solo il dessert. John si riferisce a lui come “Harrisongs” – “Dov’è Harrisongs?” (George aveva creato la sua casa di edizioni musicali). Sono sempre Lennon-McCartney e lui no. Lui è Harrisongs… Questa è la dinamica di Let It Be. George viene ancora considerato un outlier, una persona al di fuori del sistema».

Paul McCartney e John Lennon

In Let It Be, la produzione di Phil Spector è sempre stata molto criticata. Martin spiega: «Mio padre voleva che il credito di produzione fosse Prodotto da George Martin, sovraprodotto da Phil Spector». Notoriamente, in The Long And Winding Road la sovraincisione di archi, arpa e 1 coro non è mai stata apprezzata, specie da McCartney: «Durante il nuovo mixaggio ho detto a Paul: “So che non sei mai stato contento delle sovraincisioni, ma non ha senso non mixare l’album come tutti lo conoscono. Non possiamo davvero cambiare la storia”», è la riflessione di Martin. «Paul ha risposto: “Ok, ma puoi abbassare l’arpa in The Long And Winding Road?”. Quindi sì, c’è un piccolo ritocco: abbiamo abbassato un po’ l’arpa, ma solo quel tanto che si poteva fare».

Glyn Johns ha assemblato l’album originale Get Back, per la prima volta in questa edizione. Si tratta di un documento grezzo e originale di quelle session, così come aveva chiesto la band. Con loro disappunto, però, suonava noioso e squallido. Pertanto, anche se alcuni potrebbero trovarsi in disaccordo, l’intervento di Phil Spector, alla fine, ha la sua buona ragione. Tuttavia, la decisione di lasciare fuori dal disco Don’t Let Me Down, invece di I Me Mine o Dig It, rimane un vero “delitto”.

In Let It Be, i Beatles si sono sforzati di ritrovare (invano) le atmosfere dei loro primi giorni. Ed è questa la motivazione per cui si sono sentiti frustrati. «Ai vecchi tempi di Rubber Soul e Revolver, John e Paul non tornavano mai a casa», spiega Martin. «Erano sempre rinchiusi insieme, a scrivere canzoni. Invece in Let It Be se ne vanno a casa per poi tornare la mattina, spesso senza alcuna canzone in testa. Anche l’idea di “scriviamo un concerto e poi eseguiamolo” (come risulta dai loro dialoghi in studio) è effimera. E lo dimostra Abbey Road (successivo a Let It Be, in termine cronologico di registrazione) che lo renderà un successo. Proprio perché, alla fine, non si è cercato di tornare musicalmente al passato».