Sono trascorsi 17 anni da quando una pattuglia d’artisti di strada si trasferì per la prima volta dal marciapiede al chiuso di un museo. Accadeva a Milano, dall’8 marzo al 25 aprile 2007 in occasione della collettiva Street Art, Sweet Art negli spazi del PAC/Padiglione d’Arte Contemporanea. Pochi mesi prima, il 22 settembre 2006, l’allora Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Vittorio Sgarbi, dopo un sopralluogo al Centro Sociale Leoncavallo ipotizzò di «vincolare questi muri per proteggere i graffiti che vi sono dipinti», definendoli «la Cappella Sistina della contemporaneità».

Ancora lui, il critico d’arte ferrarese, agli inizi di marzo del 2008 e sempre nel capoluogo lombardo dichiarò che «la “o” di Giotto è come un graffito di Bros: se uno lo trova lo tiene, non lo butta via». Si riferiva a 20E20, la personale di Daniele Nicolosi in arte Bros che al Superstudiopiù esponeva 20 suoi graffiti dalle grandi dimensioni.

Blek le Rat, Baguettes, 2020, private collection

Ormai è diventata consuetudine che la Street Art venga inchiodata e appesa alle pareti delle gallerie d’arte e delle istituzioni museali ribadendo che un sempre maggior numero di graffitisti italiani e stranieri è entrato a pieno titolo a far parte del sistema dell’arteufficiale”. Ne sono testimonianze, a Parma e a Milano, 2 esposizioni: fino al 2 marzo, a Palazzo Tarasconi, Street Art Revolution – Da Warhol a Banksy: la (vera) storia dell’Arte Urbana; fino al 23 marzo, alla Fabbrica del Vapore, Visions In Motion – Graffiti And Echoes Of Futurism.

Sorvolando sulla sezione d’apertura dedicata a Andy Warhol, come d’abitudine “specchietto per le allodole ”, Street Art Revolution (curatela di Giuseppe Pizzuto, direzione artistica di Luca Bravo) vede l’arte urbana dialogare/confrontarsi dal punto di vista geografico. Da qui, l’idea di suddividere la collettiva in 4 percorsi scanditi da altrettante linee di un’immaginaria metro : M1/Stati Uniti d’America, M2/Francia, M3/Regno Unito, M4/Europa.

Nei sotterranei di New York, gessetto fra le dita, Keith Haring dà clandestinamente corpo ai suoi Subway Drawings, che elabora sugli spazi neri riservati alla pubblicità. Ma è il suo Fiorucci Wall l’opera più eclatante di questa mostra: fluorescente, dipinto fra il 1983 e il 1984 per lo store di Elio Fiorucci in Galleria Passarella, San Babila, Milano, è un concentrato di Action Painting e di Graffitismo che ingloba la sigla e il tratto di LA II, al secolo Angel Ortiz, giovane collaboratore dalle origini portoricane.

Shepard Fairey, Ideal Power, 2018, Courtesy Artist ObeyGiant.com, photo: Jon Furlong

Newyorkese è JonOne, poi trasferitosi a Parigi, in mostra con una serie di lavori a inchiostro e spray su carta influenzati dall’Espressionismo Astratto caro a Jackson Pollock, mentre Obey (Shepard Fairey, conosciuto a livello planetario per merito di Hope, il manifesto realizzato nel 2008 in occasione della campagna elettorale di Barack Obama) si distingue per la perizia grafica e la minuziosità pittorica, in grado di mixare elementi propagandistici, pubblicitari e politici. L’opposto del franco-americano Terry Guetta, in arte Mr. Brainwash: disimpegnato e paraculo nel gettare su tela, un po’ alla rinfusa, Graffiti e Pop Art; Charlie Chaplin e Mickey Mouse; Albert Einstein, Campbell’s Soup warholiane e Banksy.

Dalla Francia proviene il parigino Blek le Rat, padre della tecnica dello stencil e inventore di quei ratti neri che tanto hanno suggestionato e ispirato Banksy, il quale in tutta onestà l’ha ammesso. In esposizione, discorso a parte, una sua Lady Madonna con tanto di bomboletta spray da passare al Bambino come fosse un biberon. Jef Aérosol, da Nantes, si distingue invece per gli iconici ritratti in bianco e nero (Andy Warhol and Edie Sedwick; Jim Morrison) a contrasto col dripping iper colorato degli sfondi, mentre Invader punta le sue carte sui mosaici stile Space Invaders, il videogame degli anni 80; e sul Rubikcubism, facendo buon uso dei cromatismi del ben noto poliedro.

Pure Evil, Brexit Nightmare – Monochrome Madness, 2019, © Pure Evil

Se la Street Art del Regno Unito ha visto crescere le proprie quotazioni con Banksy (del sempiterno sconosciuto la mostra offre il suo stencil più iconico, Balloon Girl) il gallese Pure Evil (all’anagrafe Charles Uzzell-Edwards) e il londinese D*Face (Dean Stockton) rappresentano 2 valide alternative: il 1° con la sua Pop Art stradaiola che trova la massima ragione d’essere nella serie Nightmare (in mostra Brexit Nightmare – Monochrome Madness che ritrae una giovane Queen Elizabeth col viso rigato da una parossistica, plumbea lacrima che fuoriesce dalla tela spandendosi sul pavimento), il 2° con il suo stile aPOPcalittico che ricorda Roy Lichtenstein ma in versione disfunzionale e dark.

Orticanoodles, #5, 2019, © Wunderkammern

La Street Art d’Europa, su 9 nomi selezionati ne vede 6 italiani: i siculo – lombardi Microbo & B0130 con i loro filamentosi, microbiotici lavori su carta e su legno; il duo Sten Lex (Roma e Taranto) legato all’Astrattismo e al punto di vista Optical; Biancoshock, milanese, che documenta con scatti fotografici e video l’Ephemeralism delle sue installazioni urbane (strepitoso Borderlife, tombino cimiteriale che svela il kitsch di un interno domestico); Hogre, romano, (ri)scopritore del mostruoso umanoide di un videogioco primi anni 2000; gli Orticanoodles di Walter Contipelli (Wally) e Alessandra Montanari (Alita) con i loro progetti d’arte urbana partecipativa come OrMe (quartiere Ortica, Milano) e i loro acrilici e pittura spray su legno.

Sten Lex, Deserto con vento, 2019, © Wunderkammern

Dall’Olanda, dal Portogallo e dalla Spagna ecco infine The London Police di Chaz Barrison e Bob Gibson, artefici di un visionario microcosmo dai connotati grafico-fumettistici; Alexandre Farta in arte Vhils – minuzioso facitore d’incisioni a bassorilievo che ricordano certi decollages di Mimmo Rotella – il quale graffia e scrosta i muri svelando ritratti stratificati; il duo PichiAvo, che fonde fin nei minimi dettagli Mitologia, Tags e Graffiti con nitidezza e colori fiammeggianti.

Fortunato Depero, Il motociclista solido in velocità, 1940, collezione privata, Milano

150 opere provenienti da collezioni private, 37 documenti storici, 23 Graffitisti, 16 Futuristi. È con la forza persuasiva di questi numeri che la mostra antologica Visions In Motion, curata da Carlo McCormick in collaborazione con Edoardo FalcioniMaria Gregotti pone l’accento su 2 movimenti artistici del 20° secolo: il Futurismo italiano, nato nel 1909 sulla stesura del Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti; il Graffitismo americano, “tatuato ” sui treni a Filadelfia nei tardi anni 60 ed esploso negli anni 70 come parte della sottocultura dei ghetti di New York. Ad accomunarli è l’atto del creare che diviene strumento per innescare tutto ciò che è veloce, potente. Se i Futuristi utilizzano il pennello, i Graffitisti agitano la bomboletta spray ed entrambi “combattono ” affinchè il futuro non sia un punto d’arrivo, ma un fluire continuo d’energia. E Graffiti And Echoes Of Futurism? Il sottotitolo di questa esposizione spiazzante e rivoluzionaria non fa che avvalorare la storica comunione d’intenti.

Keith Haring, Best Buddies, 1989, collezione privata

La sezione DINAMISMO indaga il mito della velocità intesa come pittura (Futurista) che si lancia in avanti oltrepassando il quadro; e spray (Graffitista) che a sua volta si tramuta in ritmo, gesto: Ciclista di Gerardo Dottori, si confronta con Visions In Motion di John “CRASH” Matos; Forze aeroplano Caproni di Giacomo Balla, dialoga con Futurist Daze di Chris “DAZE” Ellis. DINAMISMO è anche metamorfosi della figura umana: Mario Sironi (Testa Futurista), Umberto Boccioni (Testa della madre) e Leonardo Dudreville (Senso) da una parte, Jean-Michel Basquiat (Reclining Figure), Lee Quiñones (Distorted Artist) e Keith Haring (Best Buddies) dall’altra.

Gerardo Dottori, Ciclista, 1916, collezione privata, Milano

COLORE è sinonimo di energia e di libera espressione: Giacomo Balla (Futurfarfalla) e Kenny Scharf (Los Niños Y Las Niñas), Fortunato Depero (Ciz Ciz quaglia) e Lady Pink (Sunflower); di cromatiche forme spaziali fra astrazione e visione: Marcello Baldessari con Natura morta con tovaglia e Futura 2000 con Backstory; Leonardo Dudreville con Ritmi emanati da Antonio Sant’Elia e Kenny Scharf con Starsearch.

Lady Pink, Sunflower, 2016, collezione privata, Milano

Giacomo Balla, Futurfarfalla, collezione privata

CITTÀ è la metropoli che sale di Antonio Sant’Elia e del suo Schizzo per la nuova Stazione di Milano; dei Sobborghi dipinti da Leonardo Dudreville e della musica/battito urbano di Chris “DAZE” Ellis (Inner City Soundtrack) e di John “CRASH” Matos (Serenade N°1).

RIBELLIONE si concentra sulla parola e sull’immagine, in funzione di un unico linguaggio: nel Graffitismo è il tag, che rivendica un proprio spazio (Steven “BLADE” Ogburn con Bladesplosion, Part One con Cut 5); nel Futurismo è la parola stessa a tradursi in strumento sonoro: Cabiria – D’Annunzio – Futursuccesso (Futurciotti, al secolo Giuseppe Ciotti), Primavera Italiana (Marcello Baldessari).

Chris “DAZE” Ellis, Inner City Soundtrack, 2016, collezione privata, Milano

ECO, nel dialogo fra Graffitismo e Futurismo, ha modo di specchiarsi in Haze (Domino Factory #1) e in Carlos “Mare139” Rodriguez (Battle In The Cipher) che reinterpretano in chiave urbano/contemporanea l’estetica di Filippo Tommaso Marinetti.

È il gran finale di una mostra imperdibile, che fra i suoi meriti ha anzitutto l’illuminazione (la luce è ossigeno sia per i Graffiti, sia per le pitture Futuriste) mai così appropriata nell’evidenziare, accarezzandolo, ogni singolo capolavoro.

Sonic Bad, World War III, 2020, collezione Arena Studio d’Arte

Street Art Revolution
Da Warhol a Banksy: la (vera) storia dell’Arte Urbana
Fino al 2 marzo 2025, Palazzo Tarasconi, strada Luigi Carlo Farini 37, Parma
tel. 3513725829
Catalogo € 15

Visions In Motion
Graffiti And Echoes Of Futurism
Fino al 23 marzo 2025, Fabbrica del Vapore, Spazio Messina Due, via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano
tel. 3513364334
Catalogo Silvana Editoriale, € 37