Che notte magica, quella all’Arena Shakesperare di Parma! È andato in scena il concerto-reading intitolato Shadows. Omaggio a Chet Baker, fra le luci e le ombre di un vissuto ad “Arte” del trombettista americano, come da lui descritto nell’autobiografia Come se avessi le ali. Le memorie perdute (minimun fax, 127 pagine, € 15). Un manoscritto ritrovato a 10 anni dalla sua tragica e per certi versi misteriosa morte avvenuta ad Amsterdam il 13 maggio 1988 dopo un volo da una finestra del Prins Hendrik Hotel.

L’atmosfera viene subito creata dal carismatico attore Massimo Popolizio, sublimando la declamazione dei versi del grande progenitore del cool jazz della West Coast. A materializzarsi sul palco è un talentuoso e inconsueto trio, grazie al ben collaudato sodalizio del trombettista Fabrizio Bosso e del pianista Julian Oliver Mazzariello, che intraprende un viaggio nel vissuto di Chet Baker: destino “beatnik ” alla Jack Kerouac, autodistruzione consumata fra alcol e droga, un perenne girovagare alla ricerca di una pur sempre viziosa libertà. Come la sua Jaguar, lanciata sulla Route 66 a 6.800 giri.

Lo spirito musicale di Chet ci ha accompagnati all’ascolto e alla scoperta di una parte del suo repertorio – le emozionanti note di Shadows e dell’immortale My Funny Valentine – ma non solo: l’esecuzione da brividi, cioè, di So What di Miles Davis, con il suono lieve della tromba di Bosso incisivamente accompagnata dal pianoforte di Mazzariello.

La gestualità e l’interpretazione di Popolizio hanno catturato l’attenzione del pubblico, soprattutto quando ha raccontato un episodio topico del jazzista: uno degli svariati tentativi di disintossicarsi a San Miguel Island, in California, prigioniero di una muta da palombaro, che sta per sprofondare in un abisso psicofisico. Bosso e Mazzariello, a questo punto, si sono trasformati in rumoristi elaborando i suoni di sottofondo: un susseguirsi di alti e di bassi che hanno interagito con le parole di Popolizio, come se si trattasse di un unico spartito musicale. L’intesa fra i 3 si è rivelata totale: zero incertezze, ognuno ha rispettato a meraviglia i tempi d’esecuzione; ed è stata la parola stessa a farsi strumento (a parte un moscerino screanzato, che all’improvviso si è infilato nell’ugola dell’attore).

Fabrizio Bosso, Eleonora Tarantino e Julian Oliver Mazzariello
© Umberto Vitali

La vita di Chet Baker è stata una folle corsa per trovare un posto nel mondo, recitata in alcune parti dei 13 capitoli scritti fra gli anni 50 e 60 dentro e fuori dal carcere per possesso di stupefacenti, donne da una parte all’altra dell’Atlantico, fino all’approdo in Italia. Soggiorno ben pagato, che ha visto il trombettista nativo di Yale dividersi fra concerti, session di studio e una particina dentro una vasca da bagno nel “musicarello Urlatori alla sbarra del 1960.

Shadows. Omaggio a Chet Baker si è concluso fra le ovazioni, ma un bis ci ha colti di sorpresa. Il fantastico trio è rientrato in scena fra le note e le parole di Bomb, del poeta “beatnik Gregory Corso (1930-2001). E io mi sono sciolta non dal caldo ma dall’emozione perché Bosso, Mazzariello e Popolizio hanno incosapevolmente “captato” le mie passioni: di recente la musica jazz (da ex discografica del pop quale sono stata), da sempre i protagonisti letterari della Beat Generation. In un istante, mi sono immaginata in un fumoso club nel Greenwich Village di New York. Grazie Fabrizio, Julian Oliver, Massimo!