Quando ho visto che Monty Alexander era in cartellone al Blue Note di Milano, mi sono subito detto che non dovevo assolutamente perderlo. Influenzato da Louis Armstrong, Erroll Garner, Nat King Cole, Oscar Peterson, Ahmad Jamal, Les McCann e Frank Sinatra, Monty è un pianista jazz nativo di Kingston (Giamaica) e naturalizzato americano che spazia dallo swing al be-bop jazz, fino alle melodie.

Monty Alexander (a destra) con il contrabbassista Luke Sellick

In carriera ha inciso più di 70 album ed è uno di quei rari pianisti capaci di trasformare ogni esecuzione in un qualcosa di travolgente, tenendo chi lo ascolta col fiato sospeso in attesa della risoluzione delle sue volate sui tasti. Il suo innato virtuosismo, infatti, lo pone in quel ristretto circolo di pianisti in grado di ottenere dalla tastiera qualunque cosa.

Ma ciò che lo contraddistingue dagli altri è l’origine caraibica, che emerge in modo inconfondibile dalla sua tecnica dando una vivacità incontenibile e colori solari alla sua musica: bop o swing, blues o gospel, calypso o reggae che sia. Ecco il motivo per vedere dal vivo almeno una volta nella vita questo entertainer dalla classe smisurata, scoperto da Frank Sinatra che nel 1961 gli fece ottenere un ingaggio continuativo al Jill’s di New York, dove oltre a suonare con The Voice Monty Alexander ebbe modo d’esibirsi con Tony Bennett, Ray Brown, Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Clark Terry, Quincy Jones, Ernest Ranglin, Barbara Hendricks e Bill Cosby.

Jason Brown
© Alessandro Curadi

Al Blue Note era affiancato da Luke Sellick al contrabbasso, da Jason Brown alla batteria e con quest’ultimo ha palesato un incredibile feeling fatto di sguardi e cenni d’intesa per un frizzante ed energetico viaggio nella storia del jazz e delle più influenti canzoni degli ultimi 60 anni.