Ci vuole forse una certa fortuna per vivere una vita lunga e bella come quella di Milton Glaser. O forse, meglio, bisogna sapersela conquistare. Certo cominciare col nascere in una famiglia ebraica (di origine ungherese) il 26 giugno 1929 nell’ombelico del mondo, cioè New York, può aiutare; come pure frequentare la Cooper Union, la migliore scuola di grafica al mondo. Nel 1951, vincendo una borsa di studio per l’Accademia d’Arte di Bologna, il giovanotto yankee sbarca nel Paese della bellezza e della creatività: ha la possibilità di studiare con il maestro Giorgio Morandi e di scoprire la grande arte italiana del Rinascimento. Probabilmente è proprio in quel 1° soggiorno in Italia che capisce come qualsiasi professione artistica nasce sì dalla capacità d’immaginare, ma anche dall’attenzione per i minimi dettagli e per gli oggetti più umili che giorno dopo giorno servono a costruire il mestiere.
Poster per il Bob Dylan’s Greatest Hits (Columbia Records, 1966)
Al ritorno nella Grande Mela, Glaser fonda il suo studio grafico: un’officina di idee, una leggenda e non a caso la battezza nel nome del più insignificante strumento di lavoro: la puntina da disegno. Nel Push Pin Studio, concepito come una bottega d’artista del ‘400 nostrano, prende il via la più straordinaria avventura della grafica moderna; accanto a lui lavoreranno altri indiscussi talenti e il suo successo proseguirà fino ad arrivare al nuovo millennio, ma soprattutto lascerà un segno indelebile sui 3 decenni più esaltanti e più creativi del secolo breve (cioè i 50, i 60, i 70).
Proprio nel 1970 i lavori più significativi del Push Pin Studio sono stati celebrati in una grande collettiva al Musée du Louvre: per la prima volta in Europa, un indiscusso tempio dell’arte ospitava i lavori di Milton Glaser e dei suoi collaboratori. Manifesti, logotipi, copertine di dischi e di libri, oggetti d’uso comune che diventavano testimonianze di un’inventiva senza confini, di un’originalità artistica calata nel quotidiano. A supportare l’iniziativa parigina c’era anche una grande impresa italiana, da poco divenuta cliente del Push Pin Studio. Infatti nel 1968 la Olivetti gli aveva commissionato la campagna pubblicitaria della macchina per scrivere Valentine progettata dal designer Ettore Sottsass; e Glaser aveva realizzato un manifesto che riprendeva il particolare di un cane tratto da uno dei più celebri dipinti di Piero di Cosimo (La morte di Procri) accanto a cui compare una scintillante Valentine rossa. Ma che formidabili anni erano quelli! (Nessun appello alla nostalgia, solo la constatazione di una terribile distanza).
In quei giorni, a Milano, il sottoscritto viveva l’avventura di un mensile progressive, Gong, che per la sua grinta battagliera e sfacciata molti ragazzi di allora ancora ricordano. M’interessavo soprattutto di musica e letteratura, ma lavoravo come caposervizio fianco a fianco del responsabile grafico, Mario Convertino, che era un fan scatenato di Glaser. Quasi per caso avevo ricevuto l’incarico di tradurre per la Rizzoli la prima importante pubblicazione dell’illustratore americano, Il mestiere del grafico: un volumone pieno di immagini, con poco testo e molte didascalie. Non era un lavoro lungo, ma data la presenza di molti termini tecnici brancolavo spesso nel buio. Ricordo ancora una lunga e faticosa telefonata con John Alcorn, uno dei suoi collaboratori e allievi che in quel tempo lavorava a Firenze. Nonostante tutto, provo ancora un certo senso di colpa per le numerose inesattezze della mia traduzione. Però è grazie a quei giorni che ho scoperto la grandezza di quel geniale ebreo newyorkese, l’allegria di vivere, il senso dell’umorismo, la gioia del colore sempre presenti in ogni manifestazione del suo immaginario.
Dettaglio del manifesto dedicato al Saratoga Festival 1980
Certo nel suo mestiere non è indispensabile possedere una vasta cultura; ma lui aveva anche quella, eccome! Memorabile la sua passione per Piero della Francesca (ha voluto partecipare con una serie di acquarelli alla celebrazione del 5° centenario della morte del grande artista aretino); ma conosceva tutta la storia dell’arte, compresi ovviamente i contemporanei. Aveva una profonda conoscenza della letteratura (specie della tradizione yiddish), ma seguiva anche l’evoluzione della musica moderna. Tra i suoi poster più famosi ci sono festival rock e musical di Broadway. Nella copertina del librone, che ho prima menzionato, c’è l’immortale ritratto di Bob Dylan con il profilo in nero alla Marcel Duchamp e la capigliatura multicolore hippie. E il cuore rosso del suo celebre logo “I love N Y” preannuncia con decenni di anticipo la moda degli emoticon.
Copertina per l’edizione speciale del Time Magazine, 7 novembre 1969
Il 26 giugno 2020, giorno del suo compleanno, Milton Glaser (alla bella età di 91 anni) se ne è andato per sempre da questo mondo, ma lo ha lasciato enormemente più ricco di idee e di colori. Molte sue opere originali sono esposte al MoMA o in altri musei. Ma forse è più significativo che tanti suoi poster abbiano decorato la camerette di ragazzi e ragazze di ogni parte del mondo. E non di una, ma di parecchie generazioni.
Poster del film Zabriskie Point diretto da Michelangelo Antonioni, 1970