Un ritorno al passato che non ha nulla della fuga. Piuttosto, una consapevole riflessione sulla necessità di riconnettersi a una dimensione personale, intima e primitiva, nella quale il concetto di genuinità non coincide con un rifiuto di ciò che viviamo oggi, ma con la necessità di ripensare il tempo e gli infiniti modi in cui possiamo valorizzarlo. Con uno sguardo giovane, lucido, vivido.
Realizzato nel corso di alcuni festival che si sono svolti in Ontario durante l’estate 2023, The Road Back Home di Loreena McKennitt nasce dalla necessità di dare una veste discografica a una serie di eventi straordinari per il grado d’intimità che sono stati capaci di stabilire fra la musicista canadese, il suo ensemble e un pubblico sempre più incline a vivere l’esperienza del concerto come un momento di condivisione profonda: come quella che s’instaura quando si partecipa a un rito, a un’esperienza purificatrice alla fine della quale si rientra nel quotidiano pervasi da un’energia indescrivibile.
Loreena McKennitt
© Richard Haughton
Una prova che riporta McKennitt a riflettere sulla musica come spazio tangibile, zona franca in cui trovare ristoro e protezione; un modo di “sentire ” la musica che l’ha spinta a rielaborare insieme ai Bookends alcuni brani del folklore e della tradizione celtica che non suonava più dai tempi dei suoi esordi. Episodi come Mary And The Soldier, che si affiancano a classici ormai “acquisiti ”, entrati di diritto nel suo repertorio come Bonny Portmore, delicata ma al contempo decisa riflessione sul rapporto fra l’uomo e la natura che l’accompagna dai tempi di The Visit (1991), album che fra le altre cose sta portando in tour in una doppia celebrazione che condividerà anche con l’Lp The Mask And Mirror (1994).
Una prova nella quale la delicata voce di Loreena McKennitt tesse incantesimi benevoli e rigeneranti, supportata dalle magiche armonie che violino, chitarra, bodhràn, pemperino, mandolino e banjo condividono nello spazio di un disco che si configura come vero e proprio percorso di guarigione. Folk, celtica e world music che si legano come in un nodo celtico a individuare nel suono il suo potere più profondo e liberatorio, fra ballate, partiture eteree e danze che rincorrono nella loro frenesìa la stessa vitalità che la natura condivide con gli animali selvatici e le creature del bosco.
Opera ricca di sfumature, The Road Back Home ci porta per mano lungo i sentieri del tempo a riscoprire, in brani come Bonny Portmore, il frastuono che fa una quercia secolare che cade e di come la sua eco si diffonda nel canto di merli, pettirossi e storni, che dovrebbe essere anche il nostro.