C’eravate il 30 giugno 2005 al Conservatorio di Milano, oppure il giorno dopo alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma? Se la risposta è affermativa, ricorderete probabilmente con molto affetto il tour finalmente documentato in modo ufficiale, 16 anni dopo, da una registrazione audio e video su doppio Cd e Dvd effettuata qualche mese prima, il 29 aprile, allo State Theater di New Brunswick (New Jersey) e ora messa in distribuzione dall’etichetta statunitense Cleopatra. È il souvenir di una singolare rappresentazione in 3 atti dove 2 geniali “cani sciolti” del pop contemporaneo, Joe Jackson e Todd Rundgren, eseguivano 1 set a testa preceduti dal quartetto d’archi “post classico” newyorkese degli Ethel (Ralph Farris alla viola, Dorothy Lawson al violoncello, Kip Jones e Corin Lee ai violini).
Joe Jackson, Hammersmith Apollo, Londra, 5/6/2005
Una performance lunga e articolata, 31 pezzi in scaletta, che questo “combo” audio+video riproduce per intero: “warts and all”, come dicono gli americani. Stecche e imperfezioni comprese, restituendo l’autenticità di uno spettacolo che per quanto studiato restava sempre sul filo dell’estemporaneità e dell’umore del momento. È così che lo ricordavamo ed è così che State Theater New Jersey 2005 ce lo restituisce.
Le strade di Jackson e di Rundgren si erano già incrociate 1 anno prima, il 24 aprile 2004, quando nel piccolo club Joe’s Pub di Manhattan l’inglese (da oltre 20 anni newyorkese acquisito) aveva partecipato alla riproposizione dal vivo di un musical del “mago di Filadelfia“, Up Against It!, che proprio allora compiva 15 anni. Si erano trovati così bene, in quella circostanza, che nell’estate dello stesso anno, con gli Ethel, si erano esibiti insieme anche al Delacorte Theater di Central Park, all’aperto, per poi intraprendere l’anno successivo un tour mondiale di 50 date iniziato il 13 aprile a Melbourne in Florida (con una esibizione talmente traballante da parte di Rundgren da costringerlo a scusarsene pubblicamente) e concluso trionfalmente il 5 luglio a San Sebastián in Spagna.
Todd Rundgren, Hammersmith Apollo, Londra, 5/6/2005
I 2 Cd e il Dvd ci riportano dunque alle prime settimane della tournée, quando qualche meccanismo probabilmente doveva ancora essere oliato e il motore messo a punto; anche se il calore, il senso di divertita partecipazione e l’originalità della struttura dello show sono già carte vincenti. Iniziano gli Ethel, con un set di 5 brani che mettono in mostra il loro turbinoso e virtuosistico dinamismo (gli oltre 6 minuti iniziali di Nepomuk’s Dances: Memory), tra neoclassico e avanguardia, in un progetto sonoro avventuroso e intrigante che ingloba suggestioni orientali (Alap), folk song britannica e square dance americana (Pelimanni’s Revenge), dissonanze e ritmi incalzanti (Sweet Hardwood: Spiritual), persino blues da camera (Sweet Hardwood: Shuffle).
Poi tocca alle 2 star. Jackson, voce e pianoforte, appare rilassato, composto e compassato; Rundgren, fra chitarre e tastiera, più passionale, spericolato e a tratti sgangherato. L’inglese ha vita più facile, forse, con canzoni pianistiche che anche in versione “unplugged” e senza l’accompagnamento di una band conservano l’essenza del loro robusto impianto melodico e armonico. Va sul sicuro con la nostalgica Hometown, commovente omaggio alle radici e all’adolescenza; e con la love ballad Be My Number Two, mentre in Steppin’ Out si avventura in un falsetto che rischia di farlo scivolare dal pentagramma e in It’s Different For Girls attacca la strofa in una tonalità molto più bassa del solito.
Jackson & Rundgren, Carre, Amsterdam, 11/6/2005
Sono probabilmente piccoli accorgimenti adottati per evitare la noia della ripetitività; e che alterano un poco la fisionomia di alcuni dei suoi brani più conosciuti. 2 anni prima era uscito il 4° album della Joe Jackson Band, Volume 4, e da lì JJ pesca il pop secco e veloce di Awkward Age e di Take It Like A Man, oltre al valzer di Love At First Sight. L’aggressiva Obvious Song è una bella ripresa dal sottovalutato Laughter and Lust del 1991; Citizen Sane l’anticipazione di 1 pezzo allora inedito che 3 anni dopo verrà proposto sull’album Rain; Girl, una leggera e piacevole rilettura beatlesiana che Jackson condisce ironicamente di sospiri prima di chiudere la sua parte con il 1° successo in carriera, Is She Really Going Out With Him?, in una versione in souplesse confezionata per far scattare il canto di risposta, le reazioni e i battimani del pubblico.
Una gentile concessione alla platea e un momento di intrattenimento estemporaneo, più o meno come quando nel set successivo Todd Rundgren seduto al pianoforte intona (e a volte stona) arrampicandosi sulle note della sua hit Hello, It’s Me preceduta da un’introduzione teatrale («Ora che mi avete assecondato, vi meritate che sia io ad assecondare voi»). Anche lui ha modo di giocare con un repertorio vastissimo, ovviamente. E accompagnandosi con una chitarra acustica amplificata, inizia svariando tra il “singolo radiofonico virtuale” Love Of The Common Man; una gemma pop soul dal capolavoro A Wizard, A True Star (I Don’t Want To Tie You Down) e 1 pezzo degli Utopia (l’AOR di Lysistrata), prima di proporre 2 selezioni dal periodo di Healing (1981), con la voce ricca di eco in Tiny Demons e la ballata Compassion eseguita al piano.
Meno stabile ma ancora più versatile di Jackson, Todd presenta a sua volta 1 inedito (lo scanzonato motivetto da musical di Free, Male And 21 uscirà nel 1997 sulla raccolta di demo Up Against It!), imbraccia un ukulele hawaiano per Bang The Drum All Day (il suo irresistibile inno all’ozio che evoca la classica The Lion Sleeps Tonight) e la chitarra elettrica per le svisate hard/metal di Black And White, legando poi tematicamente un pezzo dall’allora recente Liars (Afterlife) a un altro classico degli Utopia (la filosofica The Wheel).
Bello, divertente, anche emozionante. Ma il pezzo forte, come ricorderanno gli spettatori di allora, erano e restano i bis, quando gli Ethel accompagnano Jackson con eleganti contrappunti in The Other Me e Rundgren in Pretending To Care, prima che i 6 musicisti si ritrovino finalmente tutti insieme sul palco per il gran finale: una vitale e incalzante While My Guitar Gently Weeps, il classico harrisoniano dal White Album dei Beatles in cui Todd canta le strofe e Joe il ritornello; e una versione più che convincente di Black Maria, inno hard rock firmato Rundgren in cui sono i violini a lanciarsi in assoli stridenti. Ad ascoltarle cresce anche un po’ di rimpianto: peccato che, in quella occasione speciale e mai ripetuta, i 2 cantautori e i loro compagni di ventura non abbiano interagito di più sul palco.