Il 1997 scannerizzato da un David Bowie dressed by Union Jack a colpi bassi di jungle, techno e drum & bass. Il post 1.Outside si sostanzia nei solchi di Earthling e le scosse atmosferiche di quel disco – ingiustamente sottostimato e foriero di pezzi fra i migliori in carriera come Seven Years In Tibet, Telling Lies e I’m Afraid Of Americans – si sono rimaterializzate 23 anni dopo con l’extended play Is It Any Wonder?: 6.000 copie in versione 12’’ e 4.000 in Cd pubblicate in tutto il mondo ed esaurite come si suol dire “in un amen“.

Bene ha fatto chi si è assicurato per tempo questi 6 brani che sono un gran bel sentire, incisi da Bowie in quei tempi da “terrestre” (Earthling significa proprio così) ed eseguiti con la sua più che consolidata band composta da Reeves Gabrels (chitarra), Gail Ann Dorsey (basso), Mike Garson (piano), Mark Plati (tastiere) e Zachary Alford (batteria) con la partecipazione straordinaria, in The Man Who Sold The World, di Brian Eno (backing vocals), Carlos Alomar (chitarra) e Peter Schwartz (sintetizzatori).

Si parte da Baby Universal ’97, aspra e magistrale alchimìa di industrial rock e archi campionati dove una volta sussultava un revanchismo glam rock. Baby Universal, infatti, nasce in Tin Machine 2 (1991), viene reincisa/reinventata per Earthling, rimossa dal master finale dell’album ma vivaddìo recuperata per questa inappuntabile tracklist dove davvero non esistono farlocchi. L’origine di Fun (Clownboy Mix), trip hop rumorista con un’imprevedibile coda acustico-minimale, va invece rintracciata nel restyling di Fame che sarebbe dovuto andare in scena, intitolato Is It Any Wonder? (da un verso della canzone) nel club set dell’Earthling Tour. Composta da Bowie e da Reeves Gabrels senza alcun riferimento al blockbuster di Young Americans (1975), registrata alla Factory di Dublino a inizi 1997 durante le prove della tournée, rilavorata da Mark Plati e Gabrels a New York nel febbraio 1998, intitolata Funhouse dal chitarrista e infine convertita da Danny Sabre in Clownboy Mix, è apparsa su un Cd-Rom esclusivo riservato a chi si abbonava a BowieNet.

Chi come il sottoscritto va ancora in sollucchero ogni volta che ascolta Stay, brano di punta di Station To Station (1976), non potrà che appassionarsi a Stay ’97 (idem come sopra: incisione dublinese, rehearsal dell’Earthling Tour) che funk rimane, ed è giusto così, ma qui è tutto più smodatamente ispido, più cacofonicamente attrattivo. Repertorio Tin Machine di nuovo sugli scudi con I Can’t Read ’97, reinvenzione della muscolarmente rockettara I Can’t Read (1989) candidata a far parte di Earthling ma sostituita all’ultimo istante con The Last Thing You Should Do, che sfoggia un flusso melodico-ambient e uno spleen di chitarre acustiche da brividi. Non per nulla Bowie la considerava come la sua miglior versione solista.

Semi strumentale inedito, fusione a freddo di drum & bass, jungle, afrori di world music e spoken word bowiana decisamente post 1.Outside, Nuts – a firma Bowie, Gabrels, Plati – viene incisa nelle ultime session di Earthling (novembre 1996), mentre il sincopato e avvolgente trip hop di The Man Who Sold The World (Live Eno Mix) che chiude più che degnamente Is It Any Wonder? scoprendosi addosso i battiti cardiaci di basso e batteria, viene inciso da Brian Eno il 30 ottobre 1995 ai Westside Studios di Londra, rimodellato con overdub, missaggi, backing vocals, un sonar blip e pubblicato come doppio lato A di un singolo in vinile verde, per poi entrare a pieno titolo nelle sperimentazioni live dell’Outside Tour.