Il 20 dicembre dell’anno scorso ci ha lasciati Andrea G. Pinketts e mi piace scrivere di un mio ricordo personale. L’ho conosciuto indirettamente nel 1999 perché aveva generosamente sostenuto e presentato il primo libro di Cosimo Argentina, intitolato Il cadetto. Me lo ricordo grande e grosso, con le sue battute paradossali, quel “senso della frase” che poteva anche essere fine a se stesso ma che stupiva sempre per l’intelligenza che spargeva a piene mani, il calice di rosso e il sigaro in mano, la voce da orco. Di lui intuivi la profonda bontà d’animo, se non altro perché in un mondo spesso invidioso quale è quello letterario, era lì a presentare solo per amicizia un autore all’epoca esordiente.
L’ho rivisto in altre occasioni, quasi sempre alle presentazioni di altri romanzi di Cosimo Argentina e nel frattempo, attratto dalla genialità dei suoi titoli avevo cominciato a leggere alcuni dei suoi scritti, in particolare Il vizio dell’agnello (noir fenomenale) e per due volte Il conto dell’ultima cena, talvolta prolisso ma che non puoi fare a meno di gustare fino all’ultima pagina. E da quel momento non ho potuto evitare passando in via Washington, a Milano, di pensare a lui.
Nel 2006 la première di Brianza vigila Bolivia spera di Argentina al bar La Giara di Cesano Maderno, vedeva Pinketts in veste di presentatore e il sottoscritto di moderatore in una sorta di dibattito che avrebbe avuto luogo per l’occasione. Era un caldo pomeriggio di giugno e le ultime notizie lo davano spaparanzato con bicchierone di rosso e sigaro su una spiaggia della Liguria completamente dimentico dell’impegno. Il bar iniziava a riempirsi, si cominciava a temere per la riuscita dell’evento, io stavo già pensando a come improvvisare ma poi ci è giunta notizia che era arrivato a Milano ma non voleva più raggiungerci; o meglio, sarebbe venuto ma qualcuno doveva andare a prenderlo al Trottoir, il “suo” bar che mi piacerebbe venisse un giorno trasformato in Museo Pinketts com’è successo per la casa di Alda Merini. La cosa si è risolta perché una ragazza, fra le innumerevoli che gli ruotavano attorno, si è offerta di accompagnarlo alla presentazione (Pinketts non aveva mai voluto prendere la patente di guida). Mi sia concesso un brevissimo inciso: ha vissuto circondato da donne senza essere ricco; e quando le donne circondano uno che non è ricco, sono la prova migliore del valore che ha l’uomo in questione.
Quando è arrivato, in tenuta balneare, camiciola e bermuda, ha chiesto subito un bicchiere di vino. Non so se si ricordasse di me ma con la sua voce roca, dove l’accento milanese apriva ancora di più le vocali, ha apostrofato i miei pantaloni dicendo che sembravo in pigiama. Al che io gli ho risposto che lui sembrava rimasto in spiaggia. Ci siamo sistemati e io non sapevo bene come gestire la cosa dal momento che era palesemente ubriaco. Ho introdotto i due scrittori, Cosimo Argentina ha detto qualcosa sul suo libro e poi è stata la volta di Pinketts con uno sproloquio piuttosto delirante in cui, prendendo spunto da alcuni passi del libro, si è messo a spiegare che tutti sono «terroni di qualcuno, anche gli esquimesi». Al che ho temuto per i suoi neuroni, poiché essendo notoriamente gli esquimesi a nord di tutti, non sono terroni di nessuno.
Eppure, come per incanto, più beveva e più il suo ragionare e periodare si facevano lucidi. Si è messo a disquisire del libro con competenza, lo ha lodato con sincerità e quando intervenivo per alcuni chiarimenti o puntualizzazioni, ha risposto sempre in modo gentile e appropriato. Si è messo pure a leggere qualche brano e miracolosamente (non so quanti centilitri di alcool avesse già nel sangue) la sua voce era impostata e priva di quell’impastamento che smaschera chi è ubriaco; ma era inevitabile che, alla fine, anche Cosimo Argentina ed io bevessimo un poco per fargli compagnia sentendoci finalmente rilassati. Io ho tirato le fila del pomeriggio che si faceva sempre più canicolare, ho ringraziato i due romanzieri della bella ora trascorsa e Pinketts a sua volta ha ringraziato me per aver gestito quell’ora.
L’ho rivisto qualche altra volta, ci siamo salutati ma mi è bastato quel pomeriggio per augurarmi che ora Andrea G. Pinketts sia tra gli angeli a sorseggiare un bicchiere di rosso stringendo fra le dita un toscano.
Foto: Fiorenzo Baini (a destra) con Andrea G. Pinketts e Cosimo Argentina