Non mi è mai capitato di conoscere personalmente un mirmecologo, cioè uno scienziato che dedica la maggior parte della sua esistenza a studiare le innumerevoli specie di formiche e la loro complessa vita sociale. Credo sia facile per chiunque cadere a questo proposito in qualche banale pregiudizio: se l’entomologo è uno zoologo specializzato nello studio degli insetti, che cosa pensare di un entomologo che a sua volta si specializza in formiche? Qualcosa di maniacale ci deve ben essere in uno specialista al quadrato… Poi capita di venire a sapere qualcosa di più su Edward Osborne Wilson e tutti i pregiudizi cadono, perché si può passare la vita ficcando la testa dentro un microuniverso e trarne una galassia di dati preziosi e di ancor più preziose riflessioni. Basta avere il genio e l’inesauribile curiosità di questo avventuroso americano, scomparso lo scorso 26 dicembre 2021 all’età di 92 anni.
Io sapevo poco o nulla delle formiche, ma dopo aver letto un paio di libri di Wilson qualcosina di più ho cominciato a capire. Ora, se non altro, mi son reso conto che si può partire dalle formiche e arrivare a fondare una nuova scienza chiamata sociobiologia, un campo di ricerca fondato sulle teorie darwiniane e sull’evoluzione del comportamento sociale, che in ogni animale può avere sviluppi diversi ma sempre prodotti dall’interazione fra ereditarietà genetica e stimoli ambientali. Fin qui credo di aver capito, nonostante che il mio amore per ogni forma di vita (animale o vegetale) resti comunque imprigionato in una enorme ignoranza in fatto di conoscenze zoologiche. Quello che invece ancora non riesco a capire è l’accanimento con cui le idee di Wilson, come in passato quelle di Charles Darwin (1809-1882), sono state criticate e rifiutate da gente che si suppone ben più esperta di me.
Edward Osborne Wilson (1929-2021)
Non ricordo come, durante una mattinata trascorsa nella biblioteca rionale, mi è capitato di fare la conoscenza con il professor Wilson: c’erano un paio di volumi in tutto, forse neanche tra i suoi lavori più importanti, ma sufficienti per stimolare la mia curiosità. Mi sono subito chiesto: chi è mai questo bizzarro signore americano che sa tutto sulle formiche, ma è chiaro che non si ferma lì? Come fa un scienziato che gira il mondo, frugando tra zolle di terra e cortecce d’alberi caduti alla ricerca di minime forme di vita, a coinvolgere i suoi lettori sui massimi sistemi? Erano i primi approcci, avevo solo una vaga idea dell’ampiezza e della profondità del suo pensiero e mi facevo domande assai ingenue, se non addirittura stupide. D’altronde sentivo una misteriosa comunanza tra le mia e la sua curiosità, forse soltanto perché anch’io ero cresciuto in campagna e avevo a lungo gironzolato in mezzo alla natura; anche se, nel mio caso, il ragazzino sorpreso da tanta varietà e bellezza non si era poi trasformato in un uomo di scienza. Mi chiedo perché non ho avuto quell’ispirazione. Eppure ero affascinato dalle specie viventi molto più che dallo studio. Però alle formiche preferivo gli uccelli canori. E tra i miei idoli ancora adesso c’è Olivier Messiaen, il compositore innamorato dei loro canti.
Questo Biofilia. Il nostro legame con la natura è stato pubblicato dalla University Press di Harvard nel 1984 e solo ora (ahinoi!) è stato pubblicato in Italia. Si tratta di 9 saggi, che si possono concepire come racconti di vita, ma anche come personale filosofia di uno scienziato naturalista. Gli argomenti sono vari e toccano tutti o quasi i punti salienti delle sue riflessioni teoriche, che possono concentrarsi proprio nell’invenzione della parola “biofilia”. Con questo termine si indica infatti quel legame indissolubile dell’essere umano con la natura che lo circonda; grazie a questo legame si sono realizzate le grandi imprese dell’ingegno umano, in cui cultura umanistica e cultura scientifica si ritrovano unite. E non sorprende che Wilson, evoluzionista convinto, definisca la sua professione con un’espressione darwiniana: “il naturalista è un cacciatore civilizzato”. Quanto poi alla sua specializzazione di mirmecologo, non gli ha impedito di costruirsi una visione ben più ampia del mondo animale attraverso la sociobiologia, cioè lo studio dell’evoluzione dei comportamenti sociali (dagli insetti fino all’homo sapiens). In ogni società animale si sviluppano in modi diversi le stesse tendenze contradditorie alla solidarietà e all’aggressività. Nasce qui un altro concetto fondamentale nelle ricerche di Wilson, il superorganismo: dallo studio della perfetta organizzazione di alcune specie particolari (come le formiche tagliafoglie) giunge a riflettere sull’evoluzione dei comportamenti sociali di tutte le forme viventi, uomini compresi.
Fin da giovane ero affascinato dagli uomini di scienza che scrivevano con l’abilità dei grandi letterati (non importava che si trattasse di Galileo, di Darwin o di Freud). Essendo piuttosto scarso in certe materie, la cosa mi sembrava molto strana, finché un amico all’università mi assicurò che esistevano persino libri di matematica scritti magnificamente. Dunque anche uno zoologo può coinvolgere i lettori con la bellezza della sua prosa. E Wilson è uno di questi, tanto è vero che non si è limitato a scrivere magnificamente i suoi saggi, ma si è anche cimentato con un romanzo. Anthill (Formicaio) è un’epica vicenda nel mondo delle formiche, con eserciti che si scontrano in crudeli guerre e divinità gigantesche che assomigliano decisamente a noi umani. Ma anche nei saggi di Biofilia ci sono brani di autentica poesia e spesso si va ben al di là del mondo delle formiche. D’altronde Wilson si azzarda ad affermare che la scienza “fa uso dell’intuizione e dell’immaginazione proprio come fa l’arte”. Per averne una conferma basta immergersi nelle riflessioni (o, se preferite, nelle divagazioni) che l’autore fa ad esempio nei saggi intitolati La specie poetica o Il serpente.
L’apertura e la chiusura di questo libro sono un omaggio al villaggio del Suriname a cui Wilson deve eterna gratitudine per le sue ricerche. Siamo in un’area tropicale del Sud America, a nord del Brasile, colonizzata dagli olandesi: un angolo sconosciuto dove lo zoologo aveva trovato il suo Paradiso, cioè un mondo rimasto com’era 10.000 anni fa. Ma di recente purtroppo sono arrivati bulldozer e Coca-Cola, turismo di massa e deforestazione selvaggia. Qui si sente affiorare il solito odore di apocalissi… E chi riesce a non sentirlo in tempi come questi? In certi momenti la speranza è uno sport davvero difficile da praticare. Tuttavia un evoluzionista come Wilson lascia aperta qualche porta. Tutto può evolversi e anche l’etica degli umani potrebbe trasformarsi con il crescere delle conoscenze biologiche. Così anche la fauna e la flora del nostro pianeta potrebbero un giorno venir considerati una parte essenziale del nostro patrimonio: come l’arte, la letteratura e tutte le grandi conquiste della nostra specie. Per 92 anni Edward Osborne Wilson ha vissuto in questo mondo, coltivando per tutti noi questa folle speranza.
Edward O. Wilson, Biofilia. Il nostro legame con la natura, Piano B Edizioni, 216 pagine, € 16