Un cast stellare. Una storia, italiana e internazionale, fatta di amori e tradimenti, di soldi e avidità, di lusso e arrivismo. Un caso di cronaca rosa trasformatasi in cronaca nera, che ancora oggi si porta appresso i suoi strascichi. Una delle case di moda ed una delle famiglie italiane più famose e ricche del 900. I protagonisti sono giovani, belli, facoltosi, o ambiscono a esserlo.
Ecco serviti tutti gli ingredienti per un film che possa fare incetta di Oscar. Diretto da Ridley Scott, House of Gucci racconta gli anni che vanno dal 1978 al 1995, cioè dal 1° incontro fra Maurizio e Patrizia fino all’assassinio di lui, a Milano, nella portineria dello stabile dove erano ubicati gli uffici di una sua società. Sono anche gli anni della cosiddetta Milano da bere, tra feste e lusso ostentato.
Lady Gaga e Adam Driver
Maurizio Gucci (Adam Driver) è ancora un giovane studente in Giurisprudenza, timido e impacciato, quando incontra a una festa la determinata Patrizia Reggiani (Lady Gaga). Dopo un breve corteggiamento il ragazzo si innamora della giovane, perde la testa e taglia i ponti con il padre, Rodolfo Gucci (Jeremy Irons), che a sua volta accusa Patrizia di essere una cacciatrice di dote. Come tutti i primi amori anche il loro è felice, travolgente, bramoso, senza troppi pensieri.
La coppia convola a nozze, la Reggiani entra a far parte della famiglia Gucci e iniziano i problemi. Maurizio non ha mai voluto appartenere all’azienda di famiglia: vuole fare l’avvocato e non sembra apprezzare particolarmente il jet set. Ma Patrizia non ha sposato un Gucci per caso. Piano piano, col sorriso sulle labbra e la manipolazione nel cuore spinge il marito verso il ruolo di leader (in azienda prima e in famiglia poi) che secondo lei gli spetta di diritto.
Lady Gaga e Al Pacino fotografati sul set milanese
Viene descritta come una donna innamorata e ambiziosa, poi ferita e abbandonata. Maurizio, invece, sarebbe un debole che si fa manipolare dalla moglie senza reagire. Solo quando trova un’altra donna e il coraggio di lasciare moglie e figlia (nel film sembra che i 2 abbiano avuto solo una figlia, Alessandra, mentre Allegra non viene mai nominata) il bel Gucci inizia a vivere la vita che immaginava per sé.
A ben guardare, poi, la sua esistenza non è tanto diversa da quella sempre pretesa dalla moglie: solo che lui, ora, ha accanto la colta, ricca e raffinata Paola Franchi (Camille Cottin). Patrizia, a questo punto, impazzisce dalla gelosia e sollecitata dalla sedicente “maga” Giuseppina Auriemma (Salma Hayek) architetta l’omicidio dell’ex consorte con l’ausilio di criminali di bassa lega assoldati dalla cartomante. Finiranno tutti in carcere, condannati a vario titolo.
Jared Leto
Sono forse troppi, e nessuno approfondito, i filoni narrativi del film: il rapporto con il denaro, l’ambizione sfrenata, il desiderio di rivalsa, il bisogno di essere accettati, la manipolazione, la moda di maghe e fattucchiere che per anni hanno truffato facili prede, la brama di vendetta che non si placa fino alla morte. Ci sarebbero stati 1.000 possibili punti di vista da cui raccontare questa vicenda, intrigante e un po’ morbosa: eppure House of Gucci sembra solo una lunghissima puntata di Un posto al sole (senza offesa per la soap opera).
I Gucci ne escono malissimo, da famiglia di idioti truffatori. In particolare Aldo e Paolo Gucci (Al Pacino e Jared Leto) sono macchiette esilaranti. L’unico grado di combinare qualcosa di buono sembra essere Maurizio, che però si fa manipolare da Patrizia finendo col dimostrare la propria vigliaccheria (non ha mai il coraggio di fermare la moglie, neppure davanti ai piani più nefasti organizzati per fargli raggiungere la “vetta“). Ed è colui che ha sperperato gran parte del denaro della maison in gioielli, orologi, auto e appartamenti, scaricando ogni spesa sull’azienda e perciò costretto a vendere tutto (a oggi nessun Gucci siede nel board o lavora in azienda) poco prima di morire.
Facendo ricorso a una recitazione troppo calcata e tendente alla caricatura (lo dico nella speranza che non sia stato fatto apposta per rappresentare un’italiana), Lady Gaga è appena sufficiente nei panni della Reggiani; Adam Driver è bravo ma ben poco può accanto a lei; Al Pacino e Jared Leto sono fantastici. Regista e sceneggiatori, invece, sono incommentabili: la storia è piena di lacune, stereotipi e vistosi errori; la scelta delle location è quantomeno discutibile (Villa Necchi Campiglio è bellissima, ma non è l’unica dimora di pregio a Milano); il dipinto di Gustav Klimt in casa di Rodolfo Gucci è un’offesa all’intelligenza degli spettatori (quel quadro è stato oggetto di una battaglia legale arrivata perfino sul grande schermo con Helen Mirren); la scena in cui Maurizio si reca in bicicletta al lavoro è ridicola per qualsiasi milanese, oltre a ricordare assai la scena iniziale di un film di Checco Zalone (ma il povero Ridley Scott non poteva certo saperlo). Unico plauso ai costumisti, che hanno svolto un lavoro eccellente sia nel ricreare le ambientazioni, sia nella scelta degli abbigliamenti.
In conclusione, House of Gucci è una ben congegnata operazione di marketing, senza ambizioni se non quella di incassare più denaro possibile grazie al titolo e al cast. L’impresa di rendere banale una storia che di banale ha ben poco (e che ancora oggi nasconde particolari interessanti), è riuscita. E Ridley Scott, d’ora in poi, dovrebbe concentrarsi sul genere cinematografico che più gli si confà.