Domenico Marocchino of Juventus during European Cup Final match between Hamburger SV and Juventus, at Olympic Stadium, Athens, Greece on 25 May 1983 ( Photo by Gerard Bedeau / Onze / Icon Sport )

Non aveva il fisico della classica ala degli anni 70/80 il vercellese Domenico Marocchino, classe 1957. Né aveva il baricentro basso e le spalle larghe ma anzi 2 gambe come pali, 1 tronco lungo, braccia lunghissime. Il suo viso era né bello, né brutto: 2 occhi chiari che su molti stampano un’impressione d’inespressività, mentre a lui davano un’aria sorniona. Per quanto atletico, non dava l’idea di un giocatore di calcio, o almeno non in quel ruolo di ala.

In un certo senso Marocchino è stato l’antenato dei Cassano e dei Balotelli, cioè del potenziale campione che spreca il proprio talento, ma con una differenza sostanziale: era simpatico, Cassano e Balotelli per niente e rispetto a quest’ultimo, a dimostrazione di quale effetto abbia il trascorrere del tempo, Domenico sapeva godersi la vita in senso pratico al 100% mentre Balotelli, per quante trasgressioni abbia fatto, la vita se l’è goduta anzitutto attraverso i social.

Marocchino era la dannazione degli allenatori integralisti degli anni 80, poiché per lui il mondo non era solo una sfera di cuoio e quindi il suo rendimento era incostante. Ma se fosse stato la star indiscussa di una squadra dove tutti si mettevano al suo servizio e non il contrario, il suo mito si sarebbe rivelato intoccabile perché su un fisico diverso da quello delle alette/motorini della fascia, lui innestava nei piedi una capacità tecnica di prim’ordine. Non era veloce come i colleghi delle altre squadre nel suo ruolo ma (nonostante le lunghe leve) il suo dribbling era spesso mortifero e togliergli la palla, dato il fisico, era dura.

Cresciuto nelle giovanili della Juventus, inizia a farsi notare in Serie B nella Cremonese per poi giocare in A con l’Atalanta, che non è in teoria una brutta squadra: con lui giocano Roberto Tavola, Carlo Osti, Cesare Prandelli e Giorgio Mastropasqua che per l’epoca è un buon centrocampista, eppure la formazione bergamasca segna pochissimo. Salvatore Garritano, che si svela con 1 gol clamoroso (1 tiro al volo di sinistro al Milan, nel Campionato 1975/76 quando è un rincalzo del Torino), sembra aver ritrovato la vena realizzativa ma si “rompe” nel girone d’andata e le altre punte non sono certo del suo livello.

Inevitabilmente l’Atalanta retrocede e Domenico Marocchino ritorna alla Juve per dare il meglio di sé: ci gioca per 4 stagioni (dal 1979 al 1983) segnando 9 gol su quasi 10 partite, vince 2 Campionati (1980/81 e 1981/82), nella stagione 1982/83 si aggiudica la Coppa Italia e il 5 dicembre 1981, a Napoli, per le Qualificazioni ai Mondiali 1982 viene convocato per quella che sarà la sua unica presenza in Nazionale: ItaliaLussemburgo 1 a 0. La sua media realizzativa è del 10%: non male per un giocatore che è un’ala e non un vero e proprio attaccante. Ma il calcio è lo strumento che gli occorre per vivere nel miglior modo possibile la vita.

La Juventus del Campionato Italiano 1981/1982: Marocchino è il 1° in piedi da sinistra

In fondo, a guardar bene, Cristiano Ronaldo e Domenico Marocchino hanno fisicamente misure quasi identiche. E quando tutto è iniziato, non credo che le distanze tecnico atletiche fossero così siderali, dal momento che il talento ronaldiano è sì naturale, ma anche parecchio costruito: essendo diventato un fenomeno grazie a un’applicazione feroce e maniacale, a maggior ragione penso che 1 come Marocchino avrebbe potuto comunque essere considerato fra le migliori ali europee (o come dicono adesso, esterno d’attacco) degli anni 80 se ci avesse messo, coltivando il proprio talento, quello che ci ha messo Ronaldo.

Domenico Marocchino e Cristiano Ronaldo

Ma chi glielo faceva fare, quando era così bello trascorrere le nottate in discoteca? E quando durante una trasferta in Polonia le ragazzine di Lodz l’avevano accolto all’aeroporto con tanto di striscioni? Giampiero Boniperti e Giovanni Trapattoni (rispettivamente presidente e allenatore della Juventus) pretendevano che lui si concentrasse solo sul pallone (cosa impossibile), perciò è ovvio che la sua carriera calcistica sia stata di gran lunga inferiore alle premesse.

Soffre di rimpianti Marocchino? Non lo so, ma non penso. Quando lo si vede in qualche tv privata, non gli manca mai quella sua disincantata ironia, soprattutto ora che basta vedere un lancio fatto in grazia di Dio che il telecronista di turno si mette a starnazzare quasi avesse assistito a un miracolo. A proposito: nulla esprime meglio l’indole di Marocchino di quella famosa battuta pronunciata su Telelombardia. Stava giocando la Juventus e Zinedine Zidane, dico Zidane, era arrivato a fondocampo, aveva crossato bene al centro e i presenti in studio si erano lanciati in lodi sperticate per la sua azione. Marocchino li ha lasciati parlare e poi, sornione, ha calato la sua sentenza: «Pierino Fanna di questi cross ne faceva 6 a partita!».