Per ogni chef che realizza il suo top menù, cucinare è un’esperienza sensoriale. Tutti e 5 i sensi – vista, udito, gusto, tatto e olfatto – vengono coinvolti nella percezione del cibo. Perciò, mangiare è la consuetudine più gratificante: alla ricerca del benessere e del compiacimento personale.

Nato a Milano nel 1971, Cesare Battisti inizia a lavorare nei catering più prestigiosi del capoluogo lombardo per poi viaggiare a bordo di navi da crociera, esperienza che gli consente di conoscere culture e cibi lontani. Rientrato a Milano, si dedica alla cucina di tradizione gestendo il Ristorante Solferino e collaborando con la Trattoria della Pesa. Nel 2009 fonda il Ratanà, fra le prime osterie contemporanee, di cui è chef e oste. Dal 2010 è membro dell’Alleanza dei Cuochi Slow Food, 5 anni dopo viene nominato Chef Ambassador di Expo 2015 e inserito, secondo il libro Cento x 10 edito da Mondadori, fra i 100 cuochi che hanno cambiato la cucina italiana negli ultimi 10 anni. Dal 2016 ricopre la carica di Segretario Generale dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, impegnandosi a promuovere e valorizzare la cucina di qualità e l’eccellenza del Made in Italy nel mondo. Impegnato nel sociale, Battisti collabora con Onlus e Associazioni a supporto dei valori della sostenibilità e della corretta alimentazione.

Cosa stimola la vista nella tua cucina?
«Al primo sguardo capisco la qualità della materia e come andrà cucinata in base alla sua consistenza e alle sue caratteristiche. Posso avere un’idea iniziale del piatto che vorrei realizzare, ma il punto di partenza sono gli ingredienti che lo compongono. Ed è dal momento in cui osservo e poi maneggio la materia che inizia il vero processo di creazione. Per un cuoco come me, che cambia il menù molto di frequente, è quindi uno stimolo continuo».

Cosa sollecita l’udito nella tua brigata?
«Se il dialogo in cucina è molto importante, fondamentale è quello tra il pass e la brigata. Bisogna essere attenti, recepire bene per trasferire al meglio nel piatto la richiesta del cliente. Tutti devono essere concentrati al meglio: come in un concerto, in cui è la brigata a eseguire la sinfonia».

Come provochi il gusto nell’ideare un menù?
«I piatti che realizziamo al Ratanà sono composti da pochi, riconoscibili ingredienti. L’idea di partenza è valorizzare la materia, renderle giustizia. I diversi sapori si devono armonizzare: non mi piacciono gli estremi e cerco sempre di portare nel piatto un giusto equilibrio, dove un sapore non prevarica mai l’insieme. Il gusto, poi, soprattutto quando si cucinano i piatti della tradizione, ha quel potere fortissimo di scatenare il ricordo. Un piccolo assaggio di un piatto della memoria ti riporta vicino alle persone, all’infanzia. In un attimo ti fa provare le forti emozioni che sono associate».

Cosa percepisce il tatto nell’esecuzione di un piatto?
«Cucinare è un atto d’amore. Amo plasmare la materia con le mani, come facevano le nostre nonne. Penso che molto si sviluppi dalla relazione che si ha nel manipolare la materia: quel contatto inevitabile che ti porta a creare, come un artigiano».

Come scateni l’olfatto al mercato?
«I profumi solleticano l’immaginazione. Nei mercati mi sento a mio agio e mi piace frequentarli, sia in Italia sia all’estero. Tutti i miei 6 sensi (c’è anche l’intuito!) vengono stimolati al massino; e soprattutto quando la vista è affollata di immagini, i profumi si rivelano importanti. Oltre a quelli più ovvi, come i formaggi, ci si deve soffermare anche su quelli della frutta e della verdura».

Qual è il tuo piatto che esalta di più i 5 sensi?
«I miei risotti sono rievocazioni non solo della Lombardia ma anche di altri territori; con colori, sapori e profumi assai diversi tra loro. Al Ratanà potete trovare sempre i mondeghili, ossia le polpettine milanesi fritte che si mangiano con le mani. In questo periodo, fra gli antipasti del mio menù c’è il crostone di pane di Fobello con rillette d’oca e la Tostada di trota marinata, zucca in saor, radicchio, rabarbaro e maionese al peperoncino. Una delle cose che mi dà maggior soddisfazione è vedere un cliente fare la cosiddetta “scarpetta”: perchè entrano in gioco tutti i sensi, un rapporto più intimo con l’ambiente e il cliente di sente libero di gustare tutto quello che c’è nel piatto, fino alla fine».

Una ricetta semplice e veloce da preparare con i consigli dello chef Battisti?

Risotto con cime di rapa, salsiccia di Bra e crumble al peperoncino

Ingredienti 4 persone: 240 gr. di Riso Carnaroli autentico, 1 lt. d’acqua, n. 1/2 cipolle rosse dolci, 150 gr. di cime di rapa, 300 gr. di foglie e gambi di cime di rapa, 40 gr. d’olio extravergine di oliva, 70 gr. di formaggio lodigiano tipico, 160 gr. di salsiccia di Bra, briciole di pane q.b., peperoncino q.b., pepe q.b.

Procedimento

Mondate le cime di rapa tenendo da parte i ciuffetti e fate un brodo vegetale con gambi e foglie, aggiungendo sale e qualche granello di pepe. Fate sobbollire per 50 minuti sino a quando il liquido assumerà un bel colore verde. Fate sudare e appassire in 20 gr. d’olio la cipolla tagliata in 4, levatela, aggiungete il riso e fatelo tostare fino a che sarà traslucido. Scottate nel brodo le cime tenendole al dente e frullatele con poco olio sino a ottenere una purea. Regolate di sale e pepe. Nel frattempo, iniziate la cottura del riso aggiungendo del brodo vegetale, un mestolo alla volta man mano che verrà assorbito; e all’ultima mestolata, al 12° minuto circa, sostituite il brodo con la purea di cime di rapa e mantecate con olio e formaggio lontano dalla fiamma. Su una padella, rendete croccante il pane e il peperoncino fino a ottenere un crumble. Lasciate riposare per 3 minuti. Impiattate il riso e concludete aggiungendo le cime scottate, i pezzetti di salsiccia di Bra cruda (a temperatura ambiente) e il crumble di pane al peperoncino.

Foto: Raviolo di zucca con salva cremasco, zucca in agro e in purea senapata
Zuppa di pesce d’acqua dolce