Il miglior modo per ricordare il “metronomo” dei Rolling Stones, è rileggere questo articolo del nostro drummer Luca Lupon Marroncelli. Che la terra ti sia lieve, Charlie.

Se volessimo imparare a suonare la batteria non potremmo certamente scegliere come maestro Charlie Watts, ammesso che Sua Celebrità si presti all’intento. Perchè Watts sembra l’anti-batterista. Incarna cioè tutto quello che (scolasticamente parlando) non si deve fare quando si suona: per esempio colpire spesso i tamburi non al centro delle pelli; irrigidirsi sul tempo blues; eseguire passaggi non ancorati al contesto (anche se questo è per lo stone un pregio, perchè non invade mai la composizione musicale). Dare l’impressione, insomma, di essere un po’ legato e “scattoso” nei movimenti. In molti si sono domandati come possa un batterista così militare da 50 anni nella più blasonata rock band, oserei dire dell’universo. Provo a spiegarvelo.

Chiarisco subito che non è questione di epoche diverse. L’epoca c’entra eccome, ma non è determinante: chi si sognerebbe mai di dire che John Bonham ha uno stile sorpassato? Tutt’altro. Seppure di parte, Keith Richards lo ha sempre difeso: «Agli esordi Charlie era il più bravo di noi. Sapeva suonare gli standard». E ancora: «Lui non suona il charleston mentre dà il colpo di rullante, perchè così ritarda la battuta a beneficio del sound». E se lo dice il chitarrista dei Rolling Stones

Veniamo al set, manco a dirlo minimale, immutato nei decenni nel colore, nella marca e nella finitura. Stessa cosa dicasi per i piatti, che Watts sceglie personalmente recandosi a Pistoia dalla UFIP/Unione Fabbricanti Italiani Piatti che è ben lieta di regalarglieli. Ma nonostante tutte queste “anticonvenzionalità“, il suono della batteria degli Stones nei dischi e dal vivo è sempre stato ricco, pieno e l’emissione costante e pulita. Di certo, con una base di batteria così lineare era facile per Bill Wyman comporre giri di basso al contrario pieni di pause e discontinui, tipici del suo stile.

Insomma, nelle Pietre Rotolanti Charlie Watts ha fatto il proprio dovere in modo originale. Ed è parte del successo mantenuto negli anni: fra i pochi a non aver mai sbagliato un album. Perché in una band il segreto è una questione di alchimìa e intelligenza nel saper sfruttare i colpi di genio oltre che i virtuosismi. Personalizzare il sound rendendo artistico un lavoro che altrimenti rimarrebbe bloccato a un livello standard. Pace e gloria quindi, and forever, al batterista più schivo, silenzioso, enigmatico del Rock. Con la maiuscola.