Lee Miller, fotoreporter e modella dall’occhiata felina. Dora Maar, poetessa e pittrice darkeggiante. Berenice Abbott, fotografa dal piglio mascolino. Meret Oppenheim, artista e modella in chiave onirica.“Solo da Man Ray potevamo attenderci la Ballata delle donne del tempo presente”, annotò il romanziere francese André Gide a proposito del creativo “debole per le donne” coltivato pervicacemente, scatto dopo scatto, da Emmanuel Radnitzky (1890-1976) il dadaista/surrealista Uomo Raggio.
Ma il celeberrimo Violon d’Ingres, anzitutto? Ci narra di Alice Prin, in arte Kiki de Montparnasse la femme fatale parigina, che il genio di Philadelphia cattura assisa, di spalle, con il bel volto di profilo e il turbante da odalisca. Dopo lo scatto e la successiva stampa, Man Ray si mette a disegnare sulla sua schiena nuda, a inchiostro, le 2 “effe” che compaiono sulla cassa dei violini. Eccolo, dunque, il violon: sensuale, visualizzato seguendo il profilo dei fianchi e dei glutei di Kiki. Somigliante, ça va sans dire, all’ottocentesca, pittorica Bagnante di Valpinçon ritratta da Jean-Auguste-Dominique Ingres.
Sono circa 200 le seduttive immagini di wo/MAN RAY, titolo che ben si intona alla mostra torinese il cui soggetto, la donna declinata dall’obiettivo fotografico, resta la principale fonte ispirativa dell’americano: stupito, incantato, talvolta letteralmente rapito da quei corpi e quei volti da reinventare sovvertendo le regole del nudo e del ritratto (un esempio su tutti, datato 1938: il portfolio surrealista Les mannequins. Résurrection des mannequins). Ma è con le rayografie, in particolare, che Man Ray compie il miracolo metamorfizzando in astrazione, realismo, seduzione, classicità il corpo femminile.
Scrive nell’autobiografico Self Portrait: “Un foglio di carta sensibile intatto, finito inavvertitamente tra quelli già esposti con sopra il negativo […] era stato sottoposto al bagno di sviluppo. Mentre aspettavo che comparisse un’immagine, rimpiangendo lo spreco di materiale, con un gesto meccanico poggiai un piccolo imbuto di vetro, il bicchiere graduato e il termometro nella bacinella sopra la carta bagnata. Accesi la luce: sotto i miei occhi cominciò a formarsi un’immagine. Non una semplice silhouette degli oggetti, ma un’immagine deformata e rifratta dal vetro, a seconda che gli oggetti fossero più o meno in contatto con la carta, mentre la parte direttamente esposta alla luce spiccava come in rilievo sul fondo nero. […] Avevano un aspetto straordinariamente nuovo e misterioso”.
Misterioso e per molti versi avanguardistico è dunque il gentil sesso (ma non solo quello, se pensiamo alla teatrale gayezza di Rrose Sélavy, l’alter ego femminile di Marcel Duchamp) immortalato da Man Ray a partire dagli anni 20 (Electricité è la serie fotografica più affascinante) fino alla morte. Oltre alla Miller, alla Abbott, alla Maar e alla Oppenheim che sono state sue assistenti, complici e muse imponendosi poi come ragguardevoli fotografe rispettivamente di nudi, ritratti, paesaggi e situazioni surrealiste che troviamo in mostra, la wo/MAN RAY in senso assoluto è Juliet Browner: l’adorata Juliet, la compagna di tutta una vita gratificata dal portfolio The Fifty Faces of Juliet che la vede moltiplicarsi (affettuosamente, provocatoriamente) in 50 donne differenti. Fra le tante, non può che spiccare un sorridente, primissimo piano di una modernità che sconvolge: Juliet con quei capelli che somigliano a una scossa elettrica, cornice di quello sguardo un po’ insolente.
wo/MAN RAY
Le seduzioni della fotografia
Fino al 19 gennaio 2020, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino
tel. 0110881150
Catalogo Silvana Editoriale, € 30
Foto: Electricité, 1931, courtesy Collezione Fondazione MAST
The Fifty Faces of Juliet, 1941-1943, collezione privata, courtesy Fondazione Marconi, Milano
Resurrection des mannequins (Mannequin di André Masson. Mannequin with bird cage over her head), 1938-1966, collezione privata, Parma
La mode au Congo, 1937-1981, Collezione CSAC, Università di Parma Courtesy CSAC, Università di Parma, Sezione Fotografia
Le Violon d’Ingres, 1924-1976, courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia
Models, 1920-1940 (2013),
collezione privata, courtesy Fondazione Marconi, Milano
Les larmes/Le lacrime, 1930-1932 (1976), collezione privata, Torino, photo by Renato Ghiazza
© Man Ray Trust by SIAE 2019