When in Rome…”. Anche se per breve tempo come questa volta, non manco mai una visita al Chiostro del Bramante, meraviglia architettonica del Rinascimento seminascosta dietro il bailamme di Piazza Navona. Il Chiostro cela anche il meraviglioso affresco di Raffaello intitolato Le Sibille, che è in effetti dipinto nella galleria dell’adiacente Chiesa di Santa Maria della Pace ma è visibile da un angolo nascosto della Caffetteria del Chiostro (che non si sappia in giro, mi raccomando…).

Il luogo ospita da alcuni anni mostre d’arte di varia natura, ma sempre di gran qualità e ben presentate da accorti curatori: è stato il caso di Bacon, Freud, la Scuola di Londra. Negli anni mi sono imbattuto varie volte nella straniante arte pittorica di Francis Bacon (1909-1992), la cui vita è una sfida vincente ai più fantasiosi scenaristi cinematografici. Un’arte, la sua, che mi ha ogni volta lasciato un retrogusto amaro: come di un qualcosa di incompiuto o mal definito. E ammetto anche di averlo guardato con occhio un poco distratto e passeggero. Dunque, l’occasione romana in un ambito espositivo più circoscritto e intimo mi è sembrata una buona verifica; e poi mi interessava vedere alcune opere pittoriche dei “rifugiati “ della Scuola di Londra, in particolare del tedesco Frank Auerbach (1931).

Come spesso faccio alle mostre, inizio con un rapido giro di sguardi poi ritorno sui miei passi e mi soffermo a casaccio fino a quando qualcosa morde la mia attenzione. E se posso, mi siedo e osservo. Stavolta è andata diversamente: il “giro di ricognizione” mi ha bloccato quasi subito e la piccola sala “soffocata” da una dozzina di grandi tele di Bacon, spiazzandomi, ha catturato la mia attenzione. Saggiamente hanno collocato nel mezzo una comoda panca, così mi sono seduto lasciando girovagare lo sguardo e la mente in quello strano universo di figure disumanizzate, astratte, che si liquefano al contatto visivo. Quasi sornione, scivolano fuori dai quadri come abbrancate agli angoli delle cornici; e la mia mente è andata al ricordo degli “orologi molli” di Salvador Dalí.

Attento e attratto, ho cercato di uscire dal luogo comune dell’artista tormentato e forse squilibrato, preda dei suoi fantasmi. Opportunamente, in un angolo, viene annotata una sua frase: “Con l’urlo sono a mio agio, è con il sorriso che ho seri problemi”. Ed ecco molti scatti fotografici del periodo parigino e della solida amicizia con Lucian Freud (1922-2011), altro artista fuggito dalla Germania nazista e rifugiatosi a Londra e poi a Parigi. Francis Bacon viene ritratto gioviale e sorridente al ristorante con gli amici: da buon irlandese, era in effetti un bon vivant dalla conversazione brillante, con un grande amore per gli spirits… Ma allora questa pittura tormentata, gore, quasi horror?

La mia personale visita mentale è proseguita incontrando proprio di fronte a me Dog, quadro del 1952 ispirato da una serie di fotografie con la tecnica Time Lapse di Edward Muybridge. Il cane, raffigurato a onde e cerchi sovrapposti in contrasto con lo sfondo banale di Montecarlo dove Bacon visse alla fine degli anni 40, è singolare in quanto entra in una dinamica inusuale: l’animale, più intuito che dipinto, sembra dibattersi fra invisibili legami e corse sfrenate restando sempre fermo, immobilizzato sullo stesso posto come una lampante dimostrazione di impotenza. Chissà se il pittore ha riconosciuto in quest’opera un paradigma della propria esistenza fatta di movimenti e scambi convulsi, ma restando in fondo sempre fedeli ai fondamentali…

Poi ho scoperto Study for Portrait II del 1955, il dipinto con protagonista la maschera mortuaria/vivente di William Blake che lo stesso poeta inglese aveva commissionato a un artista plastico, quando aveva 65 anni, per vedere come sarebbe apparso da morto. Bacon, al contrario, con un’esecuzione tutta a colpi di pennello decisi e su vari livelli ci mostra un Blake che trascende la morte come un beffardo, stupefacente ectoplasma.

La smetto qui, per non correre il rischio di diventare un pallido emulo dello zio di Lucian Freud del quale avrei voluto parlare come degli altri artisti di questa esposizione. Ma il mostro Bacon è riuscito a catturare tutta la mia attenzione. Ne parlerò, forse, in un’altra occasione.

Foto: Lucian Freud, Reflection (Self-Portrait), 1985, courtesy of Wikimedia Commons
Francis Bacon, One of Two Studies for a Self-Portrait (1970), courtesy of Sotheby’s
Henri Cartier-Bresson, Francis Bacon in his Studio, 1971
David Dawson, Working at Night (Lucian Freud in his Studio), 2005, private collection, Bridgeman Images
Lucian Freud, Portrait of Francis Bacon, 1952
Francis Bacon, Portrait of Lucian Freud, 1951
Francis Bacon, Dog, 1952, © Estate of Francis Bacon, DACS 2020
Francis Bacon, Study for Portrait II (after the Life Mask of William Blake), 1955, © Estate of Francis Bacon